Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23862 del 11/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 11/10/2017, (ud. 14/06/2017, dep.11/10/2017),  n. 23862

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24343-2012 proposto da:

B.G., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA PIEVE DI CADORE 30, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

GUALTIERI, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, C.F. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 787/2011 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 10/11/2011 R.G.N. 1915/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2017 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato GIUSEPPE GUALTIERI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1 Con sentenza depositata il 10.11.2011 la Corte d’Appello di Milano, parzialmente riformando la pronuncia del Tribunale della medesima sede, condannava il Ministero dell’Interno (subentrato ex lege all’Agenzia per la gestione dell’Albo dei segretari comunali e provinciali – Ages) al pagamento della somma di Euro 11.734,16 a favore di B.G. a titolo di risarcimento del danno subito per essere stato pretermesso, durante il periodo di disponibilità (1.10.2001 – 31.3.2007), nell’assegnazione di supplen’ze o reggenze quale segretario comunale, attribuite – con procedura c.d. a scavalco – ad altri colleghi già titolari di altra sede.

2. La Corte distrettuale ha, preliminarmente, constatato che – in base al D.P.R. n. 465 del 1997, art. 19 e all’art. 3 del contratto integrativo – il segretario in disponibilità ha diritto all’impiego prioritario rispetto al collega titolare di sede, salvo eccezioni per un periodo massimo 30 giorni e deroghe ai criteri previsti dalle delibere dell’Agenzia per l’assegnazione della sede in caso di intesa con il Sindaco o il Presidente della provincia; ha rilevato che il segretario in disponibilità percepisce la retribuzione base, ritenendo, di conseguenza, onere a carico del creditore che vanta il pagamento delle ulteriori voci retributive di allegare l’illegittimo comportamento dell’Agenzia; ha osservato che in base alle allegazioni contenute in ricorso ed alla documentazione prodotta, il B. aveva dimostrato una serie di nomine a scavalco per un totale di 7 mesi, e che in base alle ulteriori allegazioni del ricorrente e all’ordine di esibizione diretto al Ministero con ordinanza del 26.10.2010 era stata acquisita ulteriore documentazione che dimostrava nomine a scavalco per complessivi 17 mesi, nonchè ulteriori 10 mesi circa a seguito di sollecito al Ministero di produzione della documentazione; ha ritenuto, pertanto, accertato un arco complessivo di nomine a scavalco pari a 35 mesi, scomputato un breve periodo di 2 mesi (nomina imputabile, secondo un documento prodotto dallo stesso appellato, a convenzioni tra Comuni). In ordine alla quantificazione del risarcimento del danno parametrata al periodo accertato (35 mesi), la Corte distrettuale ha riconosciuto il 50% della retribuzione di risultato persa (pari a Euro 9.463,12), in considerazione della “buona probabilità” del B. di conseguirla, essendo parametrata, in base all’art. 42 del c.c.n.l. al conseguimento degli obiettivi assegnati e al complesso degli incarichi aggiuntivi conferiti nonchè nella misura massima del 10%; ha ritenuto, alla luce del quadro normativo e contrattuale di riferimento, i diritti di segreteria o di rogito e l’indennità per la funzione di Direttore generale voci retributive meramente eventuali (in quanto i primi spettanti esclusivamente in caso di stipulazione di contratti da parte del Comune e, i secondi, riconosciuti solamente in caso di nomina del segretario comunale quale Direttore generale a fronte dell’assenza di scelta di soggetto esterno all’ente o di convenzioni tra Comuni) e ha riconosciuto, a seguito della documentazione acquisita con ordine di esibizione di cui all’ordinanza del 25.3.2011, la somma di Euro 11.734,16 a titolo di risarcimento del danno esclusivamente per mancata corresponsione di diritti di rogito; nulla è stato riconosciuto a titolo di danno per perdita di chance, essendo stato ritenuta la domanda sfornita di specifica allegazione nonchè di prova (consistente unicamente nello stralcio della Delib. n. 92 del 2004 dell’Agenzia, insufficiente a dimostrare che la mancata ammissione del B. al corso per il passaggio alla fascia A per carenza della necessaria anzianità di servizio fosse dipeso dalla messa in disponibilità nonchè le probabilità di superamento del corso). Infine, nulla è stato riconosciuto, a titolo risarcitorio, per i c.d. incarichi aggiuntivi (in assenza di allegazioni utili ad una concreta quantificazione), per l’indennità di reggenza (spettante esclusivamente ai segretari nominati a scavalco, non quindi a quelli posti in disponibilità), per la mancata fruizione della sospensione del periodo di disponibilità (in assenza di prova sul periodo quadriennale necessario per essere messo in mobilità e, in ogni caso, per carenza di danno economico), per spese di accesso (per carenza dí legittimazione passiva del Ministero), per danno esistenziale (a fronte dell’assoluta genericità delle deduzioni sul punto).

