Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23857 del 23/11/2016


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Cassazione civile sez. trib., 23/11/2016, (ud. 18/10/2016, dep. 23/11/2016), n.23857

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BOTTA Raffaele – Presidente –

Dott. ZOSO Liana M. T. – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12944-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Z.G.A., F.M.G., F.M.A.,

M.G., Z.M., Z.L., M.T., FLAI

IMMOBILIARE DI T.P. E C. SAS in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA

PASQUALE STANISLAO MANCINI 2, presso lo studio dell’avvocato PIETRO

CICERCHIA, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati

FORTUNATO TAGLIORETTI, ANTONIO GIACOMO M. BOLONDI giusta delega a

margine;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 22/2011 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 10/02/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/10/2016 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito per il ricorrente l’Avvocato MARCHINI che si riporta al

ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS MARIELLA che ha concluso per l’accoglimento del 1 motivo di

ricorso, assorbiti gli altri.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO

L’agenzia delle entrate propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 22/06/11 del 10 febbraio 2011, con la quale la commissione tributaria regionale Lombardia, in riforma della prima decisione, ha annullato l’avviso di rettifica e liquidazione (per Euro 116,00/mq.) notificato alla Flai Immobiliare sas ed altri, in relazione al valore di mercato di alcuni terreni edificabili dichiarato dai contraenti (in Euro 77,50/mq.) in atto di compravendita del 28 dicembre 2006.

In particolare, ha rilevato la commissione tributaria regionale la carenza di motivazione dell’atto impositivo; in quanto privo dei criteri di determinazione del valore venale in comune di commercio dei terreni e, inoltre, facente riferimento al valore risultante da una dichiarazione di successione non allegata, estranea alle parti, ed avente ad oggetto terreni asseritamente similari, ma non meglio precisati.

Resistono con controricorso e memoria i contribuenti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p. 1. Con il primo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51 con riferimento al D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 14, comma 1, per avere la commissione tributaria regionale negato la legittimità della determinazione del valore venale dei terreni mediante richiamo ad una dichiarazione di successione concernente terreni analoghi.

Il motivo non può trovare accoglimento, risultando finanche inammissibile là dove mostra di non aver colto l’esatta ratio decidendi della commissione tributaria regionale.

Quest’ultima non ha affatto stabilito un principio di diritto (che sarebbe effettivamente erroneo, se pronunciato) in base al quale il valore venale in comune commercio dell’immobile non può in alcun caso essere tratto da una dichiarazione di successione pertinente alla fattispecie; essa si è invece limitata a rilevare come, nella concretezza del caso, l’avviso di rettifica non potesse ritenersi adeguatamente motivato sol perchè richiamante i valori di una dichiarazione di successione inadatta allo scopo.

E ciò perchè si trattava di una dichiarazione di successione che non poteva rendere i contribuenti adeguatamente edotti dei parametri di comparabilità estimativa dei beni, in quanto: – non allegata nè riprodotta nell’avviso; – concernente un atto privato intercorso tra diversi soggetti, e non di pubblico dominio; – indicata con estremi incompleti.

Tutto ciò impediva ai contribuenti di individuare – dall’avviso – comprensibili criteri di determinazione comparativa del maggior valore rettificato.

La valutazione così resa dal giudice di merito non soltanto non integra la violazione normativa lamentata, ma attua essa stessa – nella peculiarità del caso – univoche disposizioni legislative, secondo cui l’atto impositivo deve essere motivato (L. n. 212 del 2000, art. 7) alla stregua dei provvedimenti amministrativi, ex L. n. 241 del 1990, art. 3, indicando “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che determinano la decisione dell’amministrazione”; e, inoltre, deve contenere (D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 2), oltre all’indicazione del valore attribuito a ciascuno dei beni o diritti presi in considerazione, nonchè delle aliquote applicate nel calcolo della maggiore imposta, anche l’indicazione “degli elementi di cui all’art. 51 in base ai quali (il valore attribuito) è stato determinato”. A sua volta, l’art. 51, commi 2 e 3 stabilisce che per gli atti che hanno ad oggetto beni immobili, diritti reali immobiliari ed aziende, per “valore” si intende il “valore venale in comune commercio”; che l’ufficio determina avendo riguardo ai trasferimenti, divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data dell’atto, relativi all’immobile oggetto di accertamento o ad immobili simili; ovvero al reddito netto capitalizzato producibile dall’immobile, nonchè ad ogni altro elemento di valutazione, anche sulla base di indicazioni eventualmente fornite dai Comuni.

Ancora, il cit. art. 52, comma 2 bis (introdotto dal D.Lgs. n. 32 del 2001, art. 4), stabilisce anch’esso – a pena di nullità – che l’atto debba indicare “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato”; aggiungendosi, in sede di specificazione della regola generale di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 7 cit., che se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto nè ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale.

La sentenza della commissione tributaria regionale non si è dunque discostata da tali principi, nel momento in cui ha rilevato come il richiamo – quale metro comparativo – alla dichiarazione di successione, non fosse qui sufficientemente concreto ed attingibile da porre in condizione i contribuenti di percepire e riconoscere gli esatti termini della pretesa impositiva.

p. 2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo del giudizio, rappresentato dalla asserita inidoneità della motivazione dell’avviso di rettifica, in quanto facente richiamo al valore indicato in una dichiarazione di successione (del giugno 2004 e, quindi, anteriore alla compravendita in oggetto), di cui l’avviso stesso riportava gli estremi; i valori indicati; il metodo di calcolo utilizzato nella stima dei terreni dedotti in giudizio.

