Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23848 del 11/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 11/10/2017, (ud. 10/05/2017, dep.11/10/2017),  n. 23848

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21491-2012 proposto da:

MINISTERO DELLA SALUTE, C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO

presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– ricorrente –

contro

B.F., + ALTRI OMESSI

– G.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA S. MARIA

MEDIATRICE 1, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO BUCCI, che lo

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 5303/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 19/06/2012 R.G.N. 4691/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/05/2017 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato GAETANA NATALE (Avvocatura Generale dello Stato);

udito l’Avvocato GIOVANNI PASQUALE MOSCA

udito l’Avvocato MARIO ARPINO per delega verbale Avvocato FEDERICO

BUCCI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 5303 del 2012, pronunciando sull’impugnazione proposta dal Ministero della salute nei confronti di B.F. e altri, avverso la sentenza del Tribunale di Roma del 26 gennaio 2010, dichiarava inammissibile l’impugnazione.

2. La sentenza di primo grado era stata notificata al Ministero della salute “presso il dott. S.P. presso sede Minist”. Tale notificazione, atteso che l’Amministrazione si era costituita nel giudizio di primo grado mediante proprio funzionario, ex art. 417-bis c.p.c., era idonea a far decorre il termine breve per l’impugnazione, con conseguente tardività dell’appello proposto oltre il termine breve previsto dall’art. 325 c.p.c..

3. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre il Ministero della salute, prospettando un motivo di impugnazione.

4. Resistono con distinti controricorsi sia B.F. e altri che G.F..

5. B.F. e altri hanno depositato memoria in prossimità dell’udienza pubblica.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso è dedotta nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 144 c.p.c., comma 2in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4.

2. Assume il ricorrente che la Corte d’Appello non aveva attribuito rilevanza alla mancata consegna dell’atto in mani proprie del dott. S.P..

Nella specie, in cui l’Amministrazione era stata in giudizio avvalendosi di un proprio dipendente, doveva trovare applicazione l’art. 144 c.p.c., comma 2, dovendo la notifica essere effettuata personalmente nelle mani del funzionario investito della rappresentanza processuale dell’Amministrazione stessa (è richiamata Cass., n. 4690 del 2008).

3. Il motivo non è fondato.

In primo luogo si osserva che la sentenza Cass. n. 4690 del 2008 richiamata dal ricorrente afferma che l’art. 417-bis, nell’attribuire all’amministrazione la facoltà di avvalersi dei propri dipendenti nel giudizio di primo grado va interpretata nel senso che essa attribuisce in tal modo tutte le capacità connesse alla qualità di difensore in tale giudizio, ivi compresa quella di ricevere la notificazione della sentenza ai fini del decorso del termine di impugnazione (da non effettuare, quindi, all’Avvocatura dello Stato), ancorchè tale notificazione si collochi necessariamente in un momento successivo alla conclusione del giudizio stesso.

Con la sentenza n. 5853 del 2017 (Cass., n. 17596 del 2016; Cass., n. 14279 del 2007) si è affermato che se l’Amministrazione si sia costituita in giudizio avvalendosi di un proprio dipendente secondo la previsione di cui all’art. 417-bis c.p.c., la notifica della sentenza di primo grado, ai fini del decorso del termine breve per l’impugnazione, va effettuata allo stesso dipendente.

Si è poi ricordato come Cass. n. 24817 del 2015, che pure si riferisce all’ipotesi del decorso del termine breve, opera un distinguo, escludendo la decorrenza del termine breve solo allorchè il funzionario, che ha difeso l’Amministrazione, sia stato delegato dall’Avvocatura dello Stato, circostanza nella specie non dedotta.

Trova quindi applicazione l’art. 144 c.p.c., comma 2, che nel prevedere “Fuori dei casi previsti nel comma precedente, le notificazioni si fanno direttamente, presso l’amministrazione destinataria, a chi la rappresenta nel luogo in cui risiede il giudice davanti al quale si procede. Esse si eseguono mediante consegna di copia nella sede dell’ufficio al titolare o alle persone indicate nell’articolo seguente”, rinvia all’art. 145 c.p.c. rubricato “Notificazione alle persone giuridiche”, che al primo comma stabilisce “La notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede, mediante consegna di copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa ovvero al portiere dello stabile in cui è la sede. La notificazione può anche essere eseguita, a norma degli artt. 138, 139 e 141, alla persona fisica che rappresenta l’ente qualora nell’atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale”.

La notifica in questione, come esposto in sentenza e non contestato veniva effettuata al Ministero, presso la sede dello stesso, presso il funzionario, e dunque secondo le previsioni del combinato disposto dell’art. 144 c.p.c., comma 2, e art. 145 c.p.c., comma 1, e la stessa veniva ricevuta presso la sede del Ministero da persona dipendente del Ministero stesso, indicata nominativamente (pag. 3 del ricorso per cassazione), di cui non si contesta la qualità di abilitata alla ricezione.

Pertanto la sentenza impugnata, che ha ritenuto la notificazione della sentenza di primo grado effettuata in modo corretto ed idonea a far decorrere il termine breve per la proposizione dell’appello, è esente dai vizi denunciati.

5. La Corte rigetta il ricorso.

6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in favore di B.F. e altri in Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre Euro 200,00 per esborsi, e spese forfettarie in misura del 15%, e in favore di G.F. in misura di Euro 2.500,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, e spese forfettarie in misura del 15%.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2017

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