Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23834 del 02/09/2021

Cassazione civile sez. II, 02/09/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 02/09/2021), n.23834

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23004-2019 proposto da:

C.A., rappresentato e difeso dall’avv. MARCO LANZILAO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), IN PERSONA DEL MINISTRO

PRO-TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1295/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 22/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/01/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI FRANCESCA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 22.6.2019, la Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma, che aveva rigettato la domanda di C.A., cittadino del (OMISSIS), di riconoscimento dei presupposti per il riconoscimento della cd. protezione umanitaria.

1.1. La Corte territoriale ha fondato la decisione sull’assenza di seri motivi di natura umanitaria, che non potevano ritenersi integrati dall’avere il richiedente contratto matrimonio con una cittadina del suo Paese nel (OMISSIS) e dall’aver avuto una figlia, entrambe dimoranti in Italia. In ogni caso – ha osservato il giudice di merito – mancava l’allegazione di specifici fattori di vulnerabilità e non vi erano ragioni ostative all’espulsione ex art. 19 TU Immigrazione.

2. Avverso tale sentenza, nell’interesse del soccombente è stato proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

2.1. Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, sotto la rubrica “omesso/errato esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente portate in giudizio per la valutazione della condizione personale ai fini della concessione della protezione umanitaria. Omessa cooperazione istruttoria. Omessa valutazione delle prove”, il ricorrente censura la decisione impugnata per non avere la Corte di merito valutato l’interesse del minore ed il pregiudizio al medesimo derivante dall’allontanamento o dalla mancanza di uno dei genitori per il suo equilibrio psicofisico; il ricorrente si sofferma sulla tutela, a livello costituzionale, Eurounitario e pattizio, del minore e dell’unità familiare, citando precedenti giurisprudenziali, e principalmente la sentenza delle Sezioni Unite N. 21799/2010, che pone il minore al centro di un sistema di protezione multilivello.

2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 4 e art. 19, la violazione dell’art. 10 Cost., l’errata valutazione delle condizioni personali del ricorrente e delle prove documentali, per non avere la Corte di merito valutato l’inserimento sociale del richiedente in Italia e le conseguenze derivanti in caso di rimpatrio, alla luce della compromissione dei diritti costituzionalmente garantiti, come il diritto al rispetto della vita familiare, garantito a livello costituzionale e dall’art. 8 della CEDU; la Corte di merito non avrebbe quindi accertato se il rimpatrio potesse pregiudicare l’esercizio dei suoi diritti fondamentali.

2.1. I motivi che, per la loro connessione, possono essere trattati congiuntamente, sono fondati.

2.2. Secondo l’orientamento più recente di questa Corte, a quale il collegio intende dare continuità, ai fini della concessione del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, il giudice, al fine di dare concreta attuazione al diritto alla vita privata e familiare, protetto dall’art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo, deve tener conto anche dell’esistenza e della consistenza dei legami familiari del richiedente in Italia, effettuando un bilanciamento tra il pericolo di danno alla vita familiare e l’interesse statale al controllo dell’immigrazione (Cassazione civile sez. I, 28/10/2020, n. 23720 ha ritenuto sussistente una condizione di vulnerabilità nell’ipotesi in cui il ricorrente sia privo di legami socio-culturali ed affettivi nel paese di provenienza e voglia ricongiungersi alla madre, regolarmente soggiornante in Italia, dove aveva avviato altresì un percorso di integrazione).

2.3. Più specificamente, questa Corte ha riconosciuto sussistere i presupposti per la concessione del permesso di soggiorno per motivi fondati sulla qualità di padre convivente di un minore presente sul territorio italiano, senza che, a tal fine, si ponga come preclusiva l’autorizzazione D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 31 trattandosi di norma posta a tutela non già del richiedente, bensì essenzialmente del minore (Cassazione civile sez. II, 20/10/2020, n. 22832),

2.4. E’ stato quindi superato l’orientamento giurisprudenziale, che riteneva insufficiente la qualità di padre convivente di un minore presente sul territorio italiano al fine di giustificare la concessione di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, ritenendo che la tutela del minore profugo fosse affidata ad altri istituti, quali l’autorizzazione alla permanenza sul territorio nazionale del genitore affidatario nell’interesse del minore ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31 (Cass. 9 marzo 2020, n. 6857).

2.5. Nella protezione umanitaria, infatti, non viene in gioco l’interesse del minore previsto dal D.Lgs. n. 251 del 2008, art. 31 ma l’interesse del padre alla vita familiare garantito dall’art. 8 CEDU, sicché il giudice doveva bilanciare l’interesse dello Stato al controllo del fenomeno migratorio con gli altri interessi costituzionalmente garantiti, che trovano copertura costituzionale e da parte della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

2.6. L’ambito di applicazione e la finalità del D.Lgs. n. 251 del 2008, art. 31, comma 3, (che così recita: il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni della presente legge) è volto alla tutela esclusiva del minore in caso di situazioni oggettivamente gravi, comportanti una seria compromissione dell’equilibrio psicofisico del minore, non altrimenti evitabile, se non attraverso il rilascio della misura autorizzativa.

