Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23859 del 02/10/2018

Cassazione civile sez. II, 02/10/2018, (ud. 21/06/2018, dep. 02/10/2018), n.23859

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19901-2014 proposto da:

A.C., e A.P., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DUILIO n.6, presso lo studio dell’avvocato PAOLO MOSCA,

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALBERTO

TARDINI;

– ricorrenti –

contro

D.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n.470/2014 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 08/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/06/2018 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione ritualmente notificato A.P. e A.C. proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 290/2005, emesso dal Tribunale di Massa in favore di D.A. per l’importo di Euro 55.334,54 dovuto come saldo del corrispettivo di un appalto per lavori eseguiti in un immobile dei due opponenti; importo risultante dalla detrazione, dal totale dovuto di Euro 125.334,54, dell’acconto che l’ingiungente aveva riconosciuto di aver percepito, pari ad Euro 70.000. Nella narrativa della citazione gli opponenti deducevano che tra le parti era stato convenuto un prezzo di Euro 74.511 oltre iva, producendo un preventivo per tale somma, e che essa era stata saldata per intero con il pagamento in acconto riconosciuto dallo stesso ingiungente, posto che alcune opere non erano state eseguite e si erano riscontrati vizi e difetti imputabili all’appaltatore. L’opposto, costituendosi, esponeva che i vizi e difetti erano stati accertati in contraddittorio e il loro controvalore, pari di Euro 3.841,70, era stato già scomputato dal corrispettivo dovuto dagli A., derivante dai lavori oggetto del preventivo e da una serie di lavorazioni aggiuntive richieste dalla committenza nel corso del rapporto negoziale. All’esito dell’istruttoria, il Tribunale revocava il decreto opposto condannando gli opponenti al pagamento della minor somma di Euro 12.900,34 iva inclusa.

Proponevano appello gli A. e spiegava appello incidentale il D.. La Corte territoriale, con la sentenza oggi impugnata n. 470/2014, rigettava sia l’appello principale che quello incidentale, compensando le spese del grado.

Propongono ricorso per la cassazione di detta decisione A.P. e C. affidandosi a quattro motivi. L’intimato non ha svolto attività difensiva in questo grado. I ricorrenti non hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 erchè la Corte di Appello avrebbe omesso di rilevare che il decreto ingiuntivo oggetto del giudizio di opposizione fu emesso, a suo tempo, sulla base di una relazione tecnica redatta da tale geom. M., che era in realtà sfornito del titolo professionale. Ad avviso dei ricorrenti, ciò renderebbe inattendibile sia il suo elaborato tecnico, sia la successiva deposizione testimoniale resa dal medesimo nel corso dell’istruttoria in prime cure.

La doglianza è infondata, innanzitutto perchè non si confronta con il principio secondo cui il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è caratterizzato dalla cognizione piena, per cui il creditore opposto è tenuto a fornire la prova della sua pretesa, a prescindere dalla sufficienza delle prove dallo stesso allegate nella precedente fase monitoria, che è invece a cognizione sommaria, ai soli fini dell’emissione del decreto opposto. Di conseguenza, l’eventuale insufficienza, ai fini della prova, della relazione tecnica sulla cui base fu a suo tempo emesso il decreto opposto diviene irrilevante, proprio in conseguenza dell’opposizione interposta dagli A. e della cognizione piena che caratterizza il giudizio conseguente ad essa.

D’altro canto, la doglianza non coglie la ratio della sentenza impugnata, poichè la Corte di Appello ha ritenuto che il M. fosse stato sentito a testimone nel rispetto delle regole previste dal codice di rito e che il Tribunale avesse valutato gli esiti della prova orale insieme alle altre risultanze istruttorie (cfr. pagg. 7 ed 8 della sentenza impugnata). Sotto questo profilo, la circostanza che il teste fosse o meno in possesso del titolo di geometra, o che egli fosse o meno iscritto all’albo professionale, appare del tutto irrilevante, posto che il medesimo ha riferito fatti a sua conoscenza, fornendo una prova storica che il giudice di merito ha apprezzato liberamente insieme a tutte le altre emergenze istruttorie.

La Corte territoriale, peraltro, ha ritenuto che gli appellanti non avessero fornito la prova della tempestività della denunzia dei vizi dell’opera, in quanto l’ultima fattura della ditta appaltatrice è datata 18.7.2005 mentre la contestazione è stata sollevata per la prima volta il 3.10.2005 (cfr. pag.8 della sentenza), e considerato che i testi Mo. e M. avevano entrambi confermato l’esistenza dei vizi già all’epoca della consegna dell’opera, tanto che sarebbe stato concordato tra le parti proprio per tale motivo- uno sconto di Euro 3.841,70.

Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 1667,1668 e 2697 c.c. nonchè dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 in quanto la Corte territoriale avrebbe omesso di rilevare che agli atti del giudizio mancava la prova dell’ultimazione dei lavori e della loro consegna ai committenti. Secondo i ricorrenti, l’azione di adempimento proposta dall’appaltatore presupporrebbe la prova della corretta e completa esecuzione delle opere, in assenza della quale non sorgerebbe alcun diritto a pretendere il pagamento. La censura è inammissibile perchè si sostanzia nella richiesta di rivalutazione del merito, preclusa in sede di Cassazione. Infatti, in continuità con il precetto contenuto nella sentenza delle S.U. di questa Corte n.24148 del 25/10/2013 (Rv. 627790) il motivo di ricorso non può mai risolversi “in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento…” del giudice di merito “… tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione”.