3. Ricorre per Cassazione il B. con trentadue motivi; resiste il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con i primi quattro motivi di ricorso (tutti raggruppati, come anche quelli successivi, dallo stesso ricorrente) si deduce violazione degli artt. 421 e 437 c.p.c., violazione dell’art. 112 c.p.c. nonchè vizio di motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5) avendo, la Corte distrettuale, omesso di motivare il rigetto dell’istanza di esibizione della graduatoria dei segretari comunali in disponibilità da ottobre 2001 a marzo 2007 e dell’integrale documentazione attestante l’assegnazione di sedi vacanti nella Provincia di Como e limitandosi ad adottare due ordinanze istruttorie di contenuto più circoscritto (ordinanze del 26.10.2010 e del 25.3.2011, non trascritte) concernenti, sempre, le nomine illegittime effettuate dall’Ages e i compensi percepiti dai segretari nominati al posto del B..

2. Con i motivi dal quinto al decimo si deduce error in procedendo in relazione alla applicazione degli artt. 416 e 437 c.p.c. nonchè dell’art. 2697 c.c., travisamento e mancato esame delle argomentazioni a delle prove offerte dal ricorrente nonchè contraddittorietà della motivazione, violazione del D.P.R. n. 465 del 1997, art. 19 e della Delib. Ages 25 settembre 1998, n. 24.17 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5) avendo, la Corte distrettuale, consentito all’Ages – tardivamente costituita – di svolgere eccezioni e di produrre documentazione nonostante puntuale eccezione sollevata dal B. (non trascritta) e adottando provvedimenti istruttori premianti l’inerzia dell’Ages (in quanto di contenuto limitato). La Corte non ha considerato, e comunque ha travisato, le puntuali argomentazioni svolte dalla difesa del B. in ordine al mancato rispetto della graduatoria dei segretari indisponibilità, ha omesso la motivazione con riguardo ai calcoli e alle determinazioni afferenti di la liquidazione del danno ed ha assunto una motivazione contraddittoria che da una parte nega le allegazioni del B. e dall’altra si fonda sulle stesse, tra cui il criterio di nomina del segretario indisponibilità in relazione alla distanza della residenza rispetto alla sede di nomina.

3. Con i motivi dall’undicesimo al dodicesimo si deduce violazione del D.P.R. n. 465 del 1997, artt. 15 e 19, dell’art. 3 del contratto integrativo dei segretari comunali del 22.12.2003, dell’art. 432 c.p.c. nonchè vizio di motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) avendo, la Corte distrettuale, fatto riferimento – nello schema riportato a pag. 6 della sentenza impugnata e con riguardo alla sede di (OMISSIS) – non già al doc. 5 bensì al doc. 5a del fascicolo del B. (non trascritto) dal quale si evince chiaramente che i Comuni interessati ai segretari reggenti/supplenti non erano tutti convenzionati fra loro.

4. Con i motivi dal tredicesimo al quattordicesimo si deduce violazione dell’art. 2697 c.c. nonchè vizio di motivazione in ordine alla determinazione del periodo rilevante ai fini del calcolo del risarcimento del danno per lucro cessante (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4) avendo, la Corte distrettuale, enucleato a seguito delle ordinanze istruttorie di contenuto limitato – un periodo temporale sensibilmente inferiore sul quale calcolare le differenze retributive spettanti al B..

