Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23864 del 23/11/2016


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Cassazione civile sez. lav., 23/11/2016, (ud. 29/09/2016, dep. 23/11/2016), n.23864

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20818-2011 proposto da:

ESSELUNGA S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. CONFALONIERI

2, presso lo studio dell’avvocato GIANFRANCO PARISI, rappresentata e

difesa dall’avvocato MANFREDO VITALIANO LAVIZZARI, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

e contro

S.V., C.F. (OMISSIS);

– intimata –

Nonchè da:

S.V. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

(OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato GIGLIOLA MAZZA RICCI, che

la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ALBERTO GUARISO e

EUGENIO POLIZZI, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

ESSELUNGA S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. CONFALONIERI

2, presso lo studio dell’avvocato GIANFRANCO PARISI, rappresentata e

difesa dall’avvocato MANFREDO VITALIANO LAVIZZARI, giusta delega a

margine del ricorso;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 172/2011 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 03/03/2011, R.G. N. 1616/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/09/2016 dal Consigliere Dott. MATILDE LORITO;

udito l’Avvocato GIANFRANCO PARISI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO RITA, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbimento del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Milano con sentenza n.3779/08, accoglieva la domanda proposta da S.V. nei confronti della Esselunga s.p.a. intesa a conseguire la declaratoria di illegittimità del contratto a termine stipulato dal 11/11/05 al 8/1/06 per “l’intensificazione della attività lavorativa concomitante con la campagna promozionale avente per oggetto Concorso 10 anni Fidaty ed il successivo periodo natalizio”, ritenendo assorbita ogni questione inerente alla invalidità del successivo contratto di inserimento stipulato in data 27/2/06.

Detta pronuncia, con sentenza resa pubblica il 3/3/2011, veniva confermata dalla Corte distrettuale sull’essenziale rilievo che, pur essendo stata allegata l’effettiva intensificazione delle vendite quale ragione sottesa alla apposizione del termine al primo contratto stipulato interpartes da parte datoriale, quest’ultima non aveva dimostrato l’effettivo verificarsi di tale circostanza, nè aveva allegato ulteriori dati fattuali idonei a verificare, in concreto, la sussistenza della causale sottesa al contratto inter partes.

Per la cassazione di tale pronuncia ricorre la Esselunga s.p.a. sulla base di tre motivi illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c..

Resiste la S. con controricorso, proponendo ricorso incidentale condizionato, avverso il quale la società ha notificato controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo de ricorso principale denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 nonchè contraddittoria motivazione su di un’ punto decisivo per la controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si critica la sentenza impugnata per la incoerenza argomentativa che la connota, laddove da un canto ritiene che l’assunzione a termine sia stata correttamente motivata dalla previsione di un aumento delle vendite, presumibile secondo le nozioni di comune esperienza; dall’altro, nega che si possa considerare dimostrata la necessità di assumere, per fronteggiare il maggior lavoro, personale a tempo determinato.

Sotto altro versante, si deduce l’erroneità della sentenza laddove postula la necessità che la assunzione a termine venga effettivamente verificata con giudizio ex post e non in termine di prevedibilità con valutazione ex ante, e ciò tralasciando di considerare che la società aveva tempestivamente dedotto prova per testi al riguardo.

2. Con il secondo motivo è dedotta contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

La ricorrente evidenzia – ancora una volta – l’incongruenza della decisione impugnata, per aver ritenuto la causa sufficientemente istruita e nel contempo accertato la mancanza di prova della circostanza decisiva attinente all’effettivo incremento di vendite, pur essendo stati articolati specifici mezzi istruttori in primo grado, ritualmente riprodotti in sede di gravame.

3. I motivi, che possono trattarsi congiuntamente, per presupporre la soluzione di questioni giuridiche connesse, sono privi di fondamento.

Occorre premettere che, come è stato più volte affermato e va qui ribadito, (v. Cass. 1-2-2010 n. 2279, Cass. 25-5-2012 n.8286, Cass. 13-1-15 n.343) “in tema di apposizione del termine al contratto di lavoro, il legislatore, richiedendo l’indicazione da parte del datore di lavoro delle “specificate ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”, ha inteso stabilire, in consonanza con la direttiva 1999/70/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia (cfr., in particolare sent. 23 aprile 2009 nei procc. riuniti da C – 378/07 a C 380/07, Kiziaki e altri nonchè sent. 22 novembre 2005, C – 144/04, Mangold), un onere di specificazione delle ragioni oggettive del termine finale, vale a dire di indicazione sufficientemente dettagliata della causale nelle sue componenti identificative essenziali, sia quanto al contenuto, che con riguardo alla sua portata spazio-temporale e più in generale circostanziale, perseguendo in tal modo la finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonchè l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto; tale specificazione può risultare anche indirettamente nel contratto di lavoro e da esso “per relationem” ad altri testi scritti accessibili alle parti”.

