Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2385 del 29/01/2019

Cassazione civile sez. trib., 29/01/2019, (ud. 23/01/2018, dep. 29/01/2019), n.2385

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA E. Luigi – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO A. Mar – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso iscritto al numero 7625 del ruolo generale dell’anno

2010, proposto da:

s.p.a. San Domenico Vetraria, in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura speciale a

margine del ricorso, dagli avvocati Luigi Albisinni e Achille

Buonafede, presso lo studio dei quali in Roma, alla via Zanardelli,

n. 20, elettivamente si domicilia;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si

domicilia;

– controricorrente –

e nei confronti di:

Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del ministro pro

tempore;

– intimato –

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23

gennaio 2018 dal relatore cons. Angelina-Maria Perrino;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Zeno

Immacolata, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Si legge nella narrativa della sentenza impugnata che una verifica parziale ai fini iva consentì di accertare, in relazione all’anno 2004, che un dirigente della s.p.a. Avir, società controllante la s.p.a. San Domenico Vetraria, era stato distaccato presso la controllata con l’incarico di direttore di uno degli stabilimenti di questa e che le relative voci di costo erano state addebitate alla distaccataria;

2. – la s.p.a. San Domenico Vetraria ricevette dunque dalla propria controllante fatture recanti importi corrispondenti a quelli sostenuti per i costi del dirigente distaccato e, nel rimborsarli, applicò l’iva, ai fini del successivo esercizio del relativo diritto di detrazione;

3. – di contro, l’Agenzia sostenne che i rimborsi, non afferendo a prestazioni di servizi tra controllante e controllata, fossero fuori campo iva; sicchè recuperò l’iva che la contribuente aveva a quel titolo detratto;

4. – l’Agenzia rilevò inoltre che la contribuente aveva acquistato rifiuti d’imballaggio di vetro e di rottami di vetro, ma senza assoggettare le operazioni all’iva; di modo che recuperò anche la relativa iva non assolta;

5. – la società impugnò il conseguente avviso di accertamento, senza successo nè in primo, nè in secondo grado;

6. – in particolare, quanto al primo aspetto, il giudice d’appello ha ritenuto applicabile la L. 11 marzo 1988, n. 67, art. 8,comma 35, di modo che, mancando la prova che il dipendente distaccato ricevesse una maggiorazione di somme o esercitasse funzioni diverse da quelle già svolte presso la distaccante, ha sostenuto che fossero stati eseguiti meri rimborsi non imponibili;

7. – quanto al secondo, ha qualificato le cessioni dei rifiuti di imballaggio di vetro come prestazioni di servizi rientranti nel punto 127-sexiesdecies della tabella A), parte III, allegata al D.P.R. n. 633 del 1972; sicchè le ha ritenute assoggettabili ad iva, nella misura del 10%;

8. – contro questa sentenza propone ricorso la s.p.a. San Domenico Vetraria per ottenerne la cassazione, che affida a quattro motivi, che illustra con memoria, cui l’Agenzia reagisce con controricorso;

9. – il giudizio proviene da adunanza camerale, in esito alla quale è stata fissata la pubblica udienza; quindi, sollecitato il contraddittorio sulla questione, rilevata d’ufficio, della possibile incompatibilità col diritto unionale della normativa interna applicabile, le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE.

I termini della questione.

10. – La Corte ritiene che, tenuto conto della giurisprudenza unionale e nazionale in materia, decisivo rilievo ai fini della soluzione della controversia, concernente il trattamento ai fini iva del distacco di personale fronteggiato dal rimborso dei relativi costi, assume la questione concernente la configurabilità di tale operazione come imponibile.

Infatti, la società ricorrente, col secondo motivo di ricorso, si duole della violazione o falsa applicazione della L. n. 67 del 1988, art. 8, comma 35, dell’art. 12 preleggi, degli artt. 1321 e 1322 c.c., con riguardo alla L. n. 212 del 2000, art. 10,comma 1, e della correlativa omessa, o insufficiente o contraddittoria motivazione, là dove il giudice d’appello ha ravvisato, quanto al distacco del dipendente, una mera operazione di rimborso, in quanto tale non imponibile, trascurando perdipiù le particolari funzioni assegnate al dirigente e l’insussistenza di qualsivoglia danno per l’erario.

