Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23856 del 25/09/2019

Cassazione civile sez. trib., 25/09/2019, (ud. 12/06/2019, dep. 25/09/2019), n.23856

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore generale pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende.

– ricorrente –

contro

NUOVA CEAM s.r.l., in persona del Direttore generale pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via F.Confalonieri n. 5 presso lo

studio dell’Avv. Luigi Manzi che la rappresenta e difende unitamente

all’Avv. Giacomo Gussoni per procura in calce al controricorso.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 63/12/12 della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia, depositata il 14.5.2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12.06.2019 dal Consigliere Dott.ssa Crucitti Roberta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Salzano Francesco che ha concluso per l’accoglimento del ricorso,

annullamento della sentenza con rinvio;

udito per la ricorrente l’Avv. Giammario Rocchitta;

udito per la controricorrente l’Avv. Gianluca Calderera per delega

dell’Avv. Luigi Manzi.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Sulla base di un controllo della documentazione prodotta in esito all’accesso, l’Ufficio, rilevando una serie di costi non documentati, rettificò la dichiarazione dei redditi presentata, per l’anno di imposta 2003, dalla Nuova Ceam s.r.l. accertando, ai fini dell’IRPEG l’emersione di reddito di impresa, un maggiore valore della produzione netta ai fini dell’IRAP, e una maggiore IVA dovuta.

Conclusosi negativamente il tentativo di accertamento con adesione, la Società propose ricorso avverso l’atto impositivo che veniva integralmente accolto dalla C.T.P. di Varese, la quale riteneva che tutti i costi, contestati, erano interamente deducibili dal reddito di impresa.

La decisione, appellata dall’Agenzia delle Entrate, veniva confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (d’ora in poi C.T.R.) la quale ribadiva che la contribuente aveva documentato l’effettivo costo delle spese sostenute riguardanti l’esercizio di imposta 2003, la loro inerenza e deducibilità fiscale.

Ricorre avverso la sentenza, l’Agenzia delle entrate sulla base di quattro motivi.

La Società resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1 Con il primo motivo, e con riferimento al primo rilievo concernente il recupero a tassazione delle spese legali e competenze professionali, l’Agenzia delle entrate deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione e falsa applicazione dell’art. 75 TUIR (applicabile ratione temporis), laddove la C.T.R. aveva implicitamente ritenuto corretto l’operato della contribuente che tali spese aveva dedotto nell’anno 2003, data in cui aveva ricevuto le relative fatture, e non negli anni 2001 e 2002 in cui erano state rese le prestazioni.

1.1 D motivo è fondato.

1.2 In tema di imposte sui redditi d’impresa, il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109 (già art. 75) ha sancito, quale regola generale per l’imputazione temporale dei componenti di reddito, il principio di competenza, ossia che i ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui è sorto l’obbligo giuridico al sostenimento dell’onere e non in quello in cui il costo è stato assolto.

In particolare, i costi relativi a prestazioni di servizio sono ai sensi dell’art. 109 TUIR (già art. 75), comma 2, lett. b), – di competenza dell’esercizio in cui le prestazioni medesime sono ultimate, senza che abbia rilevo alcuno il momento in cui viene emessa la relativa fattura o effettuato il pagamento (v. Cass. n. 27296 del 2014), con l’unica eccezione per i contratti di locazione, mutuo, assicurazione o altri contratti da cui derivino corrispettivi periodici, in relazione ai quali le spese per i corrispettivi sono imputabili all’esercizio di maturazione degli stessi (Cass. n. 9096 del 2012).

I componenti negativi che concorrono a formare il reddito possono, peraltro, essere imputati all’anno di esercizio in cui ne diviene certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare, qualora di tali qualità fossero privi nel corso dell’esercizio di competenza (v.Cass. n. 3368 del 2013). Ne deriva che, anche in questi casi, l’esercizio di competenza è quello nel quale nasce e si forma il titolo giuridico, limitandosi il legislatore soltanto a prevedere una deroga al principio della competenza, consentendo la deducibilità di queste particolari spese nel diverso esercizio nel quale si raggiunge la certezza della loro esistenza ovvero la determinabilità, in modo obiettivo, del relativo ammontare.

