Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23844 del 15/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 15/11/2011, (ud. 13/10/2011, dep. 15/11/2011), n.23844

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 15494/2007 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario

della Società di Cartolarizzazione dei crediti INPS, S.C.C.I.

S.p.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17

presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi

dagli avvocati MARITATO LELIO, CORETTI ANTONIETTA, CORRERA FABRIZIO,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

DOLOMITEN CERAMICHE S.N.C., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo

studio dell’avvocato GUIDO FRANCESCO ROMANELLI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato CHELODI CARLO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

UNIRISCOSSIONI S.P.A., CONCESSIONARIO DEL SERVIZIO RISCOSSIONI PER LA

PROVINCIA DI TRENTO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 13/2006 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 24/5/2006 R.G.N. 06/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/10/2011 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito l’Avvocato CARLA D’ALOISIO per delega Avvocato MARITATO LELIO;

udito l’Avvocato ROMANELLI GUIDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza de 6.4 – 24.5.2006 la Corte d’Appello di Trento, rigettando il gravame proposto dall’lnps nei confronti della Dolomiten Ceramiche snc e della Uniriscossioni spa, confermò, per quanto qui rileva, la statuizione del primo Giudice che, accertata l’avvenuta interposizione fittizia di manodopera e il conseguente obbligo contributivo della predetta Dolomiten Ceramiche snc quale soggetto interponente, aveva tuttavia escluso dal credito dell’Inps i contributi versati per alcuni lavoratori dai soggetti interposti; a tale conclusione la Corte territoriale pervenne rilevando, in aderenza a giurisprudenza di questa Corte, l’inescusabilità dell’errore sull’identità dell’effettivo debitore di chi si sia reso corresponsabile della violazione della L. n. 1369 del 1960, art. 1.

Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale l’Inps ha proposto ricorso per cassazione fondato su un unico motivo. La Dolomiten Ceramiche snc ha resistito con controricorso, illustrato con memoria; l’Uniriscossioni spa non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico articolato motivo l’Istituto ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 1369 del 1960, art. 1, artt. 2115, 1180 e 2036 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deducendo che:

– erroneamente la Corte territoriale si era conformata a quanto espresso da una parte della giurisprudenza, secondo cui la nullità del rapporto di interposizione non comporterebbe la liberazione dell’appaltatore – datore di lavoro fittizio, atteso che, in base alla L. n. 1369 del 1960, art. 1, in materia di appalto di mere prestazioni di lavoro, i lavoratori devono essere considerati, a tutti gli effetti, alle dipendenze dell’imprenditore che concretamente abbia utilizzato le loro prestazioni;

– nella fattispecie non poteva configurarsi un’ipotesi di adempimento del terzo ex art. 1180 c.c., posto che l’effetto estintivo può realizzarsi solo se il solvens è consapevole di essere estraneo al rapporto obbligatorio, mentre se il terzo effettua il pagamento nell’erronea convinzione di esservi tenuto, si verifica un indebito soggettivo ex latere sotventis, con conseguente diritto del solvens alla ripetizione e permanenza dell’obbligazione in capo al debitore;

– il risultato interpretativo raggiunto dalla giurisprudenza di legittimità richiamata dalla Corte territoriale faceva erroneamente leva sulla circostanza dell’affidamento dei terzi e sull’apparenza della situazione giuridica, omettendo di rilevare che il sistema di interessi fondante la teoria dell’apparenza è di natura soltanto privatistica;

– era impossibile ricollegare effetti ad un contratto di lavoro radicalmente nullo, cosicchè doveva escludersi qualsiasi obbligazione in capo all’interposto;

– con l’individuazione in capo alla sola società interponente delle obbligazionì previdenziali poteva eliminarsi, a priori e definitivamente, il rischio di attenuazione della tutela previdenziale ed assistenziale a discapito del lavoratore.

2. L’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla controricorrente per asserita violazione dell’art. 366 bis c.p.c., (applicabile ratione temporis alla presente controversia) non è accoglibile poichè il quesito di diritto posto a conclusione dell’unico motivo (“in materia di interposizione fittizia di manodopera l’obbligazione contributiva è a carico esclusivo dell’appaltante (o interponente), restando irrilevante l’adempimento della medesima obbligazione posta in essere dall’appaltatore (o interposto)”) esprime la regala iuris che, se condivisa, condurrebbe all’accoglimento dell’impugnazione.