5. Con i motivi dal quindicesimo al diciassettesimo si deduce “insufficienza nonchè illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine al fatto controverso decisivo del giudizio attinente alla liquidazione del danno relativo alla mancata percezione della retribuzione di risultato” nonchè violazione dell’art. 1226 c.c. e art. 432 c.p.c. e vizio di motivazione con riguardo alla liquidazione equitativa dei danni (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5) avendo, la Corte B. avesse articolato attività istruttoria che avrebbe consentito l’esatta ricostruzione di tutti i periodi di occupazione ingiustamente vanificati e la specifica quantificazione del danno subito nel suo preciso ammontare.

6. Con i motivi dal diciottesimo al ventesimo si deduce violazione dell’art. 432 c.p.c. nonchè vizio di motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5) avendo, la Corte distrettuale, considerato – ai fini della quantificazione delle voci di danno – solamente le nomine effettuate illegittimamente dall’Ages come risultanti dalla parziale indagine istruttoria espletata nonchè solamente i compensi erogati segretari comunali indicati in linea esemplificativa dal B., omettendo la valutazione delle retribuzioni erogate agli altri segretari comunali che si erano intervallati con quelli indicati. In particolare, con riguardo all’indennità di funzione di Direttore generale, la Corte ha considerato le eventuali nomine di Direttore generale affidate ai segretari comunali nominati in luogo del B., in spregio al criterio dettato dal D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 108 che fa riferimento alle buone capacità manageriali che imponeva la valutazione delle capacità in possesso del B. stesso, come emergeva dalla documentazione prodotta; medesimo procedimento logico (ossia con riferimento alle capacità espresse dal B.) avrebbe dovuto compiere la Corte in relazione ai diritti di rogito e alle indennità per carichi aggiuntivi.

7. Con i motivi dal ventunesimo al ventiduesimo si deduce violazione dell’art. 3 del c.c.n.l. decentrato 22.12.2003 nonchè vizio di motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) avendo, la Corte distrettuale, respinto la domanda di riconoscimento dell’indennità di reggenza nonostante la semplice lettura della disposizione negoziale evidenzi l’erroneità della sentenza impugnata. La Corte ha, inoltre, illogicamente respinto la domanda di liquidazione del danno per mancato avanzamento professionale nonostante la partecipazione al corso di qualificazione professionale (esclusa illegittimamente dall’Ages) avrebbe assicurato il passaggio alle segreterie generali di categoria A) al pari di tutti i colleghi segretari comunali che hanno partecipato al suddetto corso.

8. Con il ventitreesimo motivo si deduce violazione degli artt. 2056 c.c. nonchè artt. 113 e 115 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4) avendo, la Corte distrettuale, omesso di considerare – ai fini della quantificazione del danno per mancato avanzamento professionale – le gravi perdite di chance conseguite alla mancata attribuzione di reggenze e supplenze nel periodo precedente l’indizione del corso di riqualificazione indetto dall’Ages (che richiedeva il possesso di un’anzianità di servizio pari a due anni, non conseguita per privazione illegittima di incarichi) nonchè il curriculum vitae del B., l’anzianità anagrafica e di servizio, le ripercussioni di tali perdite sul trattamento pensionistico, la differenza di retribuzione tra un segretario di fascia B e quello di fascia A (pari a Euro 7.182,00 annui), l’incremento del trattamento pensionistico per l’appartenenza alla fascia A (pari a Euro 5.674,00 annui), l’incremento del trattamento di fine rapporto (pari a Euro 32.921,58), l’aumento dei diritti di rogito (pari a Euro 10.972,58) per complessivi Euro 190.291,58.

9. Con il ventiquattresimo e il venticinquesimo motivo si denunzia violazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 109 nonchè vizio di motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) avendo, la Corte distrettuale, erroneamente considerato il periodo di disponibilità pari a quattro anni e non a due, e omettendo la valutazione della perdita di tutti i compensi accessori durante il periodo di mobilità, entrambi i periodi agevolmente ricavabili dal giudice di merito sulla base degli elementi in suo possesso. L’Agenzia di (OMISSIS), assegnando le sedi vacanti a segretari comunali titolari di altre sedi anzichè al B. ha impedito allo stesso di usufruire della sospensione del periodo di disponibilità per ben cinquantuno mesi, costringendo il B. ad accettare la nomina del Sindaco del Comune di Dongo, di classe inferiore rispetto a quella posseduta dal B., con conseguenti danni pari a Euro 33.033,00 quali spese di accesso alla segreteria comunale di Dongo dall’aprile 2007 e perdita di diritti di rogito corrispondenti alla fascia posseduta e pari a Euro 55.587,00.