10.1. – Nè la rilevanza della questione è esclusa dall’esame del primo motivo di ricorso, col quale la società denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., e dell’art. 324 c.p.c., perchè il giudice d’appello non ha dato conto di altra sentenza pronunciata dalla medesima Commissione (la n. 92/41/08 del 16 maggio 2008), depositata in data 5 giugno 2008 sui medesimi fatti e le identiche questioni di diritto.

Ciò perchè questo motivo è inammissibile.

Come la stessa società riferisce, difatti, la sentenza invocata è stata pubblicata in data 5 giugno 2008, di modo che è divenuta cosa giudicata, in mancanza d’impugnazione, il 21 luglio 2009, ossia antecedentemente alla pubblicazione di quella d’appello. Quando, allora, la contribuente ha evocato quella sentenza, ossia “con ricorso depositato in data 9.7.2008”, il giudicato non si era ancora formato, sicchè nessuna eccezione di giudicato essa ha proposto.

Ne consegue l’applicabilità dell’art. 395 c.p.c., n. 5, che configura espressamente come motivo di revocazione l’ipotesi che la sentenza sia “contraria ad altra precedente avente tra le parti autorità di cosa giudicata, purchè non abbia pronunciato sulla relativa eccezione” (arg., tra varie, da Cass., sez. un., 20 ottobre 2010, n. 21493; 4 novembre 2015, n. 22406).

Il diritto dell’Unione.

La nozione di prestazione di servizi imponibile.

11. – In generale, come già la sesta Dir. n. 77/388/Cee del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, la Dir. 28 novembre 2006 n. 2006/112/Ce attribuisce un’amplissima sfera di applicazione all’Iva, elencando, all’art. 2, relativo alle operazioni imponibili, oltre alle importazioni di beni, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisca in quanto tale (Corte giust. 3 settembre 2015, causa C-463/14, Asparuhovo Lake Investment Company 00D, punto 33).

L’art. 6 della sesta direttiva, applicabile all’epoca dei fatti, stabilisce poi che:

“1. Si considera “prestazione di servizi” ogni operazione che non costituisce cessione di un bene ai sensi dell’art. 5″.

11.1. – La nozione di “prestazione di servizi”, ai sensi della Dir. IVA, dev’essere interpretata indipendentemente dagli scopi e dai risultati delle operazioni di cui trattasi (Corte giust. 22 novembre 2018, causa C295/17, MEO – Servicos de Comunicacoes e Multimedia SA, punto 60).

A ogni modo, l’art. 9 della sesta direttiva, come l’omologo art. 56 della direttiva Iva, annovera tra le prestazioni di servizi la “messa a disposizione di personale”; e uno degli strumenti mediante i quali avviene tale messa a disposizione è appunto il distacco.

La nozione di corrispettivo.

12. – La valutazione se il pagamento di una remunerazione avvenga come corrispettivo di una prestazione di servizi è una questione di diritto dell’Unione, la quale deve essere risolta indipendentemente dalla valutazione operata nel diritto nazionale (Corte giust. causa C-295/17, cit., punto 69); sicchè è di per sè irrilevante la qualificazione, contenuta nel diritto nazionale, di una corresponsione di somme come rimborso e non già come corrispettivo.

12.1.- Una prestazione di servizi è effettuata a titolo oneroso, ai sensi e della sesta direttiva e della direttiva Iva, soltanto se esiste tra il prestatore e il beneficiario un rapporto giuridico nel corso del quale vengono scambiate prestazioni reciproche; la retribuzione percepita dal prestatore deve costituire l’effettivo controvalore del servizio fornito al beneficiario (v. Corte giust. 18 gennaio 2017, causa C-37/16, punto 25). E codesta Corte ha dichiarato che ciò si verifica quando sussiste un nesso diretto tra il servizio reso e il controvalore ricevuto, quando cioè le somme versate costituiscano l’effettivo corrispettivo di un servizio individualizzabile fornito nell’ambito di un siffatto rapporto giuridico (Corte giust. causa C-37/16, cit., punto 26).