3. Le questioni sollevate dall’Istituto ricorrente sono state già oggetto di disamina da parte della giurisprudenza di legittimità, che, a più riprese, ha ritenuto che, nelle prestazioni di lavoro cui si riferiscono la L. n. 1369 del 1960, art. 1, primi tre commi, la nullità, per illiceità dell’oggetto e della causa, del contratto fra committente ed appaltatore o intermediario e la previsione dell’ultimo comma dello stesso articolo – secondo cui i lavoratori sono considerati, a tutti gli effetti, alle dipendenze dell’imprenditore che ne abbia utilizzato effettivamente le prestazioni – comportano che solo sull’appagante (o interponente) – e non anche sull’appaltatore (o interposto) – gravano gli obblighi in materia di assicurazioni sociali nati dal rapporto di lavoro, senza che la (concorrente) responsabilità anche di quest’ultimo possa essere affermata in virtù dell’apparenza del diritto e dell’affidamento dell’lnps nella situazione di apparente titolarità del rapporto di lavoro (cfr, ex plurimis, Cass., n. 5901/99; Cass., SU, n. 22910/2006; Cass., n. 2372/2007). Al contempo la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di affermare il principio secondo cui, in ipotesi di interposizione nelle prestazioni di lavoro, non è configurabile una concorrente obbligazione del datore di lavoro apparente con riferimento ai contributi dovuti agli enti previdenziali, rimanendo tuttavia salva l’incidenza satisfattiva di pagamenti eventualmente eseguiti da terzi, ai sensi dell’art. 1180 c.c., comma 1, nonchè dallo stesso datore di lavoro fittizio, senza che abbia rilevanza la consapevolezza dell’altruità del debito, atteso che, nell’ipotesi di pagamento indebito dal punto di vista soggettivo, il coordinamento tra gli artt. 1180 e 2036 c.c., porta a ritenere che sia qualificabile come pagamento di debito altrui, ai fini della relativa efficacia estintiva dell’obbligazione (con le condizioni di cui all’art. 2036 c.c., comma 3), anche il pagamento effettuato per errore (cfr, ex plurimis, Cass., n. 12509/2004; Cass., n. 12735/2006; Cass., n. 1666/2008; Cass., n. 3707/2009).

Più in particolare è stato osservato che “L’applicazione del principio ora esposto all’ipotesi dei contributi pagati dal datore di lavoro fittizio comporta l’irripetibilità da parte sua dei contributi già versati (così come delle retribuzioni corrisposte ai lavoratori), poichè non può considerarsi scusabile l’eventuale errore sull’identità dell’effettivo debitore di chi è corresponsabile della violazione della L. n. 1369 del 1960, art. 1, peraltro sanzionata come contravvenzione dall’art. 2” (cfr. Cass., n. 12509/2004, cit., in motivazione).

Un recente arresto di questa Corte si è tuttavia posto in consapevole dissenso con il surricordato orientamento ermeneutico (cfr, Cass., n. 20143/2010), accogliendo quindi la tesi prospettata dall’Istituto previdenziale.

Si è infatti sostenuto che le argomentazioni inerenti all’esclusione della scusabilità dell’errore sull’identità dell’effettivo debitore di chi si sia reso corresponsabile della violazione della L. n. 1369 del 1960, art. 1, non tiene conto che, nelle controversie in parola, la posizione dell’interposto non viene in esame, per cui l’affermazione della consapevolezza ed inescusabilità dell’errore nel pagamento apparirebbe “del tutto apodittica”; inoltre, considerando che l’interposto non è parte in causa, si finirebbe “inammissibilmente con attribuire forza di giudicato ad una circostanza – inescusabilità dell’errore sull’identità dell’effettivo debitore – riguardante un soggetto estraneo al giudizio, che, nella contestata prospettiva, non potrebbe – altrettanto inammissibilmente – giammai avanzare alcuna pretesa volta ad ottenere la ripetizione di quanto indebitamente”.

Ritiene il Collegio di non poter condividere le testè indicate obiezioni.

L’estraneità al giudizio dell’interposto impedisce infatti che la decisione possa assumere nei suoi confronti valenza di giudicato, ma non esclude che il pagamento dal medesimo effettuato, quale fatto storico, possa e debba essere incidentalmente valutato ai fini dell’accertamento della sua valenza satisfattiva; e, in tale prospettiva, la natura dell’interposizione fittizia di manodopera, siccome legislativamente fondata su comportamenti consapevoli e volontari a cui sono ricollegate conseguenze giuridiche ineludibili, conduce, in via di prova logica, ad escludere in radice che l’eventuale errore in cui l’interposto sia incorso possa essere qualificato in termini di scusabilità.

Deve quindi essere riaffermato il precedente orientamento ermeneutico e, poichè la Corte territoriale ha deciso in conformità, deve convenirsi per l’infondatezza del motivo.

4. In base alle considerazioni che precedono il ricorso va pertanto rigettato, con conseguente condanna della parte soccombente alfa rifusione delle spese in favore della controricorrente, liquidate come in dispositivo.

Non è luogo a provvedere al riguardo quanto all’intimata Uniriscossioni spa, che non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Istituto ricorrente alla rifusione delle spese in favore della controricorrente, che liquida in Euro 50,00, oltre ad Euro 3.000,00 (tremila) per onorari, spese generali, Iva e Cpa come per legge; nulla per le spese quanto all’intimata Uniriscossioni spa.

Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2011

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