Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23816 del 14/11/2011

Cassazione civile sez. VI, 14/11/2011, (ud. 18/10/2011, dep. 14/11/2011), n.23816

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – rel. Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 23878/2010 proposto da:

C.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 2, presso lo studio dell’avvocato

SATRIANO Rocco, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati

MANCINI LUIGI, MANCINI LISA giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA UGO DE CAROLIS 34-B, presso lo studio dell’avvocato CECCONI

Maurizio, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAPARO

SERGIO giusta mandato a litem in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 444/2010 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del

26/02/10r depositata il 23/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI PICCIALLI;

udito l’Avvocato Satriano Rocco, difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti;

udito l’Avvocato Cecconi Maurizio, difensore del controricorrente che

si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. UMBERTO APICE che aderisce

alla relazione.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Si riporta di seguito la relazione ex art. 380 bis c.p.c., redatta dal consigliere designato per l’esame preliminare:

“premesso che con la sentenza impugnata la corte fiorentina, in riforma di quella di primo grado, ha accolto la domanda riconvenzionale del convenuto P., di accertamento, con conseguente condanna dell’attore C. al ripristino del relativo tracciato della larghezza di mt. 3, di una servitù di passaggio a favore di un fondo del convenuto ed a carico di quello dell’attore, in origine costituenti parti distinte di un’unica unità fondiaria, ritenendo, sulla scorta delle risultanze dei titoli e di quelle catastali, evidenziate dalle consulenze tecniche, il relativo diritto costituito per destinazione del padre di famiglia, all’atto della vendita, avvenuta nel 1946, di parte dell’originario unico fondo ad opera di una comune dante causa delle odierne parti;

ritenuto che il ricorso del soccombente, affidato a tre motivi (omessa motivazione circa fatto decisivo comportante cessazione della materia del contendere per il venir meno del presupposto di cui all’art. 100 c.p.c., insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla valutazione delle risultanze istruttorie circa punti decisivi in relazione agli artt. 1062 e 1069 c.c., violazione degli artt. 90, 91 e 92 c.p.c., e connessi vizi motivazione), si palesi non meritevole di accoglimento, per le considerazioni di seguito rispettivamente esposte:

1) l’assunta alienazione a terzi, che sarebbe avvenuta in corso di causa senza alcuna riserva di servitù di passo a carico del terreno vendutoci un diverso fondo del convenuto, anteposto a quello servente dell’attore e sul quale avrebbe avuto inizio lo stradello adducente a quello dominante, oltre a costituire una circostanza di fatto non pacifica e, peraltro, dedotta sulla base di richiamo documentale difettante di autosufficienza, non è comunque idonea a determinare il sopravvenuto difetto d’interesse della controparte alla decisione, potendosi al più configurare gli estremi della cessazione dell’utilità e dell’impossibilità di esercizio di tale diritto reale, che secondo quanto disposto dall’art. 1074 c.c., non comportano l’immediata estinzione della servitù;

2) il secondo motivo contiene una serie di censure in fatto, che senza evidenziare alcun malgoverno delle norme sostanziali di riferimento, nè testuali carenze argomentative o illogicità della motivazione esposta dai giudici di appello a sostegno dell’accertamento degli estremi del fatto costitutivo della servitasi risolvono nel palese tentativo di accreditare una diversa interpretazione delle risultanze processuali, inammissibile nella presente sede di legittimità;

3) altrettanto manifesta è l’infondatezza del terzo motivo, relativo al regolamento delle spese processuali, nella specie basato sul criterio della prevalente soccombenza, sulla base di valutazione correlata all’esito finale e complessivo della lite, mentre insindacabile è in questa sede il mancato esercizio della facoltà discrezionale, riservata al giudice di merito, di statuire la compensazione totale o parziale delle spese stesse.

Si propone, conclusivamente, la reiezione del ricorso”.

Tanto premessoci collegio ritiene di dover confermare le ragioni reiettive esposte nella relazione, tenuto conto che le osservazioni esposte nella memoria di parte ricorrente si risolvono, non diversamente dal contenuto del ricorso, in mere, ancorchè diffuse, censure di fatto, sulle base delle quali si tenta di proporre un’ interpretazione delle risultanze di causa diversa da quella, conforme alle norme di diritto applicate ed esente da vizi logici, esposta dalla corte di merito.

Per quanto attiene, in particolare, all’assunta cessazione della materia del contendere, per effetto dell’ alienazione intervenuta nel 1995, in relazione menzionataci ribadisce il difetto di autosufficienza del richiamo documentale e, comunque, la non sufficienza della dedotta mancata riserva di servitù a far venir meno la stessa, ove obiettivamente risultante dalla situazione dei luoghi, a favore dell’altro fondo rimasto in proprietà dell’alienante, tenuto conto oltretutto del principio, già affermato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il venir meno della contiguità tra il fondo servente e quello dominante, per effetto di smembramento di quest’ultimo non determina l’immediata estinzione della servitù, ma la pone soltanto in una condizione di quiescenza che solo se protratta per almeno un ventennio, ne determina l’estinzione (v. Cass. n. 2727/93).

Altrettanto è a dirsi del “disinteresse” che la controparte avrebbe dimostrato in ordine all’esercizio del passaggio, trattandosi di comportamento che solo se tradottosi nel protratto non uso per il tempo suddetto, il che si assume genericamente senza specifico riscontro probatorio, avrebbe potuto determinare l’estinzione della servitù per prescrizione; tale eccezione, peraltro, neppure risulta essere stata specificamente opposta alla domanda riconvenzionale avversa.

Sul terzo motivo non vi è altro da aggiungere a quanto considerato dal relatore. Al rigetto del ricorso, infine, consegue la condanna del soccombente alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso in favore del resistente delle spese del giudizio, in misura di Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2011

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