Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23831 del 14/11/2011

Cassazione civile sez. I, 14/11/2011, (ud. 20/10/2011, dep. 14/11/2011), n.23831

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso n. 16315/2010 proposto da:

B.G., rappresentata e difesa come da procura in calce

al ricorso dall’Avv. MASSA Giunio, domiciliato per legge presso la

cancelleria della Corte di Cassazione in Roma;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura Generale dello

Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via dei

Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Genova n.

153/2009 R.V.G. depositato il 16 giugno 2009.

e sul ricorso n. 16316/10 proposto da:

G.G., rappresentata e difesa come da procura in calce

al ricorso dall’Avv. Giunto Massa, domiciliato per legge presso la

cancelleria della Corte di Cassazione in Roma;

– ricorrente-

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Genova n.

93/2009 R.V.G. depositato il 19 maggio 2009.

e sul ricorso n. 16329/10 proposto da:

C.G.C., rappresentata e difesa come da procura in

calce al ricorso dall’Avv. Giunio Massa, domiciliato per legge presso

la cancelleria della Corte di Cassazione in Roma;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura Generale dello

Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via dei

Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Genova n.

154/2009 R.V.G. depositato il 16 giugno 2009.

E sul ricorso n. 16331/10 proposto da:

B.A., rappresentato e difeso come da procura in

calce al ricorso dall’Avv. Giunio Massa, domiciliato per legge presso

la cancelleria della Corte di Cassazione in Roma;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura Generale dello

Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via dei

Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Genova n.

131/2009 R.V.G, depositato il 18 giugno 2009.

E sul ricorso n. 16336/10 proposto da;

M.G., rappresentato e difeso come da procura in calce

al ricorso dall’Avv. Giunio Massa, domiciliato per legge presso la

cancelleria della Corte di Cassazione in Roma;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura Generale dello

Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via dei

Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Genova n.

189/2009 R.V.G. depositato il 17 giugno 2009.

E sul ricorso n. 16338/10 proposto da:

C.N., rappresentato e difeso come da procura in calce al

ricorso dall’Avv. Giunio Massa, domiciliato per legge presso la

cancelleria della Corte di Cassazione in Roma;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura Generale dello

Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via dei

Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Genova n.

155/2009 R.V.G. depositato il 12 giugno 2009.

E sul ricorso n. 16339/10 proposto da:

B.M., rappresentata e difesa come da procura in calce al

ricorso dall’Avv. Giunio Massa, domiciliato per legge presso la

cancelleria della Corte di Cassazione in Roma;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura Generale dello

Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via dei

Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Genova n.

151/2009 R.V.G. depositato il 16 giugno 2009.

E sul ricorso n. 16342/10 proposto da:

B.G., rappresentato e difeso come da procura in calce

al ricorso dall’Avv. Giunio Massa, domiciliato per legge presso la

cancelleria della Corte di Cassazione in Roma;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura Generale dello

Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via dei

Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Genova n.

132/2009 R.V.G. depositato il 18 giugno 2009.

E sul ricorso n. 18000/10 proposto da:

V.E., rappresentata e difesa come da procura in calce al

ricorso dall’Avv. Giunio Massa, domiciliato per legge presso la

cancelleria della Corte di Cassazione in Roma;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura Generale dello

Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via dei

Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Genova n.

143/2009 R.V.G. depositato il 17 giugno 2009.

E sul ricorso n. 18006/10 proposto da:

G.D., rappresentata e difesa come da procura in

calce al ricorso dall’Avv. Giunio Massa, domiciliato per legge presso

la cancelleria della Corte di Cassazione in Roma;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura Generale dello

Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via dei

Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Genova n.

150/2009 R.V.G. depositato il 17 giugno 2009.

E sul ricorso n. 18007/10 proposto da:

G.P., rappresentata e difesa come da procura in calce al

ricorso dall’Avv. Giunio Massa, domiciliato per legge presso la

cancelleria della Corte di Cassazione in Roma;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura Generale dello

Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via dei

Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Genova n.