10. Con il ventiseiesimo motivo si deduce vizio di motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) in ordine al mancato riconoscimento del danno da mancato ristoro delle spese di accesso alla segreteria comunale di Dongo e per perdita dei diritti di rogito dall’1.1.2007 al 31.7.2009 avendo, la Corte territoriale, erroneamente ritenuto il difetto di legittimazione passiva dell’Agenzia. La Corte ha fornito una incongrua motivazione a fronte della domanda di risarcimento del danno rivolta nei confronti dell’Ages per la scelta forzosa effettuata dal B. con riguardo alla segreteria comunale di Dongo (scelta imposta dalla necessità di evitare la mobilità, a fronte della sottrazione illegittima di segreterie comunali vacanti) e consistenti, per l’appunto, nella perdita del rimborso delle spese di accesso (che non spettano al segretario comunale titolare della sede, diversamente dal segretario vigente).

11. Con il ventisettesimo e il ventottesimo motivo si denunzia violazione dell’art. 2059 c.c., art. 115 c.p.c., nonchè vizio di motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5) avendo, la Corte territoriale, trascurato l’orientamento giurisprudenziale di legittimità che configura il danno esistenziale con la violazione dei diritti della personalità. Il B. rivestiva la qualifica di segretario generale di fascia B ed era legittimato a svolgere le sue funzioni nei Comuni con una popolazione dai 10.000 ai 65.000 abitanti, ed ha invece concluso la sua carriera in un Comune di 3.450 abitanti cioè in un Comune quasi di prima nomina, con percorrenza quotidiana di 120 km al giorno su tragitti difficoltosi e pericolosi, con svolgimento di mansioni anche meramente esecutive e quindi frustranti e con una riduzione del trattamento pensionistico spettante.

12. Con il ventinovesimo ed il trentesimo motivo si denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c. nonchè vizio di motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5) avendo, la Corte distrettuale – con le ordinanze del 26.10.2010 e del 25.3.2011 – effettuato un approfondimento istruttorio parziale che ha consentito alla controparte di superare le decadenze in cui era incorsa e ha respinto immotivatamente le istanze istruttorie del B., pronunciandosi ultra petita non essendo mai stato chiesto di conoscere quali fossero i compensi erogati ai segretari comunali nominati in luogo del B..

13. Con il trentunesimo motivo si deduce vizio di motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) essendo, la Corte territoriale, incorsa in contraddizione ove ha riconosciuto la retribuzione di risultato al B. in base ad un giudizio di probabilità ed ha poi respinto le domande le domande di ulteriori emolumenti in quanto ritenuti meramente eventuali.

14. Con il trentaduesimo motivo si denunzia violazione del D.P.R. n. 465 del 2007, art. 19, comma 2, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte territoriale, illegittimamente circoscritto la valutazione – ai fini della determinazione del danno – ai Comuni indicati in via esemplificativa dal B., dovendo invece considerare tutti i Comuni le cui reggenze erano state attribuite a segretari comunali sine titulo nel periodo dall’1.10.2001 al 31.3.2007.

15. Il considerevole numero di motivi di impugnazione impone la trattazione per raggruppamento di questioni.

16. Deve in primo luogo rimarcarsi che in tema di ricorso per cessazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (ex aliis: Cass. 16 luglio 2010 n. 16698; Cass. 26 marzo 2010 n. 7394).

Nella specie è evidente che il ricorrente lamenta (con i motivi nn. 10, 12, 21, 26 e 32) la erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta, e dunque un vizio-motivo, da valutare alla stregua dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nel testo previsto dal D.L. n. 40 del 2006). Nè può rinvenirsi un vizio di falsa applicazione di legge, non lamentando, il ricorrente, un errore di sussunzione del singolo caso in una norma che non gli si addice.

