Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23822 del 02/09/2021

Cassazione civile sez. lav., 02/09/2021, (ud. 21/01/2021, dep. 02/09/2021), n.23822

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19463-2016 proposto da:

G.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARCO DOTTA;

– ricorrente –

contro

DE AGOSTINI LIBRI S.P.A., società diretta e controllata da DE

AGOSTINI EDITORE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, e per UTET GRANDI OPERE S.P.A. (già UNIONE TIPOGRAFICO

EDITRICE TORINESE S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA G. PISANELLI 2,

presso lo studio dell’avvocato DANIELE CIUTI, che le rappresenta e

difende unitamente agli avvocati FILIPPO MOLLEA CEIRANO, MARCO

DURANTE;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 81/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 11/02/2016 R.G.N. 895/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/01/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. il giudice di primo grado, pronunziando sui ricorsi riuniti proposti da G.A., agente per la Provincia di Ferrara della De Agostini Diffusione del Libro s.p.a. (poi divenuta UTET s.p.a.) nei confronti della società preponente e sulla domanda riconvenzionale di quest’ultima nei confronti dell’agente, respinta la domanda riconvenzionale della società, ha condannato in solido le resistenti UTET s.p.a. e De Agostini Libri s.p.a. (quale acquirente del ramo di azienda della UTET s.p.a.) al pagamento in favore dell’agente delle somme specificamente indicate in dispositivo a titolo di storni sulle provvigioni da riaccreditare all’agente, di indennità di mancato preavviso, di FIRR, di indennità suppletiva di clientela e di provvigioni relative al mese di settembre 2009, oltre accessori;

2. la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha rigettato la domanda dell’agente relativa alla indennità sostitutiva del preavviso;

2.1. il giudice di secondo grado, rilevata l’acquiescenza delle parti agli altri capi della sentenza di primo grado, in merito all’unica questione devoluta in seconde cure concernente il diritto del G. all’indennità sostitutiva del preavviso per effetto del recesso di questi per giusta causa intimato con lettera del 22.9.2009, dopo che la società, con lettera del 23.6.2009, aveva comunicato all’agente la risoluzione del rapporto per intervenute esigenze riorganizzative, ha escluso la configurabilità nella condotta della preponente di un inadempimento di gravità tale da giustificare il recesso in tronco dal rapporto da parte del G.;

2.2. premesso che l’ultrattività del rapporto di agenzia durante il periodo preavviso conseguente al recesso della preponente comportava la relativa cessazione al termine del detto periodo, la Corte di merito ha ritenuto che il recesso dell’agente integrasse una rinunzia al (residuo periodo di) preavviso e determinasse l’anticipata risoluzione del rapporto con l’effetto di escludere il diritto del G. all’indennità sostitutiva per il periodo residuo ” essendo il preavviso posto nel suo interesse “;

3. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso G.A. sulla base di un unico motivo; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con l’unico motivo di ricorso parte ricorrente, deducendo violazione di legge per errata applicazione analogica dell’art. 2119 c.c. come pure del principio adimplenti non est adimplendum, censura la valutazione operata dal giudice di merito nell’escludere la giusta causa di recesso dell’agente; assume che il meccanismo con il quale le provvigioni venivano unilateralmente stornate dalla società, in violazione del disposto dell’art. 1748 c.c., era assimilabile al mancato pagamento delle provvigioni dovute da parte del soggetto preponente, condotta che per costante giurisprudenza giustificava il recesso dell’agente; la Corte di merito, nell’escludere la gravità dell’inadempimento da parte della preponente, aveva fatto riferimento all’entità dell’importo dovuto senza considerare che per far valere il proprio diritto esso G. era stato costretto ad agire in via giudiziale;

2. il motivo è infondato.

2.1. la sentenza impugnata ha escluso che nella condotta della preponente fosse ravvisabile un grave inadempimento, giustificativo del recesso in tronco del G., osservando che: le parti avevano convenuto in contratto il sistema dei cd. storni alla stregua del quale le provvigioni in favore dell’agente maturavano non al momento della conclusione dell’affare ma in un momento successivo, quando lo stesso era andato a buon fine, salvo il diritto dell’agente di ottenere il compenso in via anticipata al momento della conclusione del contratto e la facoltà della preponente di chiedere in restituzione la somma non (più) dovuta nel caso di mancato buon fine dell’affare; tale sistema era stato osservato dalle parti per tutta la durata del rapporto; pertanto, pur a fronte della nullità della clausola accertata dal giudice di primo grado, il modus operandi della mandante non integrava un inadempimento tale da non consentire la prosecuzione del rapporto, in relazione al residuo periodo di preavviso, pari a tre mesi; parimenti, le ulteriori circostanze richiamate dall’agente non erano idonee a configurare giusta causa di recesso in quanto il ridimensionamento delle opere in produzione e la riduzione dei prezzi delle opere già in catalogo, derivanti dal processo di ridimensionamento organizzativo e produttivo, era stato reso noto al G. e agli altri agenti con la circolare n. 70 del 20.7.2009; analogamente, il mancato invito del G. al meeting di settembre appariva giustificato dal fatto che esso concerneva prodotti che sarebbero stati inclusi nel catalogo della società dopo la cessazione del mandato agenziale in oggetto;

2.3. come è noto l’istituto del recesso per giusta causa, previsto dall’art. 2119 c.c., comma 1, in relazione al contratto di lavoro subordinato, è applicabile anche al contratto di agenzia, dovendosi tuttavia tener conto, per la valutazione della gravità della condotta, che in quest’ultimo ambito il rapporto di fiducia – in corrispondenza della maggiore autonomia di gestione dell’attività per luoghi, tempi, modalità e mezzi, in funzione del conseguimento delle finalità aziendali – assume maggiore intensità rispetto al rapporto di lavoro subordinato. Ne consegue che, ai fini della legittimità del recesso, è sufficiente un fatto di minore consistenza, secondo una valutazione rimessa al giudice di merito insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente e correttamente motivata (Cass. N. 29290/2019, n. 11728/2014):

2.4. le deduzioni del ricorrente non sono idonee ad incrinare la valutazione della Corte di merito in ordine alla non gravità dell’inadempimento ascritto alla preponente, valutazione che è fondata su argomentazioni congrue e logiche che tengono conto delle specifiche modalità di svolgimento del rapporto nel corso del tempo, della modesta entità della somma dovuta dalla società e della prossima cessazione del rapporto di agenzia per effetto del recesso intimato dalla società; le doglianze formulate, senza evidenziare la violazione di specifici parametri destinati ad integrare la clausola generale dell’art. 2119 c.c., analogicamente applicabile al rapporto di agenzia, si sostanziano, infatti, in contrasto con il carattere di giudizio a critica vincolata del giudizio di cassazione (v. tra le altre Cass. 6519/2019), nella mera contrapposizione alla valutazione del giudice di merito di un diverso apprezzamento della condotta inadempiente della società preponente;

2.5. infine, privo di pertinenza con le ragioni della decisione in tema di esclusione della giusta causa di recesso è il riferimento al principio inadempienti non est adimplendum che concerne la diversa ipotesi nella quale in un contratto a prestazioni corrispettive una parte rifiuti di eseguire la prestazione dovuta adducendo l’inadempimento di controparte;

3. al rigetto del ricorso segue il regolamento delle spese di lite secondo soccombenza.

4. sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma DEL D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. Un. 20/09/2019 n. 23535).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite liquidate, in favore di ciascuna parte controricorrente in Euro 3.500,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2021

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