139/2009 R.V.G. depositato il 17 giugno 2009.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 20 ottobre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio

Zanichelli;

sentite le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per il

rigetto dei ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Le parti in epigrafe ricorrono separatamente per cassazione nei confronti dei diversi decreti della Corte d’appello, anch’essi in epigrafe indicati, che, liquidando Euro 5.000,00 per anni cinque di ritardo, hanno accolto parzialmente i loro ricorsi con i quali è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del procedimento relativo alla fallimento della Capital Italia s.r.l. svoltosi avanti al Tribunale di Lucca e nell’ambito della quale erano decorsi circa diciassette anni dalla data della presentazione da parte dei ricorrenti della domanda di ammissione al passivo.

In tutti i procedimenti, ad eccezione di quello proposto da G. G., resiste l’Amministrazione con controricorso.

Tutti i ricorrenti hanno depositato memoria. La resistente Amministrazione ha depositato memoria nei procedimenti n. 16338/10, 16339/10, 16342/10.

Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi debbono essere preliminarmente riuniti benchè siano stati proposti avverso decisioni diverse. Premesso che sono principi già affermati quelli secondo cui “La riunione dei procedimenti, in applicazione della norma genera/e di cui all’art. 274 c.p.c., è ammessa anche nel giudizio dinanzi alla Corte di cassazione, atteso che, tra i compiti di quest’ultima, oltre a quello istituzionale di garantire l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge e l’unità del diritto oggettivo nazionale, rientra anche l’altro di assicurare l’economia ed il minor costo dei giudizi, risultati cui mira la menzionata norma del codice di rito civile” (Cassazione civile, sez. 3^, 20/12/2005, n. 28227) e “La riunione delle impugnazioni, obbligatoria ai sensi dell’art. 335 c.p.c., ove investano la stessa sentenza, può essere facoltativamente disposta, anche in sede di legittimità, ove esse siano proposte contro diverse sentenze pronunciate fra le medesime parti, in relazione a ragioni di unitarietà sostanziale e processuale della controversia; ed invero dalle disposizioni del codice di rito prescriventi l’obbligatorietà della riunione, in fase di impugnazione, di procedimenti formalmente distinti, in presenza di cause esplicitamente ritenute dal legislatore idonee a giustificare la trattazione congiunta (art. 335 c.p.c. e art. 151 disp. att. c.p.c.), è desumibile un principio generale secondo cui il giudice può ordinare la riunione in un solo processo di impugnazioni diverse, oltre i casi espressamente previsti, ove ravvisi in concreto elementi di connessione tali da rendere opportuno, per ragioni di economia processuale, il loro esame congiunto” (Cassazione civile, sez. 2^, 17/06/2008, n. 16405), non vi è dubbio che le ragioni che giustificano la trattazione congiunta nella fattispecie sussistano in quanto le pretese delle parti traggono origine dalla durata, ritenuta eccessiva, dello stesso giudizio al quale hanno partecipato e non sono stati evidenziati elementi che differenzino le diverse posizioni.

Con i primi sei motivi, identici in tutti i ricorsi, si censura l’impugnato decreto, sotto il profilo della violazione di legge e del difetto di motivazione, nella parte in cui ha ritenuto ragionevole una durata della procedura de qua di dodici anni. La censura è fondata.

Nel fissare il termine di ragionevole durata, occorre avere riguardo alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, considerando che detto giudice privilegia una valutazione “caso per caso”, che non rende agevole individuare un termine fisso (in relazione al giudizio civile ordinario è, quindi, possibile desumere soltanto in linea tendenziale che il termine di ragionevole durata è di tre anni).

