Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23860 del 23/11/2016


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Cassazione civile sez. trib., 23/11/2016, (ud. 18/10/2016, dep. 23/11/2016), n.23860

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BOTTA Raffaele – Presidente –

Dott. ZOSO Liana M. T. – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13798-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.G.A., S.A.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 268/2011 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 20/04/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/10/2016 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito per il ricorrente l’Avvocato MARCHINI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS MARIELLA che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO

L’agenzia delle entrate propone un motivo di ricorso per la cassazione della sentenza n. 268/01/11 del 20 aprile 2011, con la quale la commissione tributaria regionale Lazio, a conferma della prima decisione, ha ritenuto illegittimo l’avviso di liquidazione notificato nell’aprile 2005 ad D.G.A. ed S.A. (nella loro qualità di eredi di S.R.) in forza di sentenza CTP Roma n. 59/29/01 – in giudicato – confermativa del maggior valore di cui all’avviso di accertamento relativo ad atto di divisione successivo a compravendita immobiliare.

In particolare, ha ritenuto la commissione tributaria regionale che il giudicato così effettivamente formatosi nei confronti di S.R. sullì'”atto di divisione” fosse comunque superato e posto nel nulla dall’avvenuta conferma da parte dell’amministrazione finanziaria – a seguito di istanza di agevolazione ex D.L. n. 70 del 1988, art. 12, recante la valutazione automatica per gli immobili oggetto di istanza di accatastamento con attribuzione di rendita – del valore dichiarato dai contraenti nel sostanzialmente coevo e preordinato “atto di compravendita”, in ordine al quale era intervenuta sentenza CT di primo grado n. 350/29/95 dichiarativa della cessazione della materia del contendere.

Nessuna attività difensiva è stata posta in essere dalla parte intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p. 1. Con l’unico motivo di ricorso l’agenzia delle entrate deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione del giudicato, nonchè del D.L. n. 70 del 1988, art. 12, conv. c.m. in L. n. 154 del 1988.

Ciò per avere la commissione tributaria regionale riferito anche all’atto di divisione l’effetto di un’agevolazione (art. 12 cit.) che era stata dal contribuente richiesta unicamente per l’atto di compravendita; soltanto in relazione al quale era stata dichiarata la cessazione della materia del contendere per effetto della revoca del maggior accertamento da parte dell’ufficio.

Con la conseguenza che la debenza della maggiore imposta sull’atto di divisione da parte del S. doveva ormai ritenersi intangibile, perchè portata da sentenza passata in giudicato; tanto che questi poteva impugnare l’avviso di liquidazione in oggetto soltanto per vizi propri di tale atto, non anche per questioni concernenti l’accertamento di maggior valore dell’atto di divisione, ormai divenuto definitivo.

p. 2. Il motivo va accolto.

La stessa commissione tributaria regionale dà atto della fondatezza – “sotto il profilo del rito e della rigorosa didattica processuale” – della tesi sostenuta dall’amministrazione finanziaria; ma poi la disattende, al dichiarato fine di evitare le conseguenze “aberranti” che discenderebbero da una soluzione improntata ad eccessivo “rigore processuale”. Ciò perchè gli stessi immobili dedotti sia nella compravendita sia nella divisione (atti sostanzialmente contestuali), verrebbero ad essere fiscalmente colpiti in misura nettamente differente (per un valore di Lire 850 milioni nella prima; di oltre Lire 6 miliardi, pari all’accertato, nella seconda); e, inoltre, nei soli confronti del S.R., posto che il maggior accertamento relativo alla divisione era stato annullato dalla CTP per tutti gli altri condividenti.

Il ragionamento della commissione tributaria regionale non trova sostegno normativo, con conseguente effettiva violazione delle norme denunciate dall’amministrazione finanziaria.