12.2. – Non è necessario, invece, ai fini dell’iva, che lo scambio sia lucrativo, poichè è indifferente il risultato dell’operazione economica (Corte giust. 22 giugno 2016, causa C-267/15, Gemeente Woerden, punto 40, a proposito della pattuizione di un prezzo inferiore ai costì sostenuti).

La circostanza che un’operazione economica sia svolta a un prezzo uguale, superiore o inferiore al prezzo di costo è di per sè ininfluente ai fini della qualificazione di tale operazione come “negozio a titolo oneroso”, a meno che lo scarto tra i costi sostenuti e la somma ricevuta come corrispettivo sia particolarmente rilevante (Corte giust. 12 maggio 2016, causa C-520/14, a proposito di un caso in cui il contributo versato corrispondeva al tre per cento degli importi erogati dal comune per il finanziamento del trasporto scolastico).

13. – Per determinare se una prestazione di servizi è effettuata dietro compenso in modo tale da essere qualificata come attività economica si deve comunque esaminare l’insieme delle circostanze in cui è stata realizzata (Corte giust. in causa C-520/14, punto 29).

13.1.- In particolare, non pare rilevante a tal fine la circostanza che le spese sostenute dalla controllata siano corrispondenti all’ammontare delle retribuzioni e degli oneri per lavoratori dipendenti dalla controllante e, quindi, da un soggetto terzo rispetto a quello su cui finisce col gravare il relativo peso.

Codesta Corte ha difatti stabilito (Corte giust. 18 luglio 2013, causa C-124/12, Aes-3C Maritza East 1 Eood) che la Dir. Iva, art. 168, lett. a), e art. 176, comma 2, (corrispondenti alla sesta direttiva, art. 17, par. 2, lett. a, e art. 17, par. 6) devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale in forza della quale un soggetto passivo, che sostiene spese per servizi di trasporto, abiti da lavoro, dispositivi di protezione e missioni di persone che lavorano per tale soggetto passivo, non goda di un diritto a detrazione dell’iva afferente a tali spese, con la motivazione che le suddette persone sono messe a sua disposizione da un’altra entità e, ai sensi della normativa di cui trattasi, non possono quindi essere considerate come membri del personale del soggetto passivo, benchè invece tali spese possano essere considerate come aventi un nesso diretto ed immediato con le spese generali inerenti al complesso delle attività economiche del suddetto soggetto passivo.

Il diritto nazionale.

14. – Il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 3, istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto, stabilisce che:

“Costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte. Costituiscono prestazioni di servizi a titolo oneroso quelle effettuate per l’uso personale o familiare dell’imprenditore o di coloro i quali esercitano un’arte o una professione o per altre finalità estranee all’impresa o all’esercizio dell’arte o della professione”.

Il D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 30, attuazione delle deleghe in materia di occupazione e di mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30, prevede che:

“L’ipotesi del distacco si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa” (comma 1).

“In caso di distacco il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore” (comma 2).

La L. 11 marzo 1988, n. 67, art. 8, comma 35, disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1988), tuttavia, dispone che:

“35. Non sono da intendere rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo”.

14.1. – In tale contesto normativo, le sezioni unite di questa Corte (Cass., sez. un., 7 novembre 2011, n. 23021; conf., 25 luglio 2012, n. 13118; 3 agosto 2012, n. 14053; 27 febbraio 2015, n. 4044) hanno stabilito che la disposizione speciale contenuta nella L. n. 67 del 1988, art. 8, comma 35, non può essere interpretata nel senso di considerare, in caso di compenso superiore al costo, imponibile ai fini Iva la sola parte eccedente quest’ultimo, e, nel caso di compenso inferiore al costo, inapplicabile il tributo.

Ciò perchè nel caso dei distacchi “…non è questione di base imponibile, ma di rilevanza o meno dell’operazione che, ove sussistente, comporta, secondo le regole, l’imponibilità dell'(intero) importo versato dal distaccatario”. Laddove, hanno aggiunto, “la differente conclusione raggiunta dalle sentenze nn. 19129/19132 del 2010 non pare, infatti, convincente…per quanto riguarda la non assoggettabilità ad IVA dei rimborsi inferiori ai costi…”.

