Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23858 del 11/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 11/10/2017, (ud. 17/05/2017, dep.11/10/2017),  n. 23858

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19150-2012 proposto da:

A.M.I.U. AZIENDA MULTISERVIZI IGIENE URBANA GENOVA S.P.A., in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DI RIPETTA 22, presso lo studio dell’avvocato GERARDO

VESCI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati PAOLO

PUGLIESE, MARCO BURATTI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA

195, presso lo studio dell’avvocato SERGIO VACIRCA, che lo

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 196/2012 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 06/03/2012 R.G.N. 260/2011.

Fatto

RILEVATO

Che la Corte d’Appello di Genova, in riforma della sentenza del tribunale della stessa città, ha respinto l’opposizione della società Amiu spa, avverso il decreto ingiuntivo ottenuto da M.C. con cui egli aveva richiesto la restituzione di Euro 161,71, trattenutigli sullo stipendio quale prima rata dell’importo dovuto alla società a titolo i risarcimento del danno cagionato all’automezzo aziendale di cui era alla guida.

Che la Corte ha ritenuto che non erano emersi elementi che consentissero di affermare che il danno del veicolo fosse stato causato dal M. per un comportamento connotato da colpa grave. Ciò in quanto non era contestato che un collega che stava aiutando il M. ad effettuare la manovra di retromarcia si era allontanato, senza avvertire, prima che l’ostacolo fosse stato superato e la manovra fosse stata condotta a termine, che pertanto nessuna colpa si poteva attribuire al M. per aver interpretato detto allontanamento come un cessato pericolo, che consentiva di proseguire in retromarcia.

Che avverso la sentenza ha proposto opposizione la società AMIU affidato a quattro motivi. Cui ha opposto difese con controricorso M..

Che entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

Che con il ricorso la società ricorrente lamenta:

1) La violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli artt. 115,116 e 134 c.p.c., dell’art. 2967 c.c., oltre che omessa e contraddittoria motivazione per violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Secondo la ricorrente società vi sarebbe stato un vizio totale di motivazione e una completa omissione di valutazione delle circostanze di fatto che costituivano l’oggetto del giudizio, non vi sarebbe stata enucleazione e valutazione degli elementi di fatto che costituivano il fondamento del diritto azionato, essendosi limitata la sentenza impugnata ad una riforma senza indicare però i vizi specifici della decisione di primo grado, senza motivare sulla richiesta di ammissione delle prove dedotte nel giudizio di opposizione, con violazione dell’art. 134 c.p.c.

2) La violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., comma 2, oltre che omessa ed insufficiente motivazione in ordine a punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè la Corte territoriale, ritenendo che si fosse trattato di una condotta incolpevole da parte del lavoratore, si sarebbe basata su di un fatto non allegato e non provato, ossia ” la manovra avvenuta in uno spazio ristretto”.

3) La violazione e falsa applicazione dell’art. 7 codice disciplinare aziendale e dell’art. 34 del CCNL del settore, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte di merito erroneamente valutato la colpa del M. senza considerare la gravità della stessa, atteso che pur munito di idonei sistemi tecnologici all’interno dell’automezzo, aveva sbagliato la manovra,cosi da non considerare applicabile quanto previsto dalla disciplina contrattuale che,in caso di colpa grave del lavoratore, prevede l’obbligo di risarcire l’impresa datrice di lavoro.

Che i motivi sono inammissibili. In particolare i primi due, che possono esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, lamentano vizi distinti ma finiscono per articolare una medesima censura.

Che infatti il vizio di violazione di legge postula la deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del giudice di merito, della fattispecie astratta prevista dalla norma di legge, e dunque si riferisce ad un vizio interpretativo della stessa, laddove invece la deduzione di un’errata ricognizione della fattispecie concreta in base alle risultanze di causa, non afferendo all’esatta interpretazione della norma di legge rientra nella tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile soltanto sotto l’aspetto motivazionale (cfr Cass. tra le tante 10127/06 e 4178/07).

Come questa Corte ha rilevato (cfr Cass. n. 9793/2013) è ammissibile cumulare in un unico motivo le censure di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, allorchè esso comunque evidenzi specificamente la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto. La formulazione del motivo deve cioè permettere “di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerate” (Così Cass. n. 9100/2015).

Che nel caso in esame la società ricorrente in realtà deduce l’erronea applicazione della norma legge e allo stesso tempo una omessa motivazione, in ragione della non condivisa valutazione delle risultanze di causa, sia con riferimento alle deduzioni in fatto indicate nel proprio ricorso in opposizione di primo grado dove lamenta la mancata motivazione da parte della Corte di merito sulla richiesta di ammissione delle prove su tali circostanze, sia con riferimento all’errata valutazione delle dichiarazioni rese nell’interrogatorio libero del M..

Che non ha peraltro prodotto la società, tra i documenti elencati in ricorso e depositati, proprio l’atto di opposizione in primo grado, di cui ha soltanto trascritto i capitoli di prova, con violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in termini di violazione del principio di autosufficienza.

Che egualmente inammissibile è il terzo motivo di ricorso per difetto di specificità.

Come statuito da questa corte (cfr Cass. 28428/2016)” il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve essere dedotto, a pena d’inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366 c.p.c., n. 4, non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione “.

Che nel caso in esame la ricorrente lamenta la violazione della disciplina contrattuale, censurando il giudizio della corte territoriale nell’escludere la sussistenza di una colpa grave nella condotta del M.. Ma l’art. 7 richiamato codice disciplinare Aziendale prevede soltanto che “nel caso di dolo o colpa grave il dipendente dovrà altresì risarcire l’Azienda del danno prodotto”. La ricorrente non spiega quale sarebbe l’errata applicazione o interpretazione della norma contrattuale richiamata con riferimento alla valutazione fornita dalla corte territoriale della condotta del M., che non è stata ritenuta gravemente colposa. La motivazione infatti, prescindendo da qualsiasi richiamo al dettato contrattuale, si è riferita solo alle risultanze probatorie che ha ritenuto, sia pure in maniera poco argomentata, non idonee per affermare che il danno al veicolo aziendale fosse stato provocato da un comportamento connotato da colpa grave.

Che il ricorso deve pertanto dichiararsi inammissibile. Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, vanno poste a carico della società ricorrente, soccombente.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 17 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2017

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