Va infatti considerato che: a. l’accertamento di maggior valore sulla divisione venne confermato a carico del S., per la sua quota, dalla sentenza CTP 59/29/01, in giudicato; b. in quanto basato sul giudicato così formatosi, l’avviso di liquidazione qui dedotto non poteva essere opposto se non per vizi suoi propri, estranei ai presupposti sostanziali dell’imposizione; c. le eredi del S. non potrebbero oggi giovarsi nè della caducazione dell’accertamento relativo alla compravendita (trattandosi di atto, ancorchè preordinato alla divisione, differente da questo ed assoggettato ad autonomo regime di imposizione), nè della caducazione dell’accertamento relativo alla divisione, così come pronunciata nei confronti di tutti gli altri condividenti (non sussistendo i presupposti per l’estensione soggettiva del giudicato favorevole nell’ambito di solidarietà tributaria ex art. 1306 c.c.; peraltro mai richiesta e, comunque, preclusa nei confronti del S. proprio per effetto dell’opposto giudicato sfavorevole formatosi nei suoi diretti e personali confronti, non avendo questi appellato la suddetta sentenza CTP 59/29/01); d. diversamente ragionando, si determinerebbe, in contrasto con un giudicato, il riconoscimento postumo ed estensivo di un’agevolazione (D.L. n. 70 del 1988, art. 12) che non risulta essere nemmeno mai stata richiesta dal contribuente con riguardo all’atto di divisione; contrariamente a quanto stabilito dalla disposizione in esame secondo cui, per giovarsi della valutazione automatica, “Il contribuente è tenuto a dichiarare nell’atto o nella dichiarazione di successione di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo”. Non si ritiene che a diversa conclusione possa pervenirsi in forza di quanto stabilito dalla sent. C.Cost. 473/95, richiamata dalla commissione territoriale, secondo cui: “Non è fondata nei sensi di cui in motivazione, con riferimento all’art. 3 Cost., comma 1 (principio di uguaglianza), art. 53 Cost., comma 1 (principio della capacità contributiva) e art. 97 Cost., comma 1, (principio dell’imparzialità della P.A.), la questione di legittimità costituzionale del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6, comma 2, – nella parte in cui prevede, per la determinazione del valore finale del bene ai fini dell’applicazione dell’INVIM, un effetto estensivo, in favore dell’alienante dell’immobile a titolo oneroso (soggetto passivo dell’imposta), della decisione favorevole definitiva del giudice tributario, ottenuta dal solo acquirente a seguito di impugnazione dell’avviso di accertamento in rettifica del predetto valore ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro – in quanto la disposizione impugnata deve essere interpretata (conformemente all’intenzione del legislatore) nel senso che il valore del bene trasferito sia lo stesso per ambedue le imposte e che, nell’ipotesi in cui si verifichi una divergenza di valore fra due accertamenti definitivi, il titolo giurisdizionale debba prevalere su quello amministrativo; ed in quanto tale interpretazione, fondata sulla regola desumibile dall’art. 1306 c.c., è l’unica conforme ai parametri costituzionali invocati: al principio di uguaglianza, il quale impone che, nel caso di trasferimento di un immobile, il valore imponibile sia lo stesso per tutte le parti interessate, anche se soggette a differenti, ma connesse, imposte; al principio della capacità contributiva, che comporta stessa capacità in presenza del medesimo presupposto impositivo; al principio di imparzialità della P.A., il quale impone a questa di conformarsi al giudicato sul valore dell’immobile”.

Ciò non soltanto perchè tale sentenza ha preso in esame – in materia di Invim una disposizione diversa da quella di cui all’art. 12 cit., ma anche perchè essa si è basata su principi (appunto relativi all’estensione del giudicato favorevole ex art. 1306 c.c., nonchè alla preminenza dell’accertamento giurisdizionale su quello amministrativo, ed all’obbligo dell’amministrazione di conformarvisi) che non hanno modo di operare in una fattispecie, come la presente, caratterizzata – in un contesto di duplice inerzia del contribuente: nel richiedere la valutazione automatica nell’atto di divisione; e nella mancata impugnazione della menzionata sentenza CTP – proprio dal sopravvenire di un giudicato confermativo dell’accertamento posto in liquidazione.

Ne segue, in accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, sussistono i presupposti per la decisione nel merito, ex art. 384 c.p.c., mediante rigetto del ricorso introduttivo; la peculiarità della fattispecie depone per la compensazione delle spese del presente procedimento e dei gradi di merito.

P.Q.M.

LA CORTE

Accoglie il ricorso;

Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, introduttivo di parte contribuente;

Compensa le spese del presente procedimento e dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, il nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 18 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2016

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