17. In ordine ai vizi di motivazione proposti in ricorso (1, 3, 4,8, 9,11, 15, 17, 18, 20, 22, 24, 26, 27, 31) osserva il Collegio che, secondo la condivisa e consolidata giurisprudenza di questa Corte, il vizio di insufficiente motivazione di una sentenza sussiste allorchè essa mostri, nel suo insieme, un’obiettiva deficienza del criterio logico che ha condotto il Giudice del merito alla formazione del proprio convincimento, mentre il vizio di contraddittoria motivazione presuppone che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti, in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione della ratio decidendi, e cioè l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione adottata; con la conseguenza che tali vizi non sussistono quando il giudice abbia semplicemente attribuito agli elementi vagliati un significato non conforme alle attese ed alle deduzioni della parte (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 24656/2008, 914/1996).

Sotto questo aspetto la sentenza impugnata si presenta immune da vizi logico-formali, essendosi dato ampiamente ed esaustivamente conto dell’onere incombente sul B., in qualità di creditore, di allegare l’illegittimo comportamento dell’Agenzia consistente nella nomina, al posto del ricorrente, di segretari già in servizio presso altre sedi (pag. 5 della sentenza) e del corrispondente onere probatorio, a carico dell’Agenzia debitrice, del fatto estintivo dell’altrui pretesa. La Corte distrettuale, in applicazione di questa impostazione concernente la domanda di risarcimento del danno contrattuale, ha esposto di aver effettuato un’accertamento dell’inadempimento dell’Agenzia sulla base delle allegazioni contenute nel ricorso presentato dal B., alcune delle quali fornite di documentazione probatoria, altre supportate dalla richiesta di esibizione di documentazione. Tale richiesta è stata, coerentemente, accolta dalla Corte che ha ordinato all’Agenzia (nonchè ulteriormente sollecitato) di produrre la documentazione indicata dal B., e ciò ha consentito (unitamente alla documentazione già prodotta dal ricorrente) di ricostruire il periodo complessivo durante il quale l’Agenzia non aveva ottemperato all’obbligo di chiamare in via prioritaria il segretario in disponibilità (il B.) in applicazione del quadro normativo applicabile alla fattispecie (D.P.R. n. 465 del 1997, art. 19 e art. 3 contratto collettivo integrativo, trascritti nella sentenza impugnata e non censurati in questa sede) bensì aveva affidato le reggenze e le supplenze a segretari comunali già titolari di sede.

Nella specie non risulta che le doglianze abbiano evidenziato i profili di omissione, insufficienza o contradittorietà della motivazione nei termini consentiti in sede di legittimità. Non risulta, quindi, che il parziale diniego di esibizione di ulteriore documentazione si sia tradotto in un vizio della sentenza, posto che il ragionamento svolto dalla Corte distrettuale – sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica – risulta completo, coerente e ragionevole (cfr. in tal senso Cass. 17 marzo 2010, n. 6439).

In ogni caso, le censure ove è stata prospettata l’omessa o contraddittoria motivazione circa l’adozione del’ordinanza istruttoria (ordinanza del 26.10.2010) sono illustrate con modalità non conformi al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, secondo cui parte ricorrente avrebbe dovuto, quantomeno, trascrivere nel ricorso il contenuto dell’istanza del B. di esibizione così come articolata in ricorso, fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali, potendosi solo così ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto a presidio del suddetto principio dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.

Per la medesima ragione di carenza di specificità, presenta profili di inammissibilità il motivo n. 7 ove il ricorrente lamenta il mancato apprezzamento “delle deduzioni e delle prove documentali portate dal B.”.

18. In ordine al mancato esercizio dei poteri istruttori da parte del giudice (censure nn. 2, 13, 14, 16, 19) questa Corte ha affermato che, nel rito del lavoro, stante l’esigenza di contemperare il principio dispositivo con quello della ricerca della verità materiale, allorchè le risultanze di causa offrono significativi dati di indagine, il giudice, anche in grado di appello, ex art. 437 c.p.c., ove reputi insufficienti le prove già acquisite, può in via eccezionale ammettere, anche d’ufficio, le prove indispensabili per la dimostrazione o la negazione di fatti costitutivi dei diritti in contestazione, sempre che tali fatti siano stati puntualmente allegati o contestati e sussistano altri mezzi istruttori, ritualmente dedotti e già acquisiti, meritevoli di approfondimento (Cass. n. 6753/2012; nello stesso senso, Cass. n. 23652/2016).

