Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23853 del 29/10/2020

Cassazione civile sez. I, 29/10/2020, (ud. 10/09/2020, dep. 29/10/2020), n.23853

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7580/2018 proposto da:

C.A., T.I., elettivamente domiciliati in Roma, Via

Topino n. 35, presso lo studio dell’avvocato Loy Gian Luigi,

rappresentati e difesi dall’avvocato Vitacchio Piero, giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Italfondiario S.p.a., quale procuratore speciale di Intesa Sanpaolo

S.p.a. e di Cassa di Risparmio del Veneto S.p.a., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Via di Villa Grazioli n. 15, presso lo studio dell’avvocato

Gargani Benedetto, rappresentata e difesa dagli avvocati Fanchin

Giuseppe, Magaraggia Michele, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2960/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 27/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/09/2020 dal Cons. Dott. FALABELLA MASSIMO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo,

rigetto del secondo;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato Gian Luigi Loy, con delega orale,

che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – C.A. e T.I. proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo con cui era stato loro intimato il pagamento della somma di Euro 99.025,55 quale esposizione debitoria di un conto corrente e di un contratto di mutuo: il decreto ingiuntivo era stato emesso su ricorso di Italfondiario s.p.a., nella qualità di procuratrice di Intesa Sanpaolo s.p.a. e di Cassa di Risparmio del Veneto s.p.a..

Il Tribunale di Vicenza revocava il provvedimento monitorio ritenendo sussistente l’applicazione di interessi usurari in alcuni periodi del rapporto bancario e rilevando, inoltre, l’applicazione di interessi anatocistici fino al 22 aprile 2000: condannava così gli opponenti al pagamento della somma di Euro 73.558,41.

2. – La Corte di appello di Venezia, avanti alla quale era proposta impugnazione, sia in via principale che incidentale, riformava la sentenza di prime cure e condannava i predetti C. e T. al pagamento della maggior somma di Euro 92.057,47. Il giudice del gravame per un verso disattendeva la doglianza degli originari ingiunti vertente sulla contestata applicabilità della Delib. CICR 9 febbraio 2000: doglianza fondata sull’effetto caducatorio che si sarebbe determinato in forza della sentenza della Corte costituzionale, n. 425 del 2000, e che avrebbe interessato anche il regime transitorio regolamentato dalla nominata Delib.; per altro verso, negava che dovessero essere stornati dal conto gli interessi che il Tribunale aveva ritenuto essere usurari: ciò, sia in quanto nella fattispecie la disciplina introdotta dalla L. n. 108 del 1996, non era applicabile al contratto di conto corrente per cui è causa, sia perchè, in ogni caso, le commissioni di massimo scoperto non dovevano essere computate ai fini della verifica della superamento del tasso soglia.

3. – La sentenza è stata impugnata per cassazione da C. e T., che hanno fatto valere valere due motivi; resistono con controricorso Intesa Sanpaolo e Cassa di Risparmio del Veneto, che hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo sono denunciate violazione e falsa applicazione dell’art. 1283 c.c., della Delib. CICR 9 febbraio 2000 e del D.Lgs. n. 342 del 1999, art. 25. Assumono i ricorrenti che la declaratoria di incostituzionalità del D.Lgs. n. 342 del 1999, art. 25, comma 3 – con cui era stata riconosciuta la validità delle pregresse clausole che prevedevano la produzione degli interessi anatocistici -aveva inciso sulla Delib. del CICR: Delibera che, all’art. 7, dettava i criteri per l’adeguamento dei vecchi contratti, ammettendo la capitalizzazione degli interessi, ove attuata in condizioni di reciprocità. In tal senso, ad avviso degli istanti, la Corte di appello avrebbe dovuto ritenere illegittima la contabilizzazione, in danno del correntista, degli interessi anatocistici maturati dopo il 22 aprile 2000.

Il motivo è fondato.

Questa Corte si è di recente espressa nel senso che in ragione della pronuncia di incostituzionalità del D.Lgs. n. 342 del 1999, art. 25, comma 3, le clausole anatocistiche inserite in contratti di conto corrente conclusi prima dell’entrata in vigore della Delib. CICR 9 febbraio 2000 sono radicalmente nulle, con conseguente impraticabilità del giudizio di comparazione previsto dell’art. 7, comma 2 della Delib. del CICR teso a verificare se le nuove pattuizioni abbiano o meno comportato un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, sicchè in tali contratti perchè sia introdotta validamente una nuova clausola di capitalizzazione degli interessi, è necessaria una espressa pattuizione formulata nel rispetto dell’art. 2 della predetta Delib. (Cass. 19 maggio 2020, n. 9140).

2. – Il secondo mezzo censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 644 c.p., della L. n. 108 del 1996 e dell’art. 1815 c.c.. I ricorrenti contestano la legittimità dell’affermazione della Corte di appello, secondo cui la commissione di massimo scoperto non entrerebbe nel calcolo del tasso effettivo globale: e ciò in quanto la stessa rientrerebbe tra i costi legati all’erogazione del credito; rilevano inoltre i ricorrenti che non potrebbe attribuirsi rilievo alle istruzioni emanate in materia dalla Banca d’Italia, giacchè le stesse, ove illegittime, non potrebbero ritenersi vincolanti.

Il motivo è inammissibile.

Una delle rationes decidendi della decisione assunta dal giudice distrettuale si fonda sul rilievo per cui il conto corrente era stato acceso il 21 luglio 1994, in epoca precedente all’entrata in vigore della L. n. 108 del 1996: sicchè doveva escludersi l’applicabilità della disciplina normativa introdotta da tale legge al rapporto contrattuale in questione. Tale argomento, che risulta oltretutto conforme all’arresto di Cass. Sez. U. 19 ottobre 2017, n. 24675, non è stato specificamente impugnato e ciò destina la censura alla statuizione di inammissibilità. Come è noto, difatti, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidendi, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione (per tutte: Cass. Sez. U. 29 marzo 2013, n. 7931; Cass. 4 marzo 2016, n. 4293).

3. – In conclusione, va accolto il primo motivo, mentre il secondo deve essere dichiarato inammissibile; la sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte di Venezia che, in diversa composizione, deciderà pure in merito alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il primo motivo e dichiara inammissibile il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 10 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2020

 

 

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