Relativamente alle procedure fallimentari, il giudice europeo ha, quindi, ritenuto vulnerato detto termine in casi nei quali la violazione eccedeva in larga misura il limite di tre anni (in particolare, la durata era stata di: 15 anni, Seconda Sezione, sentenza del 10/6/2009, ricorso 6480/03; 19 anni, Seconda Sezione, sentenza dell’8/6/2009, ricorso 24824/03; 16 anni, Seconda Sezione, sentenza dell’8/6/2009, ricorso 13606/04; venti anni e sette mesi, sentenza del 18/12/2007, Seconda Sezione, ricorso 14448/03; ventitrè anni e tre mesi, sentenza del 3/07/2007, Seconda Sezione, ricorso 10347/02; 14 anni ed otto mesi, sentenza del 17/07/2003, Prima Sezione, ricorso 56298/00), nondimeno ha anche avuto cura di ribadire che occorre trovare un corretto equilibrio tra i differenti interessi in conflitto, affermando, in riferimento al soggetto sottoposto a procedura concorsuale, sia pure a fini in parte diversi, che talune limitazioni che lo riguardano non possono comunque eccedere i cinque anni (sentenza del 23/10/2007, Seconda Sezione, ricorso 4733/04;

sentenza del 20/09/2007, Seconda Sezione, ricorso 39638/04)” (Sez. 1^, sentenza 7 luglio 2009 n. 15953)”.

Sempre in tema di ragionevole durata del procedimento fallimentare e tenendo conto della sua peculiarità l’indicato termine, che può ritenersi normale in procedura di media complessità, è stato ritenuto elevabile fino a sette anni allorquando il procedimento si presenti particolarmente complesso (Sez. 1^, sentenza 24 settembre 2009, n. 20549), ipotesi questa che è ravvisabile in presenza di un numero particolarmente elevato dei creditori, di una particolare natura o situazione giuridica dei beni da liquidare (partecipazioni societarie, beni indivisi, ecc.), della proliferazione di giudizi connessi alla procedura ma autonomi e quindi a loro volta di durata vincolata alla complessità del caso, della pluralità di procedure concorsuali interdipendenti. Se pure, dunque, la procedura in questione si presenta di particolare complessità non è conforme ai richiamati principi il decreto impugnato che ha ritenuto di poter individuare un termine di gran lunga maggiore.

L’accoglimento degli esaminati motivi e la necessità di rideterminare, insieme al periodo di irragionevole durata, l’ammontare dell’indennizzo e di regolare le spese comporta l’assorbimento degli ulteriori motivi.

Il ricorso deve dunque essere accolto nei limiti di cui in motivazione. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa nel merito e pertanto, in applicazione della giurisprudenza della Corte (Sez. 1^, 14 ottobre 2009, n. 21840) a mente della quale l’importo dell’indennizzo può essere ridotto ad una misura inferiore (Euro 750,00 per anno) a quella del parametro minimo indicato nella giurisprudenza della Corte europea (che è pari a Euro 1.000,00 in ragione d’anno) per i primi tre anni di durata eccedente quella ritenuta ragionevole in considerazione del limitato patema d’animo che consegue all’iniziale modesto sforamento mentre solo per l’ulteriore periodo deve essere applicato il richiamato parametro, il Ministero della Giustizia deve essere condannato ai pagamento di Euro 9.250,00 a ciascuno dei ricorrenti a titolo di equo indennizzo per il periodo di anni dieci di irragionevole ritardo quale risulta sottraendo alla durata complessiva di anni diciassette quella da ritenersi ragionevole di anni sette.

Le spese di entrambi i gradi seguono la soccombenza, tenuto conto del principio enunciato in tema di abuso del processo (Cass. civ., 3 maggio 2010, n. 10634).

P.Q.M.

la Corte, riuniti i ricorsi, li accoglie nei limiti di cui in motivazione; cassa in parte qua i decreti impugnati e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti della somma di Euro 9.250,00 oltre interessi nella misura legale dalla data della domanda, nonchè alia rifusione delle spese del giudizio di merito che liquida in complessivi Euro 2.862,00 di cui Euro 807,00 per diritti, Euro 2.005,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge;

compensa per un mezzo le spese del giudizio di legittimità e condanna l’Amministrazione alla rifusione in favore del ricorrente del 50% delle spese che, per l’intero, liquida in complessivi Euro 2.500,00 di cui Euro 2.400,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge; spese distratte in favore dei difensore antistatario.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2011

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