4. In particolare, poi, come è stato precisato da Cass. 27-4-2010 n. 10033, l’apposizione di un termine al contratto di lavoro, consentita dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 “a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, impone al datore di lavoro l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonchè l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, sì da rendere evidente la specifica connessione fra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare, e la utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa. Spetta al giudice di merito accertare, con valutazione che, se correttamente motivata ed esente da vizi giuridici, resta esente dal sindacato di legittimità, la sussistenza di tali presupposti, valutando ogni elemento ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar riscontro alle ragioni specificatamente indicate con atto scritto ai fini dell’assunzione a termine”.

5. Nello specifico, la Corte territoriale dopo aver reputato sufficiente la allegazione attinente all’incremento di produttività nel periodo considerato, ha ritenuto non allegati da parte datoriale, gli elementi in relazione ai quali “aveva valutato il possibile incremento nell’ordine di grandezza sopra indicato (11%) nè su quali esercizi fosse destinato a ripercuotersi”, rimarcando altresì la carenza di un nesso causale fra l’esigenza temporanea di assunzione e la stipula del contratto con la lavoratrice.

In sintesi, il giudice dell’impugnazione, ha rimarcato, con statuizione esente da vizi logici, la carenza di allegazione degli elementi necessari a dar riscontro alle ragioni specificatamente indicate in contratto, al fine di consentire lo scrutinio circa la “congruità del personale assunto a termine in quell’occasione rispetto al previsto incremento delle vendite”.

Si tratta di apprezzamento che, in quanto sorretto da motivazione adeguata, e corretta sul piano giuridico, perchè conforme ai principi innanzi enunciati, si sottrae alle censure all’esame.

6. Con il terzo motivo la società ricorrente, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 1419 e 1424 c.c., censura la decisione per avere ritenuto, quale conseguenza sanzionatoria della nullità del termine, la conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, non facendo applicazione del principio generale in tema di nullità parziale di cui all’art. 1419 c.c., secondo il quale la nullità della clausola contenente il termine importa la nullità dell’intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità. Deduce infatti di avere compiutamente dimostrato che senza la apposizione del termine non avrebbe concluso il contratto in controversia.

7. Il motivo va disatteso.

La statuizione della Corte territoriale, si pone in linea con il consolidato orientamento espresso da questa Corte alla cui stregua “la disposizione dell’art. 1419 c.c., comma 2, a norma della quale la nullità di singole clausole contrattuali non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative, impedisce che al risultato dell’invalidità dell’intero contratto possa pervenirsi in considerazione della sussistenza di un vizio del contratto, avente ad oggetto la clausola nulla in rapporto alla norma imperativa destinata a sostituirla, poichè l’essenzialità di tale clausola rimane esclusa dalla stessa prevista sua sostituzione con una regola posta a tutela di interessi collettivi di preminente interesse pubblico (vedi ex plurimis, Cass. 29-9-05 n. 19156).

Si tratta di principi che sono stati ribaditi, con riferimento alla disciplina specifica dei contratti a termine, da successivi approdi della giurisprudenza di legittimità secondo cui ” D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, anche anteriormente alla modifica introdotta dalla L. n. 247 del 2007, art. 39, ha confermato il principio generale secondo cui il rapporto di lavoro subordinato è normalmente a tempo indeterminato, costituendo l’apposizione del termine un’ipotesi derogatoria pur nel sistema, del tutto nuovo, della previsione di una clausola generale legittimante l’apposizione del termine “per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”.

Pertanto, in caso di insussistenza delle ragioni giustificative del termine, e pur in assenza di una norma che sanzioni espressamente la mancanza delle dette ragioni, in base ai principi generali in materia di nullità parziale del contratto e di eterointegrazione della disciplina contrattuale, nonchè alla stregua dell’interpretazione dello stesso art. 1 citato nel quadro delineato dalla direttiva comunitaria 1999/70/CE. (recepita con il richiamato decreto), e nel sistema generale dei profili sanzionatori nel rapporto di lavoro subordinato, tracciato dalla Corte cost. n. 210 del 1992 e n. 283 del 2005, all’illegittimità del termine ed alla nullità della clausola di apposizione dello stesse, consegue l’invalidità parziale relativa alla sola clausola e l’instaurarsi di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato” (in questi sensi, vedi Cass. 21-5-2008 n.12985, cui adde Cass. 27. 3.2014 n.7244).

8. In definitiva, alla stregua delle superiori argomentazioni, il ricorso principale è respinto. Resta, quindi, assorbito il ricorso incidentale condizionato, avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del termine apposto al contratto di inserimento stipulato in data 27/2/06. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono, infine, la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale. Condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 3.500,00 per compensi professionali oltre spese generali al 15%, ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2016

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