Nemmeno questa doglianza è meritevole di accoglimento.

L’avviso in questione (il cui contenuto essenziale è stato riportato dall’agenzia delle entrate in ricorso) faceva sì riferimento a taluni estremi della dichiarazione di successione presa a riferimento (Succ. n. 13 Vol. 523 Magenta), ma non ne riportava nè specificava in alcun modo il contenuto, in ordine all’aspetto qualificante costituito dalla identificazione dei terreni colà contemplati e dalle concrete caratteristiche e condizioni di comparabilità con quelli oggetto di verifica. Tanto che non può trovare smentita quanto osservato dai contribuenti (controricorso, pag. 46), secondo cui “a tutt’oggi, davanti a codesta S.C., i contribuenti continuano ad ignorare quali terreni in concreto sono stati presi a riferimento per rettificare il valore di quelli oggetto del contratto di compravendita di cui è causa”.

Orbene, la sentenza della commissione tributaria regionale (pag.3) dà sinteticamente ma esaurientemente conto di tale situazione; evidenziando il proprio convincimento in ordine al fatto che la motivazione dell’avviso di rettifica in esame si mantenesse “astratta”, “incompleta” ed “incomprensibile” ai destinatari. E ciò in quanto carente di adeguata concretizzazione anche, tra il resto, nel richiamo alla dichiarazione di successione; privo, come detto, dell’indicazione dei presupposti di comparabilità dei terreni.

Sulla scorta del su menzionato disposto normativo (p. 1.), la giurisprudenza di legittimità si è attestata nell’affermare, anche con specifico riguardo all’imposta di registro, che “l’obbligo della motivazione dell’avviso di accertamento in rettifica del valore risulta assolto quando l’Ufficio enunci il “petitum”, ed indichi le relative ragioni in termini sufficienti a definire la materia del contendere” (Cass. n. 25559 del 03/12/2014; Cass. n. 4289/15); aggiungendosi che il parametro di sufficienza e satisfattività dell’obbligo di motivazione dell’atto deve essere vagliato nell’ottica del concreto esercizio del diritto di difesa del contribuente, atteso che: “in materia tributaria, l’obbligo di motivazione dell’atto impositivo persegue il fine di porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa, in modo da poter valutare sia l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale sia, in caso positivo, di contestare efficacemente l'”an” ed il “quantum debeatur”; sicchè tali elementi conoscitivi devono essere forniti all’interessato “non solo tempestivamente, tramite l’inserimento “ab origine” nel provvedimento, ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità idonei a consentire un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa” (Cass. n. 7056/14; così Cass. 16836/14 ed altre).

Ancor più recentemente si è ribadito (Cass. 11560/16) che l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento di maggior valore deve ritenersi adempiuto mediante l’enunciazione del criterio astratto in base al quale è stato rilevato; ma a condizione che esso contenga “le specificazioni in concreto necessarie per consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa e per delimitare l’ambito delle ragioni deducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa”.

Orbene, la commissione tributaria regionale ha dato conto del proprio convincimento in ordine alla mancanza, nell’atto di rettifica in questione, di tali requisiti minimi di motivazione; con conseguente esclusione del vizio di motivazione qui dedotto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

p. 3. Con il terzo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate lamenta insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo del giudizio, rappresentato dalla affermata inidoneità della motivazione dell’avviso di rettifica, in quanto facente richiamo al criterio astratto del valore di mercato dei terreni; senza considerare che tale criterio faceva riferimento ad un atto di definizione (prodotto nel giudizio di primo grado) intercorso tra l’agenzia delle entrate di Magenta ed i medesimi contribuenti, ed inoltre relativo a terreni compravenduti nella medesima zona.

La censura è infondata.

L’avviso di rettifica in oggetto prendeva a riferimento, per un terreno, i “valori medi di mercato all’epoca del trasferimento” (determinati in Euro 116,00/mq); e, per altro terreno posto in zona D2 industriale, il valore definito in Euro 125,00/mq. nella più volte richiamata dichiarazione di successione (ridotto a 116,00 Euro/mq, in forza di abbattimento del 20 % per inserimento dell’area in un piano di lottizzazione con cessione di porzione).

Vale anche per questa doglianza quanto finora osservato sui requisiti normativi e giurisprudenziali della motivazione dell’atto impositivo.

Anche per questa doglianza, in particolare, la commissione tributaria regionale dà compiutamente conto delle ragioni del proprio convincimento in ordine al fatto che l’avviso di rettifica non contenesse sufficienti elementi di concretizzazione del maggior valore; non soltanto, per le dette ragioni, con riguardo alla dichiarazione di successione, ma anche al richiamo generico ai “valori medi di mercato”.

Si tratta, del resto, di elementi di specificazione della pretesa che debbono essere necessariamente contenuti nell’avviso, non potendo essere forniti solo in corso di causa; allorquando il contribuente ha già “consumato” la propria potestà oppositiva mediante la determinazione iniziale di motivi di impugnazione dell’atto che la legge vuole specifici, circostanziati e stabili per tutto il corso del giudizio.

Riscontrata la sufficienza della motivazione giudiziale, non può esservi spazio – in sede di controllo di legittimità – per una diversa valutazione di merito sulla concreta ed effettiva rispondenza dell’avviso di rettifica in questione al modello legale di riferimento.

Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE

Rigetta il ricorso;

condanna l’agenzia delle entrate al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 7.000,00 per compenso professionale; oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 18 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2016

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