2.7. Come chiarito da Cass., Sez. Un. 12 giugno 2019, n. 15750, l’autorizzazione alla permanenza o all’ingresso temporaneo in Italia, prevista dall’art. 31, comma 3 cit., costituisce una misura incisiva “a tutela e a protezione del diritto fondamentale del minore a vivere con i genitori mentre l’interesse del familiare ad ottenere l’autorizzazione alla permanenza o all’ingresso nel territorio nazionale è tutelato in via riflessa, ovvero nella misura in cui sia funzionale a salvaguardare lo sviluppo psicofisico del minore.

2.8. Diversamente, il permesso di soggiorno per motivi umanitari, come osservato da Cass., Sez. Un., n. 29459 del 2019, è una misura residuale volta alla tutela di interessi di diversa natura, tra i quali va certamente annoverato l’interesse alla vita famigliare, tutelato dall’art. 8 della CEDU, che si sostanzia nel diritto di vivere insieme affinché i relativi rapporti possano svilupparsi normalmente e l’membri della famiglia possano godere della reciproca compagnia (v., già Corte Europea dei diritti dell’uomo, 24 marzo 1988, Olsson c. Svezia (n. 1), p. 59). In linea di principio, in presenza di un legame familiare con un minore, lo Stato deve agire in maniera da consentire lo sviluppo di tale legame e deve istituire garanzie giuridiche che rendano possibile l’integrazione del minore nella sua famiglia dal momento della nascita o successivamente, appena ciò sia fattibile (v., ad es., Corte Europea dei diritti dell’uomo, 27 ottobre 1994, Kroon e altri c. Paesi Bassi, p. 32).

2.9. Da un punto di vista sostanziale, l’art. 8 Cedu protegge l’interesse alle relazioni familiari effettive, a prescindere dal legame matrimoniale, come interesse del singolo e non esclusivamente del minore.

2.10. In altre parole, la prevalenza dell’interesse del minore, non significa escludere l’esistenza di una posizione soggettiva del genitore (come, di recente, è stato ribadito, sia pure ad altri fini, da Corte Cost. 6 maggio 2020, n. 102), ma solo che il primo, in caso di conflitto, deve sempre prevalere.

2.11. E’ compito del giudice assicurare un ragionevole e proporzionato bilanciamento di tutti i diritti e gli interessi coinvolti, soprattutto quando la disciplina dell’immigrazione sia suscettibile di incidere sui diritti fondamentali, che la Costituzione protegge egualmente nei confronti del cittadino e del non cittadino (v., ad es., Corte Europea dei diritti dell’uomo, 26 gennaio 1999, Sarumi c. Regno Unito; più di recente, 31 gennaio 2006, v. Rodrigues da Silva e Hoogkamer c. Paesi Bassi, p. 39).

2.12. Anche in sede di espulsione, questa Corte ha valorizzato l’applicazione dell’art. 8 della CEDU, ritenendo che debba essere esaminato il diritto al ricongiungimento familiare nell’ipotesi della presenza di un familiare in Italia. E’ stato quindi ribadito che il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 -bis, – il quale impone di tener conto, nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare, della natura e dell’effettività dei vincoli familiari, della durata del soggiorno, nonché dell’esistenza di legami con il paese d’origine – si applica, con valutazione da effettuarsi caso per caso, anche al cittadino straniero che abbia legami familiari nel nostro Paese, ancorché lo stesso non si trovi nella posizione di richiedente formalmente il ricongiungimento familiare (Cass. Civ., Sez.I, 22.1.2019, n. 1665).

2.13 La rilevanza dell’unità familiare è stata riconosciuta anche nella fase dell’esecuzione del provvedimento di espulsione, quale coerente sviluppo della sentenza della Corte Costituzionale, 18/07/2013, n. 202, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 5 nella parte in cui escludeva che la tutela rafforzata del vincolo familiare potesse operare in favore dello straniero che versasse nelle condizioni sostanziali per ottenere il ricongiungimento, ma non avesse fatto formale richiesta del relativo provvedimento.

2.14. Detta interpretazione porta quindi ad escludere ogni automatismo procedurale per lasciare spazio ad un circostanziato esame della situazione particolare dello straniero interessato e dei suoi familiari.

2.15 La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto affermati da questa Corte escludendo la sussistenza di seri motivi di carattere umanitario in favore del ricorrente, aveva stabili affetti nel paese ospitante, per avere ivi contratto matrimonio ed aver avuto una figlia, senza svolgere il necessario giudizio di comparazione tra la situazione esistente nel paese d’origine e quella raggiunta nel paese di accoglienza, alla luce dei diritti fondamentali tutelati dalla Carta Costituzionale e dall’art. 8 della CEDU e senza effettuare un bilanciamento tra il pericolo di danno alla vita familiare e l’interesse statale al controllo dell’immigrazione.

2.16. La sentenza impugnata va, pertantoicassata,con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che si uniformerà al seguente principio di diritto:

“Ai fini della concessione del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, il giudice, al fine di dare concreta attuazione al diritto alla vita privata e familiare, protetto dall’art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo, deve tener conto, quale fattore concorrente ma non esclusivo di un’eventuale situazione di vulnerabilità, anche dell’esistenza e della consistenza dei legami familiari del richiedente in Italia, effettuando un bilanciamento tra il pericolo di danno alla vita familiare e l’interesse statale al controllo dell’immigrazione”.

Il giudice di rinvio provvederà alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di cassazione, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2021

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