L’esercizio, da parte del giudice di merito, dei poteri di cui all’art. 421 c.p.c. può essere sindacato in sede di legittimità (sotto il profilo del vizio di motivazione, non della violazione di legge, trattandosi di potere discrezionale) sempre che il ricorrente indichi espressamente quando e come sollecitò l’esercizio di tale potere discrezionale da parte del giudice di merito, in ossequio al principio di autosufficienza (cfr. Cass. nn. 5950/2014, 14731/2006).

La Corte distrettuale si è attenuta al principio statuito da questa Corte nella misura in cui ha ritenuto di ordinare all’Agenzia l’esibizione di documentazione nell’ambito delle allegazioni effettuate dal B. (pag. 6 della sentenza impugnata) mentre ha respinto, per le circostanze non dedotte specificamente, l’istanza di esibizione (come innanzi rilevato, non trascritta in ricorso) di ulteriore documentazione in quanto meramente esplorativa.

Il ricorso non indica come e quando il giudice di merito è stato sollecitato all’uso dei poteri discrezionali, nè trascrive l’ordinanza di esibizione di documentazione adottata dalla Corte distrettuale.

19. In ordine ai motivi ove si censura la sentenza del Tribunale (motivi nn. 23, 24 e 25) si tratta di censure rivolte direttamente contro la sentenza di primo grado e non contro la sentenza di appello (sulla inammissibilità di siffatte censure v. Cass. 153/2006 n. 5637, Cass. nn. 11026 e 15952/2007, Cass. 21-3-2014 n. 6733).

20. La censura concernente la mancata liquidazione, a titolo risarcitorio, dell’indennità di funzione di Direttore generale (n. 18) è inammissibile per in quanto illustrata con modalità non conformi al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, secondo cui parte ricorrente avrebbe dovuto, quantomeno, trascrivere nel ricorso il contenuto di documenti relativi alle capacità e agli emolumenti percepiti a tale titolo dal B.), fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali, potendosi solo così ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto a presidio del suddetto principio dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.

Trattasi, inoltre, al pari delle censure concernenti la retribuzione di risultato, i diritti di rogito, l’indennità per la funzione di Direttore generale e l’indennità per incarichi aggiuntivi, di accertamento di fatto, riservato al giudice del merito ed è censurabile in sede di legittimità nei limiti previsti dall’art. 360 c.p.c., n. 5.

Sotto questo aspetto la sentenza impugnata si presenta immune da vizi logico-formali, essendosi dato ampiamente ed esaustivamente conto (pagg. 10 e 11 della sentenza) che, in base ai criteri di attribuzione della retribuzione di risultato (dettati dall’art. 42 del c.c.n.l.), sussistevano “buone probabilità” che il B. raggiungesse gli obiettivi conferiti; che, viceversa, i presupposti per l’assegnazione dei diritti di rogito e dell’indennità di direttore generale rendevano “meramente eventuali” tali voci retributive (essendo, i primi, collegati agli atti rogati dai Comuni e, la seconda, connessa ad una facoltà del Sindaco e ipotizzabile solo ove non fosse stato nominato un soggetto esterno all’ente) e che, in ogni caso, l’approfondimento istruttorio effettuato (ordinanza del 25.3.2011 con cui è stata disposta l’esibizione, ai Comuni interessati, di documentazione che consentisse di accertare quanto percepito dai segretari nominati in vece del B.) aveva dimostrato la corresponsione di poche centinaia di Euro a tali titoli (pag. 12 della sentenza).

21. La censura relativa al mancato riconoscimento del danno per perdita di chance (ricollegato al mancato avanzamento di qualifica per esclusione dal corso istituito dall’Agenzia e finalizzato all’iscrizione in fascia A) è infondata.

Questa Corte ha affermato che il danno patrimoniale da perdita di una “chance” costituisce un danno patrimoniale risarcibile, quale danno emergente, qualora sussista un pregiudizio certo (anche se non nel suo ammontare) consistente nella perdita di una possibilità attuale ed esige la prova, anche presuntiva, purchè fondata su circostanze specifiche e concrete, dell’esistenza di elementi oggettivi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità, la sua attuale esistenza (Cass. 30/09/2016, n. 19604, Cass. 13/04/2017, n. 9571). Il risarcimento in parola può essere, in altri termini, riconosciuto solo quando la “chance” perduta aveva la certezza o l’elevata probabilità di avveramento, da desumersi in base ad elementi certi ed obiettivi (Cass. 10/12/2012, n. 22376).

