Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23831 del 29/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 29/10/2020, (ud. 23/09/2020, dep. 29/10/2020), n.23831

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12837-2018 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO DI VILLA

BIANCA 9, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO PASQUAZI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, (OMISSIS), in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

contro

REGIONE LAZIO, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE II DI

ROMA;

– intimate –

avverso la sentenza n. 6076/3/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 23/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI.

 

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

La CTR Lazio, con la sentenza indicata in epigrafe, accogliendo l’appello proposto da Equitalia Spa, riformava la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso di M.A. contro n. 6 cartelle di pagamento. Riteneva, in particolare, che dalla documentazione prodotta agli atti era emersa la regolare notifica delle cartelle e del fermo amministrativo quale atto alle stesse conseguenziale.

M.A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, al quale ha resistito l’Agenzia delle entrate – Riscossione con controricorso. La Regione Lazio non si è costituita.

Con il primo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53. La CTR avrebbe omesso di motivare sull’eccepita inammissibilità dell’appello nemmeno ponendosi in linea di continuità con la necessità che l’impugnazione individui in modo chiaro le questioni ed i punti contestati della pronunzia impugnata.

La censura è inammissibile quanto alla censura relativa all’omesso esame dell’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione che non può essere formulata in relazione alla natura processuale del vizio – cfr. Cass. n. 7406/2014 – ed inammissibile quanto alla dedotta violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 non avendo riprodotto nel ricorso per cassazione le parti dell’appello dalle quali dovrebbe desumersi il dedotto vizio di non specificità dei motivi di gravame – cfr., a contrariis, Cass. n. 22880/2017, ove si è chiarito che l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso. Pertanto, ove il ricorrente censuri la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, di un motivo di appello, ha l’onere di specificare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice di appello e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto a quel giudice, e non può limitarsi a rinviare all’atto di appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità.-.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 nonchè del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 58 e 60. La CTR, laddove aveva ritenuto la ritualità della notifica della cartella, avrebbe omesso di verificare che la cartella era stata notificata ad un indirizzo diverso dal domicilio fiscale, peraltro tralasciando di evidenziare il mancato rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 140 c.p.c..

Tale motivo è anch’esso inammissibile per difetto di autosufficienza, sollecitando alla Corte una verifica in ordine alle modalità di esecuzione delle notifiche alle quali si è fatto cenno nella censura senza tuttavia offrire all’interno del ricorso gli elementi documentali dai quali dovrebbe desumersi quanto prospettato dal ricorrente.

Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 2948 c.c.. La CTR avrebbe dovuto rilevare la prescrizione delle pretese fiscali azionate nei confronti dello stesso ricorrente, applicandosi il termine quinquennale di prescrizione.

La censura è inammissibile, poichè la sentenza impugnata ha totalmente tralasciato l’esame della questione relativa alla prescrizione della pretesa azionata, sicchè la censura rivolta ad individuare un errore di giudizio della CTR non attinge alcuna ratio della decisione impugnata che ha piuttosto omesso di provvedere sulla questione, senza che il ricorrente si sia doluto di tale condotta prospettando un vizio di omessa pronunzia sulla base dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Con il quarto si deduce il vizio di ultrapetizione, in quanto la CTR avrebbe esteso la domanda originariamente riferita, in ricorso ad una sola cartella ad ulteriori 5 cartelle di pagamento, tanto evincendosi dalla lettura del ricorso. Ed infatti, se è vero che la Corte di Cassazione, allorquando sia denunciato un error in procedendo, quale indubbiamente il vizio di ultra o extrapetizione, è anche giudice del fatto ed ha il potere dovere di esaminare direttamente gli atti di causa, tuttavia, per il sorgere di tale potere – dovere è necessario, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio, che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale – cfr. Cass. n. 1170/2004, Cass. n. 2771/2017-.

Orbene, nel caso di specie il ricorrente non ha in alcun modo assolto il relativo onere di individuare il contenuto del ricorso e gli elementi dai quali sarebbe risultato che oggetto della impugnazione fosse una cartella piuttosto che le sei cartelle sulle quali si è appuntata la CTR.

Sulla base di tali considerazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in favore di Agenzia delle entrate – Riscossione in Euro 1000.00 per compensi oltre spese generali nella misura del 15%.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2020

 

 

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