Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23819 del 28/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 28/10/2020, (ud. 05/12/2019, dep. 28/10/2020), n.23819

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15092/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

G & G s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata – –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sicilia, n. 65/29/2011, depositata il 29 aprile 2011;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 dicembre

2019 dal Consigliere D’Orazio Luigi.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. A seguito di processo verbale di constatazione, fondato anche su questionari inviati ai fornitori della società G & G s.r.l., l’Agenzia delle entrate emetteva avviso di accertamento nei confronti della contribuente, per l’anno 2004, evidenziando l’omessa contabilizzazione di ricavi per Euro 43.290,51, la deduzione di costi indeducibili relativi ad operazioni inesistenti per Euro 28.336,50 e l’omessa autofatturazione di acquisti per Euro 27.858,30.

2. La Commissione tributaria provinciale (sentenza 134/07/2011) accoglieva il ricorso, rinviando ad altra decisione emessa tra le stesse parti (n. 198/2007), per l’anno 2003.

3. La Commissione tributaria regionale rigettava l’appello proposto dalla Agenzia delle entrate, sia perchè la sentenza di prime cure conteneva gli elementi essenziali previsti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, sia perchè l’Agenzia delle entrate non aveva fornito alcun elemento indiziario per affermare l’inesistenza delle operazioni, non avendo prodotto nè il processo verbale di constatazione nè i questionari inviati ai pretesi fornitori della società.

4. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate, depositando memoria scritta.

5. Resta intimata la società.

6. Con ordinanza interlocutoria in data 31-1-2019 si disponeva la rinnovazione della notifica nei confronti della società.

7. La Procura generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di impugnazione l’Agenzia delle entrate deduce “nullità per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, in quanto la Commissione regionale, confermando la validità della decisione di prime cure perchè contenente tutti gli elementi essenziali di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, pronunciata con il mero richiamo ad altra sentenza della Commissione provinciale, relativa ad altro processo tra le stesse parti per diversa annualità (anno 2003), sarebbe incorsa nel medesimo vizio della sentenza di primo grado. Tanto più che, mentre la sentenza della Commissione provinciale (198/2007), nel giudizio tra le stesse parti, relativo al 2003, aveva ritenuto fondato il ricorso della società, altra pronuncia della Commissione provinciale, sempre per il 2003, ma sul ricorso presentato dal legale rappresentante della società, C.I., era stato rigetto (sentenza 294/2006).

2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta “insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, in quanto la Commissione regionale ha fondato il rigetto dell’appello proposto dalla Agenzia delle entrate sulla circostanza del mancato deposito del processo verbale di constatazione e dei questionari inviati agli asseriti fornitori della società, con la conseguente insussistenza di elementi indiziari per far ritenere come inesistenti le operazioni di cui alle fatture emesse dai fornitori. La sentenza fa riferimento alla “omessa contabilizzazione di costi indeducibili”, mentre in realtà era contestata l’omessa contabilizzazione di ricavi “determinati sulla base di cessioni di beni acquistati senza fattura”. Il processo verbale di constatazione ed i questionari, però, sono stati depositati sia con le controdeduzioni di primo grado, sia con l’atto di appello, essendo ricompresi tra i n. 9 allegati. Pertanto, “non è assolutamente esatto quanto condiviso dalla Ctr allorquando afferma che…non sono stati depositati sia il PVC sia i questionari”, trattandosi di vizio di motivazione.

3. Con il terzo motivo di impugnazione la ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, e al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, in quanto la motivazione dell’avviso di accertamento per relationem al processo verbale di constatazione era legittima, essendo quest’ultimo stato consegnato alla contribuente all’esito della verifica. Inoltre, il contenuto dei verbali di risposta ai questionari era integralmente riportato nella stesura del processo verbale di constatazione. Peraltro, la Commissione regionale, in caso di lacune istruttorie, avrebbe dovuto avvalersi dei poteri ufficiosi di acquisizione di prova ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, anche dopo l’abrogazione del comma 3 di tale articolo.

4. Con il quarto motivo di impugnazione la ricorrente deduce “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, in quanto la Commissione regionale ha affermato che le risultanze emerse da controlli incrociati a dimostrazione della emissione di fatture per operazioni inesistenti non sono sufficienti a confutare la documentazione prodotta dalla contribuente, dovendo l’Agenzia suffragare tali indizi con altri mezzi di prova. In realtà, i questionari prodotti in giudizio, riportati anche nel processo verbale di constatazione, hanno consentito alla Agenzia delle entrate di fornire un valido indizio per dimostrare che le fatture sono state emesse per operazioni inesistenti, in quanto i fornitori della contribuente hanno dichiarato di non averla conosciuta. Tra l’altro, il riferimento a L.L.P. da parte della contribuente, quale intermediario con i produttori agricoli, non era rilevante, non avendo la società fornito alcuna documentazione in ordine a tali rapporti contrattuali intercorsi con l’intermediario. Inoltre, anche un solo elemento, se grave e preciso, è idoneo a fondare la presunzione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54. Il contribuente, poi, non ha fornito la prova contraria a dimostrazione che le fatture sono state emesse per operazioni effettivamente realizzate.

5. Il ricorso è inammissibile.

Invero, questa Corte, con ordinanza interlocutoria, in data 31-1-2019 ha disposto che l’Agenzia delle entrate provvedesse alla rinnovazione della notifica del ricorso per cassazione, entro sessanta giorni dalla notificazione del provvedimento, alla società contribuente.

Infatti, si è rilevato che il ricorso per cassazione era stato notificato alla G & G s.r.l., “in via (OMISSIS), Ribera (AG), presso l’Avv. Prof. Salvatore…”, con sottoscrizione della “mamma” e spedizione di CAN, mentre dalla sentenza della Commissione tributaria regionale 65/2011, oggetto di impugnazione, il domicilio era indicato “c/o G. & G. s.r.l., Via (OMISSIS)”.

Tra l’altro, dal fascicolo d’ufficio risulta che nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado la contribuente era difesa dal Dott. Angelo Distefano “con contestuale elezione del proprio domicilio, in relazione al presente processo, presso lo Studio del sottoscritto, sito in Ribera (AG) Viale Garibaldi n. 79” (cfr. documento 7 del fascicolo dell’Avvocatura Generale dello Stato).

Nelle controdeduzioni della Agenzia delle entrate nel giudizio di primo grado e nell’atto di appello predisposto dalla stessa si indica la contribuente G. & G. s.r.l. come “elettivamente domiciliata in Ribera, Viale garibaldi, n. 79, presso lo studio del Dott. Comm. Angelo Distefano”.

L’Agenzia delle entrate ha provveduto alla rinnovazione della notifica nei confronti della G & G s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in (OMISSIS), ma il plico, spedito in data 18-4-2019, è stato restituito alla mittente in quanto la destinataria è risultata “irreperibile” alla data del 2-5-2019.

Per questa Corte, a sezioni unite, in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa (Cass., sez. un., 15 luglio 2016, n. 14594; Cass., sez. 6-3, n. 19059/2017).

Nella specie, però, l’Agenzia delle entrate dopo aver tentato di effettuare la notificazione alla società contribuente ed avere avuto contezza della irreperibilità della stessa, non ha provveduto a riattivare il processo notificatorio nel termine di trenta giorni, sicchè il ricorso per cassazione deve essere dichiarato inammissibile.

6. Non si provvede sulle spese del giudizio di legittimità in quanto la società contribuente non si è costituita.

7. Non opera a carico dell’Agenzia ricorrente il raddoppio del contributo unificato (Cass., 890/2017; Cass., 5955/2014).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 5 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2020

 

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