Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23838 del 23/11/2016
Cassazione civile sez. trib., 23/11/2016, (ud. 29/09/2016, dep. 23/11/2016), n.23838
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 17311/2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
L.D.M., elettivamente domiciliata in ROMA VIA CUNFIDA
20, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO OLIVETI, rappresentata
e difesa dall’avvocato ADOLFO BENDONI, giusta delega a margine;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 61/2009 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,
depositata il 07/05/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
29/09/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE LOCATELLI;
udito per il ricorrente l’Avvocato DETTORI che ha chiesto
l’accoglimento;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
L.D.M., esercente l’attività di medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, presentava la dichiarazione dei redditi per l’anno di imposta 2002 omettendo di compilare il quadro relativo all’Irap.
L’Agenzia delle Entrate emetteva avviso di accertamento con il quale determinava l’Irap dovuta.
La contribuente proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Firenze che lo accoglieva con sentenza n. 57 del 2007.
L’Agenzia delle Entrate proponeva appello alla Commissione tributaria regionale che lo rigettava con sentenza del 7.5.2009.
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione deducendo, con unico motivo, l’insufficiente motivazione in ordine ad un fatto decisivo e controverso per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella parte in cui la Commissione tributaria regionale non ha valutato la presenza di due studi professionali, di spese per beni strumentali e per personale dipendente.
L.D.M. resiste con controricorso. Chiede di dichiarare inammissibile il ricorso perchè tardivo; subordinatamente ne chiede il rigetto.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1L’eccezione di tardività del ricorso è infondata. Ai fini del riscontro della tempestività dell’appello, al termine di un anno previsto dall’art. 327 c.p.c., nel testo applicabile “ratione temporis” devono aggiungersi quarantasei giorni (e non quarantacinque come affermato dalla controricorrente), ai sensi del combinato disposto dell’art. 155 c.p.c., comma 1 e della L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, comma 1, non dovendosi tenere conto dei giorni tra il primo agosto ed il quindici settembre di ogni anno, per effetto della sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale (Sez. 5, Sentenza n. 4310 del 04/03/2015, Rv. 634909). Ne consegue che il termine ultimo per la proposizione del ricorso non scadeva il 21 giugno 2010 bensì il 22.6.2010, data di notifica del ricorso.
2. Il ricorso è infondato. Il giudice di merito ha ritenuto che la disponibilità di beni strumentali (comprensiva dei locali adibiti ad ambulatorio medico) rientrasse nel parametro indispensabile per l’esercizio della professione di medico convenzionato ed ha escluso l’impiego di lavoratori dipendenti. La ricorrente, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, non indica quali sono le risultanze processuali dalle quali deduce l’impiego da parte del medico convenzionato di personale dipendente; le diverse valutazioni della rilevanza dei beni strumentali integrano censure di merito non ammesse nel giudizio di legittimità.
Alla soccombenza segue la condanna alle spese come da dispositivo.
PQM
Rigetta il ricorso. Condanna l’Agenzia delle Entrate al rimborso in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.300 oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 29 settembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2016