In materia, questa Corte (Sentenza n. 27296 del 23/12/2014) ha, così, statuito che “In tema di imposte sui redditi, i costi relativi a prestazioni di servizio sono, a norma del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75 (ora art. 109), comma 2, lett. b), di competenza dell’esercizio in cui le prestazioni medesime sono ultimate, senza che abbia rilevo alcuno il momento in cui viene emessa la relativa fattura o effettuato il pagamento”. Principio ribadito con la sentenza n. 16969 del 2016 la quale ha precisato che “in materia di prestazioni professionali vige la regola della postnumerazione (artt. 2225 e 2233 c.c.), secondo la quale il diritto al compenso pattuito si matura una volta posta in essere una prestazione tecnicamente idonea a raggiungere il risultato a cui la prestazione è diretta (regola mitigata da un duplice ordine di diritti del professionista: quello all’anticipo delle spese occorrenti all’esecuzione dell’opera e quello all’acconto da determinarsi secondo gli usi sul compenso da percepire una volta portato a termine l’incarico – Cass. 10 novembre 2006, n. 24046). La prestazione difensiva ha così carattere unitario e ciò importa che gli onorari di avvocato debbano essere liquidati in base alla tariffa vigente nel momento in cui la prestazione è condotta a termine per effetto dell’esaurimento o della cessazione dell’incarico professionale, unitarietà che va rapportata ai singoli gradi in cui si è svolto il giudizio, e quindi al momento della pronunzia che chiude ciascun grado (fra le tante Cass. 3 agosto 2007, n. 17059). Ulteriore manifestazione dell’unitarietà della prestazione è la decorrenza della prescrizione. Ai sensi dell’art. 2957 c.c. la prescrizione del diritto dell’avvocato al compenso decorre dal momento dell’esaurimento dell’affare per il cui svolgimento fu conferito l’incarico dal cliente (Cass. 30 giugno 2015, n. 13401)”.

1.3 Ne consegue l’erroneità della sentenza impugnata che, nel ritenere corretto l’operato della Società, ha affermato che la spesa per prestazione professionale dell’avvocato potesse essere dedotta nell’esercizio in cui era stata ricevuta la relativa fattura e non alla data di ultimazione della prestazione.

2 Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omessa motivazione in relazione a un fatto decisivo per il giudizio discusso tra le parti, in relazione al secondo rilievo concernente il recupero a tassazione di costi per prestazioni di terzi con esclusivo riferimento all’attività svolta in favore della Società dal sig. C.H..

2.1 La censura è fondata. Per il consolidato orientamento di questa Corte (Cass. n. 15964 del 29/07/2016, id.n. 32980 del 20/12/201) ai fini della sufficienza della motivazione della sentenza, il giudice non può, quando esamina i fatti di prova, limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perchè questo è il solo contenuto “statico” della complessa dichiarazione motivazionale, ma deve anche descrivere il processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua situazione di iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto “dinamico” della dichiarazione stessa.

2.2 Nel caso in esame la C.T.R. si è limitata ad affermare che i costi erano stati regolarmente documentati da contratti e da fatture cosi come erano state documentate inerenza e deducibilità, senza specificare in alcun modo sulla base di quale percorso motivazionale sia giunta a tale conclusione/ a fronte dei fatti di segno diverso prospettati dall’Agenzia delle Entrate.

3 Con il terzo motivo, formulato con riferimento al quarto rilievo concernente il recupero a tassazione delle somme dedotte quali spese promozionali, l’Agenzia delle Entrate deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 74 TUIR (nella versione applicabile ratione temporis).

3.1 La censura è fondata. E’ rimasto incontestato che, nella specie, si trattava di costi relativi a spese per vitto e alloggio..per ospitare clienti, agenti e fornitori in occasione di visite alle sedi produttive dell’azienda, o in occasione di mostre e fiere in cui erano esposti i prodotti commercializzati dalla stessa.

3.2 In materia la giurisprudenza di questa Corte (cfr. di recente, Cass. n. 12676 del 23/05/2018; id n. 3087 del 17/02/2016) è ferma nel ritenere che “in tema di redditi d’impresa, il criterio discretivo tra spese di rappresentanza e spese di pubblicità va individuato negli obbiettivi, anche strategici, perseguiti mediante le stesse, che, nella prima ipotesi, coincidono con la crescita d’immagine ed il maggior prestigio, nonchè con il potenziamento delle possibilità di sviluppo della società, mentre, nell’altra, consistono in una diretta finalità promozionale e di incremento commerciale, concernente la produzione realizzata in un determinato contesto.

3.3 Appare evidente, nella specie, che non è stata fornita dimostrazione alcuna che le spese sostenute e dedotte abbiano avuto una diretta finalità promozionale e di incremento commerciale con conseguente cassazione sul punto della sentenza impugnata che si è discostata dai principi sanciti da questa Corte nell’interpretazione della normativa di riferimento.

4 Infine, con il quarto motivo, la ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, non essersi la C.T.R. pronunciata, con violazione dell’art. 112 c.p.c., sullo specifico motivo di appello relativo al recupero a tassazione delle spese per le trasferte dei dipendenti.

4.1 Anche tale censura è fondata. La C.T.R., come evincibile dalla motivazione della sentenza impugnata, ha del tutto obliterato l’esame di tale specifico mezzo di impugnazione ritualmente introdotto dall’Agenzia.

5.Conclusivamente, in accoglimento di tutti i motivi di ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, la quale provvederà al riesame, adeguandosi ai principi sopra esposti, e regolerà le spese di questo giudizio.

P.Q.M.

accoglie il ricorso;

cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 12 giugno 2019.

Depositato in cancelleria il 25 settembre 2019

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