Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23834 del 23/11/2016
Cassazione civile sez. trib., 23/11/2016, (ud. 28/09/2016, dep. 23/11/2016), n.23834
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 30337/2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
I.A., elettivamente domiciliata in ROMA VIA LIMA 7 INT. 7,
presso lo studio dell’avvocato PASQUALE IANNUCCILLI, rappresentata e
difesa dall’avvocato GIORGIO SAGLIOCCO, giusta delega a margine;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 250/2009 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,
depositata il 16/11/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
28/09/2016 dal Consigliere Dott. MAURO MOCCI;
udito per il ricorrente l’Avvocato ZERMAN che si riporta agli atti;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE
MASELLIS Mariella, che ha concluso per l’inammissibilità in
subordine rigetto del ricorso.
Fatto
RAGIONI DI FATTO
Il 16 novembre 2009 la Commissione Regionale della Campania – in riforma della decisione di primo grado – accoglieva l’appello di I.A., che aveva proposto tempestiva opposizione, nella qualità di socia dell’Immobiliare Futura s.a.s., avverso l’avviso di accertamento emesso dall’Ufficio delle Entrate di Caserta per il 2005.
Attraverso la sentenza impugnata, la CTR ha richiamato la decisione assunta nei confronti della stessa Immobiliare Futura s.a.s., che aveva accolto l’eccezione pregiudiziale di illegittimità dell’accertamento, per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12 (Statuto dei diritti del contribuente), rilevando come l’avviso di accertamento non potesse essere emesso prima del decorso di sessanta giorni dalla consegna del processo verbale. Nel merito, ha altresì ritenuto che la ricorrente avesse dimostrato la congruità dei prezzi di vendita dichiarati negli atti di cessione.
Ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi a cinque motivi.
Con il primo mezzo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., ex art. 360, comma 1, n. 4. Il giudice dell’appello avrebbe accolto il gravame, richiamando l’esito del giudizio di secondo grado promosso dalla società nei confronti dello stesso accertamento impugnato dalla socia, senza che detto motivo fosse stato dedotto dalla parte nè nel primo grado, nè in sede di impugnazione e senza far comprendere alcunchè circa l’iter seguito.
Con il secondo subordinato motivo, l’Agenzia denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, ex art. 360 c.p.c., n. 4. Infatti, la Commissione regionale – a fronte di un giudizio avente ad oggetto l’accertamento del reddito del socio nella misura della sua quota di partecipazione societaria che si fondava su altro atto pregiudiziale – avrebbe piuttosto dovuto sospendere il giudizio.
In via ulteriormente gradata, la ricorrente invoca la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, giacchè la decisione richiamata per relationem non sarebbe ancora passata in giudicato, pendendo avverso di essa ricorso per cassazione.
Vengono in proposito richiamati gli ulteriori due motivi all’uopo dedotti nel giudizio presupposto:
Da un lato, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, ex art. 360, comma 1, n. 4. Nella specie, la formulazione della norma avrebbe dovuto essere letta in rapporto alla finalità della disposizione. Ed in mancanza di una qualunque compromissione del diritto di difesa, sarebbe stata erronea la ritenuta violazione dello statuto del contribuente, anche alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 422/09.
Dall’altro, l’Agenzia denuncia insufficiente motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., n. 5. Infatti, la Commissione regionale avrebbe omesso di rilevare che gli immobili in questione, benchè venduti in costruzione, sarebbero stati in realtà alienati del tutto completi.
Ha proposto tempestivo controricorso la I..
Diritto
RAGIONI DI DIRITTO
La Corte deve preliminarmente rilevare – come fatto osservare alle parti in sede di pubblica udienza – che non è parte del processo il socio accomandante dell’Immobiliare Futura s.a.s..
E’ invero pacifico che la fattispecie riguarda l’accertamento di maggior reddito ai fini IRPEF a carico del socio accomandante conseguente all’accertamento di maggior reddito ai fini IRAP e IVA a carico di una società di persone.
Al riguardo, deve essere riaffermato il seguente principio di diritto: la unitarietà dell’accertamento che è (o deve essere) alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società ed associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 (T.U.I.R.) e dei soci delle stesse (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 40) e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili, indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto da uno dei soci o dalla società anche avverso un solo avviso di rettifica, riguarda inscindibilmente la società ed i soci (salvo che questi prospettino questioni personali), i quali tutti devono essere parte dello stesso processo e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, comma 1) perchè non ha ad oggetto la singola posizione debitoria dei ricorrenti, bensì la posizione inscindibilmente comune a tutti i debitori rispetto alla obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, cioè gli elementi comuni della fattispecie costitutiva della obbligazione (Cass., SS.UU. 1052/2007); trattasi pertanto di fattispecie di litisconsorzio necessario originario, con la conseguenza che il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati destinatario di un atto impositivo apre la strada al giudizio necessariamente collettivo ed il giudice adito in primo grado deve ordinare l’integrazione del contraddittorio (a meno che non si possa disporre la riunione dei ricorsi proposti separatamente, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 29); il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è nullo per violazione del contraddittorio di cui all’art. 101 c.p.c. e art. 111 Cost., comma 2, e trattasi di nullità assoluta che può e deve essere rilevata in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (Cass. SS. UU. 14815 del 2008; Sez. 5, n. 13073 del 2012).
Dato che nel caso di specie il giudizio è stato celebrato senza che fosse disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i litisconsorti necessari – nè apparendo di qualche utilità la riunione dei ricorsi separatamente proposti dalla società e dal solo socio accomandatario, appunto per la carenza originaria del contraddittorio nei confronti del socio rimasto estraneo a tutti i processi – deve concludersi che l’intero rapporto processuale si è sviluppato in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14.
Si impone quindi la cassazione della decisione impugnata e dell’intero giudizio, e la causa deve essere rinviata alla Commissione tributaria provinciale di Caserta, per la celebrazione del giudizio di primo grado.
Il giudice di rinvio dovrà disporre la integrazione del contraddittorio, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14.
PQM
La Corte, decidendo sul ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria provinciale di Caserta.
Compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, il 28 settembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2016