Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23835 del 29/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 29/10/2020, (ud. 23/09/2020, dep. 29/10/2020), n.23835

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22297-2018 proposto da:

V.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO

58, presso lo studio dell’avvocato MARIA LUISA DEL BUFALO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato RAFFAELLA NARDI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1131/5/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 22/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI.

 

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

V.A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, contro l’Agenzia delle entrate, impugnando la sentenza resa dalla CTR Lazio indicata in epigrafe con la quale è stato accolto l’appello proposto dall’ufficio avverso la sentenza di primo grado che aveva annullato l’avviso di rettifica concernente la revisione del classamento degli immobili siti in Roma Via dell’Ara di Conso. Secondo la CTR l’atto impugnato era stato correttamente motivato, risultando la consulenza tecnica depositata dalla parte contribuente generica e non adeguata al fine di superare gli elementi valorizzati dall’ufficio a sostegno della modifica del classamento.

La parte intimata si è costituita con controricorso.

Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4. La CTR non avrebbe rilevato l’inammissibilità dell’impugnazione, in quanto effettuata a mezzo posta privata.

Con il secondo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 53 e 22. La CTR avrebbe omesso di verificare la tempestività del ricorso, mancando la prova della spedizione e ricezione dell’appello.

Con il terzo motivo si deduce la violazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nonchè del D.P.R. n. 1142 del 1949, artt. 6 e 7 nonchè del D.P.R. n. 138 del 1998, artt. 8 e 9. L’atto impugnato, diversamente da quanto ritenuto dalla CTR, era carente dal punto di vista della motivazione in ordine ai dati caratteristici delle microzone e dell’immobile in esame.

Con il quarto motivo si deduce la violazione dell’art. 115 c.p.c.. La CTR avrebbe dovuto tenere conto della mancata contestazione della perizia di parte depositata.

Il primo ed il secondo motivo di ricorso sono fondati e assorbono l’esame degli altri motivi.

Ed invero, giova ricordare che le Sezioni Unite della Cassazione n. 299 del 2020 hanno di recente fissato il seguente principio di diritto:

“in tema di notificazione di atti processuali, posto che nel quadro giuridico novellato dalla direttiva n. 2008/6/CE del Parlamento e del Consiglio del 20 febbraio 2008 è prevista la possibilità per tutti gli operatori postali di notificare atti giudiziari, a meno che lo Stato non evidenzi e dimostri la giustificazione oggettiva ostativa, è nulla e non inesistente la notificazione di atto giudiziario eseguita dall’operatore di posta privata senza relativo titolo abilitativo nel periodo intercorrente fra l’entrata in vigore della suddetta direttiva e il regime introdotto dalla L. n. 124 del 2017”;

“la sanatoria della nullità della notificazione di atto giudiziario, eseguita dall’operatore di poste private per raggiungimento dello scopo dovuto alla costituzione della controparte, non rileva ai fini della tempestività del ricorso, a fronte della mancanza di certezza legale della data di consegna del ricorso medesimo all’operatore, dovuta all’assenza di poteri certificativi dell’operatore, perchè sprovvisto di titolo abilitativo” (Cass. SU n. 299 del 2020).

Si impone dunque preliminarmente, a prescindere dalla circostanza che l’appellato si sia costituito o meno in appello (secondo costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità infatti, l’inammissibilità dell’impugnazione derivante dall’inosservanza dei termini stabiliti a pena di decadenza è correlata alla tutela d’interessi indisponibili e, come tale, è rilevabile d’ufficio e non sanabile per effetto della costituzione dell’appellato: Cass. SU n. 6983 del 2005; Cass. n. 11666 del 2015; Cass. n. 23907 del 2009; Cass. n. 4206 del 2020), una verifica relativa alla tempestività o meno dell’appello (che va proposto, quando – come nel caso di specie – non sia notificata la sentenza di primo grado, entro sei mesi dal deposito della stessa: cfr. art. 327 c.p.c. e Cass. n. 30850 del 2019 e Cass. n. 33168 del 2018) che prenda sì naturalmente in considerazione come termine a quo il giorno del deposito della sentenza della Commissione tributaria provinciale (Cass. SU n. 18569 del 2016; Cass. 4206 del 2020) ma che consideri quale termine ad quem non già – in ossequio al dettato delle predette sezioni unite n. 299 del 2020 – il momento della spedizione da parte dell’appellante (ossia quello della consegna del plico da notificare all’operatore della posta privata) bensì il diverso e successivo momento in cui si abbia la certezza legale che l’appello sia stato ricevuto dall’appellato o che lo stesso si sia costituito in giudizio – cfr. Cass. n. 7774/2020 -.

Tale verifica, consentita anche d’ufficio a questa Corte (cfr. ex plurimis, da ultimo Cass. SU n. 19769 del 2019 e Cass. n. 1654 del 2020, secondo cui la mancata prospettazione, nel giudizio di secondo grado, della questione della tempestività o meno dell’appello incidentale, non determina una preclusione processuale nella deduzione della stessa con il ricorso per cassazione, potendo essere eccepita o rilevata d’ufficio per la prima volta anche in sede di legittimità), ha consentito nel caso di specie di verificare il mancato raggiungimento della prova della tempestività dell’appello, con conseguente declaratoria di inammissibilità sotto il profilo della tardività, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 51 spettando l’onere della prova della suddetta tempestività della notifica a chi propone l’azione secondo gli ordinari e generali criteri di distribuzione dell’onere probatorio (Cass. SU n. 22438 del 2018; Cass. n. 27722 del 2019).

Infatti, a seguito dell’acquisizione del fascicolo di merito, risulta che a fronte della sentenza di primo grado pubblicata il 13 luglio 2016 si è potuto constatare che l’atto di appello è stato spedito a mezzo della società Nexive il 14 febbraio 2017 secondo quanto risulta dalla tracciatura on line della spedizione (v. pag.6 ricorso).

Sulla base di tali considerazioni, essendo la società privata priva di potere autocertificativo, la notifica effettuata a mezzo di società privata deve ritenersi effettuata oltre il termine di impugnazione nè risultando la costituzione entro il termine di impugnazione – ampliato del periodo di sospensione feriale di 31 giorni in relazione alla modifica introdotta dal D.L. 12 settembre 2014, n. 132, art. 16, comma 1, conv. con mod. in L. 10 novembre 2014, n. 162, applicabile ratione temporis in relazione alla data di pubblicazione della sentenza di primo grado successiva al – cfr. Cass. n. 21674/2017 – (dall’esame degli atti, consentito alla corte) emerge infatti che la costituzione in appello della V. avvenne in data 16.10.2020 e che la notifica sarebbe pervenuta il 20.2.2017, dunque oltre il termine di impugnazione, la censura va accolta e la sentenza impugnava va conseguentemente cassata senza rinvio dichiarando inammissibile l’appello.

Ricorrono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di merito e quelle del giudizio di legittimità, tenuto cono del recente formarsi della giurisprudenza in punto di notifiche inesistenti.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo senza rinvio dichiara inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2020

 

 

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