Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23822 del 14/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 14/11/2011, (ud. 13/10/2011, dep. 14/11/2011), n.23822

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25204/2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrente –

contro

M.F., SOCIETA’ EQUITALIA POLIS SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 182/2008 della Commissione Tributaria

Regionale di NAPOLI dell’8.10.08, depositata il 22/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO TERRUSI;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. FEDERICO

SORRENTINO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

– Ritenuto che è stata depositata la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:

“1. – Con sentenza in data 22.10.2008 la commissione tributaria regionale della Campania, accogliendo l’appello di M. F., ha ritenuto illegittima una cartella di pagamento relativa all’anno 2003, notificata il 30 maggio 2006, contenente iscrizione a ruolo di maggiori imposte, per Euro 305.748,11, conseguente ad avviso di accertamento non impugnato. Ha osservato che l’avviso non era stato ritualmente notificato, posto che l’espressione usata dal messo notificatore, in merito alla ricezione da parte di persona ( Mo.Lu.) qualificatasi “al servizio del contribuente”, dovevasi intendere presupponente un legame a tipo di rapporto di lavoro; legame adeguatamente contrastato dalla copia del foglio matricola del M., non mentovante tra i dipendenti il nome del soggetto ricevente. L’agenzia delle entrate ricorre per cassazione articolando, con idoneo quesito, un solo motivo, denunziante violazione e falsa applicazione della L. n. 890 del 1982, art. 7, (art. 360 c.p.c., n. 3). Nè l’intimato, nè il concessionario hanno svolto difese.

2. – Il motivo appare manifestamente fondato dal momento che, nell’ipotesi di notificazione a mezzo del servizio postale, qualora, per l’impossibilità di effettuare la consegna del piego personalmente al destinatario, lo stesso, L. n. 890 del 1982, ex art. 7, comma 2, sia stato come nella specie consegnato, nel luogo indicato sulla busta che contiene l’atto e nel rispetto dell’ordine stabilito da detta norma, a persona dichiaratasi addetta “al servizio del destinatario”, l’agente postale non è tenuto ad accertare la corrispondenza al vero della dichiarazione, essendo sufficiente che essa concordi con la situazione apparente, consistente nella presenza del consegnatario nei luoghi indicati dalla norma, gravando sul destinatario l’onere di provare l’inesistenza della qualità dichiarata dal consegnatario (v. sez. 5^, n. 13063/2006). In questa prospettiva, è consolidato (v. sez. 3^, n. 1605/2005) che l’invalidità della notifica non può essere sostenuta sulla base del solo difetto di rapporto di lavoro subordinato tra consegnatario e destinatario, essendo, invece, sufficiente che esista tra i due una relazione idonea a far presumere che il primo porti a conoscenza del secondo l’atto ricevuto, come si desume dalla generica qualifica di “addetto” richiesta dal legislatore”;

– che il collegio condivìde le considerazioni di cui alla relazione, sicchè il motivo va accolto e la sentenza di merito cassata per essersi discostata dal principio di diritto surriportato;

– che non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, risultando a questo punto la cartella preceduta da valida notifica di un anteriore atto impositivo;

– che la Corte può pertanto pronunciare nel merito, ai sensi dell’art. 384 cpv. c.p.c., e rigettare l’originaria impugnazione del contribuente;

– che le spese dei gradi di merito possono essere compensate per giusti motivi, mentre quelle del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta l’impugnazione avverso la cartella di pagamento;

compensa le spese processuali relative ai gradi di merito e condanna l’intimato al pagamento di quelle del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 13 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2011

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