14.2. – Qualora, invece, il rimborso sia corrispondente all’importo dei costi sostenuti per il personale distaccato, l’operazione di distacco, in quanto non “rilevante ai fini iva”, risulterebbe non imponibile.

Per quest’aspetto, hanno sottolineato le sezioni unite, la disciplina si differenzia da quella che governa la contigua ipotesi della somministrazione di manodopera svolta da imprese autorizzate, in relazione alla quale, quanto all’iva, non si configurerebbe alcuna operazione irrilevante, bensì l'”esenzione sempre e comunque dei rimborsi, che, pertanto, non dovevano scontare l’imposta nemmeno nel caso in cui il corrispettivo globale avesse superato l’ammontare dei costi dei lavoratori”.

Difatti, in virtù della combinazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 86, comma 4, il quale ha stabilito che le disposizioni contenute nella L. n. 196 del 1997, art. 26-bis, s’intendono riferite alla disciplina della somministrazione prevista nel citato decreto, e, appunto, della L. n. 196 del 1997, art. 26-bis, al contratto di somministrazione si applica la disposizione in virtù della quale “i rimborsi degli oneri retributivi e previdenziali che il soggetto utilizzatore di prestatori di lavoro temporaneo è tenuto a corrispondere ai sensi dell’art. 1, comma 5, lett. f), all’impresa fornitrice degli stessi, da quest’ultima effettivamente sostenuti in favore del prestatore di lavoro temporaneo, devono intendersi non compresi nella base imponibile dell’Iva di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, art. 13. Resta fermo il trattamento fiscale già applicato e non si fa luogo al rimborso di imposte già pagate, nè è consentita la variazione di cui al citato decreto n. 633 del 1972, art. 26”.

14.3. – Quest’orientamento, per effetto della decisione delle sezioni unite (e delle successive a questa conformi), si può dire consolidato come diritto vivente, benchè in un’occasione siano affiorati dubbi sulla sua tenuta rispetto al diritto unionale, allorquando si è considerato (Cass. 19 febbraio 2016, n. 3285) che “la latitudine del concetto di “prestazione di servizi”…ed il fondamentale principio di neutralità fiscale dell’Iva, più volte ribadito dalla Corte di giustizia UE (v., ex plurimis, sent. 5 marzo 2015, C-479/13), potrebbero ostare, come rilevato in dottrina, ad un diverso trattamento di prestazioni riconducibili ora al distacco di personale, ora alla somministrazione di lavoro svolta da imprese autorizzate”.

Le ragioni del rinvio pregiudiziale.

15. – La norma nazionale, così come interpretata da questa Corte, induce il dubbio che sia esclusa dallo spettro di applicazione dell’iva una prestazione, come quella di messa a disposizione di personale per mezzo di distacco, fronteggiata dal rimborso del costo delle relative prestazioni, che è, invece, imponibile.

15.1. – Che l’attività in questione sia di natura economica sembra evincersi dalla necessaria sussistenza, in base al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 30, di uno specifico interesse del datore di lavoro distaccante, che la giurisprudenza di questa Corte ha ravvisato in quello volto a garantire la maggiore funzionalità dell’organizzazione comune a controllante e controllata (Cass. 21 aprile 2016, n. 8068, nonchè, con riguardo proprio all’ipotesi di distacco di un dirigente, Cass. 3 luglio 2015, n. 13673).

La sussistenza di tale interesse non è oggetto di contestazione nell’odierno giudizio e conforma quello dell’imprenditore distaccatario, che ha inserito il lavoratore (nel caso in esame, il dirigente) distaccato nella propria organizzazione produttiva.

15.2. – Che, poi, l’attività economica in questione si sia tradotta in una prestazione di servizi svolta a titolo oneroso potrebbe ricavarsi dall’ammontare della somma corrisposta dalla distaccataria, pari all’importo delle spese e degli oneri da sostenere per i lavoratori, in quanto tale non insignificante.