Peraltro la sentenza impugnata dà atto che “I vizi contestati sono stati esplicitati dal geom. Mo.Fe., progettista e direttore dei lavori, nella sua relazione tecnica del 3 ottobre 2005, allegata all’atto di citazione in opposizione e richiamata dallo stesso giudice nel corso dell’istruttoria” (cfr. pag. 8 della sentenza); e poco oltre afferma che “… escusso come teste il direttore dei lavori, geom. Mo., ha riferito che all’atto della consegna dei lavori furono riscontrati i vizi indicati nel documento 3 del fascicolo di parte opposta, redatto dal M.” (cfr. pag. 9). Da quanto sopra discende che la consegna delle opere vi è stata e che in tale occasione le parti hanno proceduto ad una verifica in contraddittorio delle opere eseguite.

Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 1362 c.c. e ss. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto la Corte di Appello avrebbe indagato solo sulla effettiva esecuzione delle opere, senza compiere alcuna valutazione circa la ricostruzione della comune volontà negoziale delle parti.

La doglianza è inammissibile perchè generica, posto che i ricorrenti non indicano quale sarebbe stata l’ipotetica comune intenzione delle parti che la Corte territoriale non avrebbe colto. Peraltro la censura si struttura nel richiamo delle risultanze della prova orale esperita in prime cure, soprattutto in relazione alle cd. lavorazioni extra-capitolato ritenute sussistenti in concreto dal Tribunale, e nella contestazione dell’interpretazione fornita dal primo giudice al riguardo. Sotto questo profilo, il motivo non si confronta con il principio secondo cui la censura relativa alla “… insufficiente giustificazione logica dell’apprezzamento dei fatti della controversia o delle prove, non può limitarsi a prospettare una spiegazione di tali fatti e delle risultanze istruttorie con una logica alternativa, pur in possibile o probabile corrispondenza alla realtà fattuale, poichè è necessario che tale spiegazione logica alternativa appaia come l’unica possibile” (Cass. Sez. 1, Sentenza n.25927 del 23/12/2015, Rv.638292).

Peraltro, ancora una volta la motivazione appare coerente e condivisibile, posto che la Corte territoriale ha dato atto che “… i testi escussi sul punto hanno riferito dell’effettiva realizzazione di lavori extra capitolato da parte del D.” diffondendosi sulla disamina delle diverse testimonianze acquisite agli atti del giudizio di merito. Nè si comprende quale diversa volontà delle parti avrebbe potuto – in linea di mera ipotesi – essere indagata dalla Corte di Appello, posto che in presenza di un rapporto di appalto l’esecuzione di lavorazioni aggiuntive rispetto a quelle preventivate inizialmente tra le parti non costituisce altro che una estensione, sotto il profilo meramente quantitativo, dell’originario oggetto del rapporto negoziale, non idonea ad incidere sulla struttura negoziale del rapporto.

Con il quarto motivo, i ricorrenti lamentano la violazione del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 1 in riferimento al dovere di imparzialità del magistrato, nonchè dell’art.101 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 e dell’art. 24 cost. Ad avviso dei ricorrenti, la Corte territoriale avrebbe omesso di rilevare l’operato non imparziale del giudice di prime cure, che avrebbe preso in esame le contestazioni alla C.T.U. mosse dal D. con la comparsa conclusionale, ritenendo invece tardive le analoghe contestazioni proposte dagli A.. Inoltre, il giudice di appello non avrebbe consentito ai ricorrenti di controdedurre sul contenuto delle osservazioni contenute nella conclusionale del D..

La censura è inammissibile per difetto di specificità, posto che i ricorrenti non riportano, neanche per stralcio, le censure alla C.T.U. che il D. avrebbe mosso con la comparsa conclusionale depositata in prime cure, la parte di esse che sarebbe stata accolta dal Tribunale e le loro osservazioni tecniche, asseritamente non considerate dal primo giudice. Inoltre, dalla lettura della sentenza emerge che le operazioni di consulenza tecnica si sono svolte nel rispetto del principio del contraddittorio tra le parti (cfr. pag. 10). Nè assume rilievo il fatto che il Tribunale abbia valorizzato talune osservazioni mosse all’elaborato peritale dalla difesa del D. con la comparsa conclusionale, posto che il giudice, nella sua veste di peritus peritorum, ha sempre il potere di valutare, anche in senso critico, le risultanze della C.T.U. e di potersene in tutto o in parte discostare, fornendo adeguata motivazione sul punto. Infatti “Il principio judex peritus peritorum comporta non solo che il giudice di merito, per la soluzione di questioni di natura tecnica o scientifica, non abbia alcun obbligo di nominare un consulente d’ufficio, potendo ricorrere alle conoscenze specialistiche che acquisite direttamente attraverso studi o ricerche personali, ma anche che egli, esaminando direttamente la documentazione su cui si basa la relazione del consulente tecnico, può disattenderne le argomentazioni, in quanto sorrette da motivazioni contraddittorie, o sostituirle con proprie diverse, tratte da personali cognizioni tecniche” (Cass. Sez. 2, Sentenza n.30733 del 21/12/2017, Rv.646659; conformi, Cass. Sez. 1, Sentenza n.5148 del 03/03/2011, Rv.616967; Cass. Sez. 1, Sentenza n.25569 del 17/12/2010, Rv.615850; Cass. Sez. L, Sentenza n.17757 del 07/08/2014, Rv. 631903; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 20125 del 07/10/2015, Rv. 637482).

In definitiva, il ricorso va rigettato. Nulla per le spese, in considerazione del fatto che l’intimato non ha svolto attività difensiva in questo grado.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto dopo il 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

la Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione seconda Civile, il 21 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2018

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