Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23821 del 28/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 28/10/2020, (ud. 05/12/2019, dep. 28/10/2020), n.23821

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 29063/2014 R.G. proposto da:

M.P., rappresentata e difesa dall’Avv. Corrado Grande, in

virtù di mandato in calce al ricorso, elettivamente domiciliata

presso il suo studio (Chiomenti Studio Legale) in Roma, Via XXIV

maggio n. 43;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

-controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio,

sezione distaccata di Latina, n. 3974/39/2014, depositata il 13

giugno 2014;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 dicembre

2019 dal Consigliere D’Orazio Luigi.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. L’Agenzia delle entrate emetteva un avviso di accertamento nei confronti di M.P. per l’anno 2006, con la determinazione di un maggior imponibile per Euro 29.082,00 in relazione a “redditi diversi”. In particolare, la rettifica traeva origine dalle attività avviate nei confronti della Fondiaria Mercantile s.r.l., della quale la contribuente era soda al 5 %, con lo svolgimento di indagini bancarie nei confronti dei soci ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51.

2. La Commissione tributarla provinciale accoglieva solo parzialmente il ricorso della contribuente, ritenendo giustificati soltanto i versamenti di Euro 16.500,00 e quello di Euro 4.000,00.

3. La Commissione tributaria regionale del Lazio, dopo l’espletamento della CTU, accoglieva l’appello proposto dalla Agenzia delle entrate e rigettava quello articolato dalla M., rilevando che quest’ultima, intestataria del conto bancario, non aveva fornito prove documentali, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, a giustificazione delle operazioni di prelevamento e versamento, riscontrate sul suo conto corrente, con conferma integrale dell’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti.

4. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la contribuente.

5. Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo di impugnazione la contribuente deduce “motivazione apparente: omessa esposizione dei motivi di fatto e di diritto sottesi alla decisione. Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e dell’art. 111 Cost., comma 6 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”, in quanto il giudice di appello ha utilizzato per la decisione quanto riportato nella sentenza relativa alla società Fondiaria Mercantile, con riferimento a fatti e circostanze del tutto estranei alla controversia in esame, relativa solo alla socia M..

2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente deduce “violazione dell’art. 2697 c.c. e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2: l’insussistenza di qualsiasi elemento che certifichi la titolarità di “altri redditi” (oggetto di accertamento da parte dell’Ufficio) in capo all’odierna ricorrente (art. 360 c.p.c., n. 3)”, in quanto il giudice di appello non ha tenuto conto che l’Agenzia delle entrate non ha indicato la fonte della produzione del maggior reddito accertato, attribuendo il maggiore imponibile alla “insussistente categoria” di “non meglio precisati altri redditi”. La Commissione regionale si è limitata a confermare la qualificazione “residuale” come “altro reddito” dell’imponibile accertato.

3. Deve essere dichiarata cessata la materia del contendere, con il venire meno della efficacia della sentenza impugnata.

Invero, per questa Corte (Cass., 24083/2018), proprio in rifermento al D.L. n. 193 del 2016, art. 6, convertito in L. n. 225 del 2016, qualora, in sede di trattazione del ricorso emerga che, in relazione all’oggetto di esso, si è verificata la vicenda della presentazione della dichiarazione di volersi avvalere della definizione agevolata, seguita dalla comunicazione dell’esattore e, quindi, dall’adempimento delle rate di pagamento fissate in base ad essa, di modo che il debito così determinato risulti estinto, la decisione di questa Corte, tanto se il debitore sia in posizione di ricorrente quanto in posizione di resistente o intimato, deve essere adeguata alla circostanza che, in tal modo, la nuova situazione sostanziale verificatasi per effetto della vicenda della definizione agevolata e che ha sostituito quella oggetto di giudizio risulta ormai soddisfatta. La formula deve essere corrispondente a tale definizione e deve consistere nella dichiarazione di cessazione della materia del contendere, con la precisazione che si intende cessata l’efficacia della sentenza impugnata (Cass., sez. un., 8980/2018).

Nel caso in esame la contribuente ha aderito alla definizione agevolata di cui al D.L. n. 193 del 2016, art. 6, convertito in L. n. 225 del 2016, in relazione all’avviso di accertamento n. (OMISSIS), con iscrizione di cartella n. (OMISSIS), con il versamento integrale di quanto dovuto, come da documentazione prodotta. In particolare dai documenti emerge che in data 315-2007 Equitalia Servizi di riscossione s.p.a. ha comunicato alla contribuente l’ammontare complessivo delle somme da pagare e il 18-6-2019 l’Agenzia delle entrate ha comunicato che “l’Agenzia delle entrate – Riscossione competente ha confermato che la domanda di adesione alla definizione agevolata dei ruoli, ai sensi del D.L. n. 193 del 2016, relativa alla cartella n. (OMISSIS), risulta perfezionata a seguito del versamento di tutte le rate concordate”.

3.1. In caso di definizione agevolata deve essere disposta la compensazione delle spese (Cass., 27 aprile 2018, n. 10198).

P.Q.M.

Dichiara cessata la materia del contendere, ai sensi del D.L. n. 193 del 2016, art. 6.

Compensa le spese del giudizio tra le parti.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 5 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2020

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