16. – Inoltre, la norma nazionale sembra innestare un’ingiustificata disparità di trattamento, ai fini iva, tra i diversi strumenti mediante i quali si attua la “messa a disposizione di personale”, che potrebbe incidere sul principio di neutralità fiscale, espressione, appunto, del principio generale della parità di trattamento (da ultimo, Corte giust. 19 dicembre 2018, causa C-51/18, punto 55), in virtù del quale merci o prestazioni del medesimo tipo, in potenziale concorrenza tra esse, vanno trattate, quanto all’iva, in maniera uniforme.

16.1. – La somministrazione di manodopera è difatti anch’essa strumento di messa a disposizione di personale (Corte giust. 12 marzo 2015, causa C-594/13, “go fair” Zeitarbeit OHG), che si differenzia dal distacco per la natura dell’interesse, ravvisabile in quello lucrativo del somministratore; e, in base alla stessa ricostruzione offerta dalla giurisprudenza di questa Corte, essa dà sempre luogo a una prestazione imponibile, in relazione alla quale l’ammontare del rimborso incide soltanto sulla base imponibile.

16.2. – La differenza di trattamento sussisterebbe, d’altronde, e stavolta in senso opposto, anche nel caso in cui fosse versato un corrispettivo superiore, o addirittura inferiore, all’importo del mero costo del personale e pure all’interno dello stesso istituto del distacco.

In quest’ipotesi, difatti, in base all’interpretazione delle sezioni unite, la prestazione di distacco sarebbe imponibile, e in relazione all’intero importo versato dal distaccatario.

In caso di somministrazione di manodopera, invece, la base imponibile dell’imposta, in base alla L. n. 196 del 1997, art. 26-bis, richiamato dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 86, andrebbe comunque ragguagliata al solo margine tra il corrispettivo e gli oneri retributivi e previdenziali.

17. – I dubbi di frizione col diritto unionale non comportano la necessità di tornare a interpellare le sezioni unite sull’interpretazione della L. n. 67 del 1988, art. 8, comma 35, in relazione ai profili prospettati.

Codesta Corte ha difatti stabilito (Corte giust. 5 aprile 2016, causa C-689/13, Soc. Puligienica Facility Esco c. Soc. Airgest) che l’art. 267 del Tfue deve essere interpretato nel senso che osta a una disposizione di diritto nazionale nei limiti in cui quest’ultima sia interpretata nel senso che, relativamente a una questione vertente sull’interpretazione o sulla validità del diritto dell’Unione, una sezione di un organo giurisdizionale di ultima istanza, qualora non condivida l’orientamento definito da una decisione dell’adunanza plenaria di tale organo, è tenuta a rinviare la questione all’adunanza plenaria e non può pertanto adire la Corte ai fini di una pronuncia in via pregiudiziale.

E, giova osservare, l’art. 99 c.p.a., comma 3, (D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104) è di contenuto corrispondente, quanto al processo civile, all’art. 374 c.p.c., comma 3.

18.- Occorre, quindi, chiarire se il diritto dell’Unione sopra richiamato consente, o impedisce, che il diritto nazionale escluda dall’ambito di applicazione della sesta direttiva iva il caso in cui una società controllante metta a disposizione di un’altra, da essa controllata, mediante distacco, proprio personale, a fronte del solo rimborso dei relativi costi.

19. – In conclusione, è necessario richiedere alla Corte di giustizia, ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulla seguente questione:

“se la sesta direttiva n. 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, artt. 2 e 6, nonchè il principio di neutralità fiscale debbano essere interpretati nel senso che ostano a una legislazione nazionale in base alla quale non sono da intendere rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale della controllante a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo da parte della controllata”.

20. – Il rinvio pregiudiziale comporta la sospensione del processo.

PQM

La Corte, visti l’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e l’art. 295 c.p.c., chiede alla Corte di giustizia dell’Unione europea di pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulla questione di interpretazione del diritto dell’Unione indicata in motivazione.

Ordina la sospensione del processo e dispone che copia della presente ordinanza sia trasmessa alla cancelleria della Corte di giustizia.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2019

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