Le censure del ricorrente si traducono in critiche ed obiezioni avverso la valutazione delle risultanze istruttorie quale operata dal giudice del merito nell’esercizio del potere di libero e prudente apprezzamento delle prove a lui demandato dall’art. 116 c.p.c. e si risolvono altresì nella prospettazione del risultato interpretativo degli elementi probatori acquisiti, ritenuto dallo stesso ricorrente corretto ed aderente alle suddette risultanze, con involgimento, così, di un sindacato nel merito della causa non consentito in sede di legittimità (cfr. in motivazione, ex plurimis, Cass. 21 ottobre 2014 n. 22283).

La Corte distrettuale ha rilevato che le allegazioni del B. erano troppo generiche, non avendo fornito alcun elemento utile a valutare sia le sue probabilità di passaggio alla fascia A a seguito del corso indetto dall’Agenzia sia la rilevanza dei mancati conferimenti (di reggenza o supplenza) al B. ai fini dell’ammissione al corso, in considerazione dell’anzianità complessivamente maturata (pagg. 12 e 13 della sentenza) e mancavano, pertanto, quegli elementi oggettivi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità, l’esistenza del danno.

22. Il motivo concernente la mancata fruizione della sospensione del periodo di disponibilità (nn. 24 e 25) censura solo una delle rationes decidendi poste dalla Corte di merito a fondamento del rigetto della domanda di danno proposta dal B.. In particolare, il motivo non investe l’affermazione contenuta nella impugnata sentenza secondo cui “in ogni caso, sotto il profilo economico, anche il collocamento in mobilità non comporterebbe un pregiudizio, data la piena salvaguardia della posizione giuridica ed economica garantita in tal caso il segretario (pag. 13 della sentenza).

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome e singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, l’omessa impugnazione di tutte le “rationes decidendi” rende inammissibili, per difetto di interesse, le censure relative alle singole ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime, quand’anche fondate, non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre non impugnate, all’annullamento della decisione stessa (ex multis, Cass. S.U. n. 7931/2013; Cass. 18/09/2006, n. 20118).

23. La censura concernente le spese di accesso (n. 26) è prospettata con modalità non conformi al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, secondo cui parte ricorrente avrebbe dovuto, quantomeno, trascrivere nel ricorso il contenuto della domanda dedotta nel ricorso introduttivo del giudizio al fine di valutare l’erroneità della motivazione adottata dalla Corte distrettuale in ordine al difetto di legittimazione passiva dell’Agenzia.

24. I motivi concernenti il danno esistenziale (nn. 27 e 28) – ancor prima che inammissibili per difetto di autosufficienza in quanto non trascrivono le allegazioni contenute nel ricorso originario e nell’appello su tale punto in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, – sono comunque infondati.

Questa Corte ha affermato che il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, non ricorre automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale e non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, dell’esistenza di un pregiudizio (di natura meramente emotiva e interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare reddituale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità nel modo esterno. Tale pregiudizio non è conseguenza automatica di ogni comportamento illegittimo rientrante nella suindicata categoria, sicchè non è sufficiente dimostrare la mera potenzialità lesiva della condotta datoriale, incombendo sul lavoratore l’onere di fornire la prova del danno e del nesso di causalità con l’inadempimento datoriale. E’ stato altresì affermato che il danno esistenziale, essendo legato indissolubilmente alla persona, necessita di precise indicazioni che solo il soggetto danneggiato può fornire, indicando le circostanze comprovanti l’alterazione delle sue abitudini di vita (Cass. 23/11/2015, n. 23837).

La Corte distrettuale si è conformata a tali principi di diritto rilevando “l’assoluta genericità delle deduzioni sul punto”.

25. In conclusione, il ricorso va rigettato. Le spese di lite sono regolate secondo il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c..

PQM

 

La Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed interessi di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2017

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