Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23814 del 28/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 28/10/2020, (ud. 30/05/2019, dep. 28/10/2020), n.23814

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17083/14 (a cui è riunito il ricorso n.

12916/18) proposto dall’Agenzia delle Entrate, rappresentata e

difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato con domicilio in Roma,

via dei Portoghesi, n. 12.

– ricorrente –

contro

Società Techimp Impianti srl, rappresentata e difesa dal prof. avv.

Giuseppe Tinelli presso il cui studio in Roma via delle Quattro

Fontane n. 15 è elettivamente domiciliata.

– Controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la decisione della Commissione Tributaria Regionale della

Sicilia sezione di Siracusa n. 350/16/14 depositata il 4/02/2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/05/2019

dal Consigliere Dott. Catello Pandolfi.

 

Fatto

RILEVATO

L’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR della Sicilia sezione di Siracusa n. 350/16/2014, depositata il 4/02/2014, che aveva accolto parzialmente l’appello della contribuente società “Techimp Impianti” srl.

Per una più agevole comprensione delle vicenda giova ricordare che:

A) L’Agenzia delle Entrate aveva notificato il 18/07/2011 l’avviso di accertamento (OMISSIS), per il recupero di Euro 26.450,00 oltre sanzioni, per aver la società dichiarato in esenzione IRAP, per l’anno d’imposta 2006, ai sensi della L.R. n. 21 del 20013, la somma di Euro 1.166.362,00, traendone un beneficio pari a Euro 61.234,00. Somma che superava, in misura dell’importo oggetto del suindicato recupero, il limite massimo degli aiuti concedibili alle imprese nell’arco di tre esercizi finanziari, fissato in Euro 100.000,00 nell’ambito del regime degli aiuti di Stato c.d. “de minimis”.

Il triennio di riferimento in questione, considerato dall’Amministrazione, era quello relativo agli anni 2004, 2005 e 2006 e il regolamento CE che l’Ufficio assumeva violato era il n. 69/2001.

Nel quadro di tale vicenda la CTP di Siracusa, adita dalla società, aveva respinto il ricorso.

La CTR aveva, invece, parzialmente accolto l’appello della contribuente, ritenendo legittima la pretesa tributaria, ma non dovute le sanzioni, con la decisione impugnata dall’Ufficio in questa sede, oggetto della causa n. R.G. 17083/2014.

L’Agenzia delle Entrate ha basato L’impugnativa in esame su tre motivi.

– Con il primo lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, che la CTR avesse preso in considerazione un profilo dedotto per la prima volta con il gravame dalla società appellante, nel senso che in primo grado, al fine di motivare l’illegittimità delle sanzioni, aveva dedotto esclusivamente l’oggettiva incertezza per il contribuente della formulazione della norma tributaria, mentre in appello aveva chiesto la disapplicazione delle sanzioni per non aver determinato, la violazione contestata, alcun pregiudizio. In tal modo introducendo domande nuove in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57.

– Con il secondo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denuncia erronea e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 5-bis. La CTR aveva ritenuto che la violazione non fosse sanzionabile perchè non vi erano stati riflessi sulla determinazione della base imponibile, mentre la violazione aveva dato luogo al pagamento di un’imposta IRAP inferiore al dovuto.

– Con il terzo motivo, lamenta che la CTR aveva ritenuto l’illegittimità delle sanzioni non in considerazione dell’oggettiva incertezza della formulazione della norma, tale da dar luogo a difficoltà interpretative anche per lo stesso giudice, ma in considerazioni di incertezze derivanti dalla soggettività delle valutazioni del singolo contribuente.

Ha resistito la società con controricorso e ricorso incidentale, a cui ha replicato l’Agenzia con controricorso al ricorso incidentale.

B) Nel corso del suddetto giudizio la società ha presentato istanza, in data 6.10.2017 di sospensione sul presupposto di aver avviato la procedura per la definizione agevolata della controversia ai sensi del D.L. n. 50 del 2017, art. 11. Con successiva istanza, datata 21.12.2018, comunicava che la sua richiesta di definizione agevolata era stata respinta dall’Agenzia delle Entrate, sul presupposto che le controversie riguardanti procedure di recupero di aiuti di stato non rientrassero nell’ambito di applicazione della procedura invocata.

C) Avverso il diniego la società comunicava d’aver proposto ricorso a questa Corte, rubricato con il numero di ruolo 12916/2018.

Con tale secondo ricorso la società contestava che la pretesa avanzata dall’Ufficio con l’avviso di accertamento in questione si configurasse come azione di recupero di aiuti di stato. Assumeva, inoltre, che il triennio di riferimento, ai fini del calcolo del limite consentito di fruizione del beneficio, è quello 2005/2007 e non quello 2004/2006, per cui il regolamento CE da considerare nel caso in esame è il n. 1998/2006 (che ha elevato il limite da Euro 100.000,00 ad Euro 200.000,00) e non il n. 69/2001.

A tale secondo ricorso ha resistito con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Con riferimento ad entrambe i procedimenti, quello n. 17083/2014 e quello n. 12916/2018, con richiesta di riunirli per connessione oggettiva e soggettiva, il P.G. ha depositato, in data 15.4.2019, presso la Segreteria Civile della Procura generale presso questa Corte, le proprie conclusioni.

Diritto

CONSIDERATO

Questa Corte, attesa le ragioni di connessione oggettiva e soggettiva, dispone la riunione del procedimento n. 12916/2018 a quello n. 17083/2014.

D) Per ragioni di ordine logico, è necessario, considerati i riflessi della decisione della seconda sulla prima, esaminare previamente la causa n. 12916/2018, promossa dalla società avverso il diniego da parte dell’Ufficio dell’applicazione al caso in esame della procedura di definizione agevolata della controversia del D.L. n. 50 del 2017, ex art. 11.

I motivi posti a base di tale secondo ricorso, esaminato per primo, sono infondati con conseguente rigetto dello stesso.

Infatti, contrariamente a quanto dedotto dalla società, l’azione dell’Ufficio è da ritenere di recupero di aiuti di stato dal momento che la L.R. n. 21 del 2003, artt. 14 e 15, precisa che “l’applicazione delle presente disposizione è subordinata al rispetto delle vigente normativa comunitaria in materia di aiuti di stato…. Ne deriva che la norma violata non può essere considerata una norma agevolativa nazionale, rispetto alla quale il mero richiamo alla normativa unionale avrebbe soltanto la finalità di indicare per relationem il limite dell’esenzione e il triennio cui far riferimento per verificare se l’esenzione sia stata contenuta nel limite fissato dalla norma comunitaria. Per contro, l’applicazione della legge regionale è, per esplicita previsione, subordinata al rispetto della normativa comunitaria, per cui il superamento del limite dell’aiuto nel triennio implica la violazione della disciplina comunitaria in tema di aiuti “de minimis”.

Pertanto, l’azione dell’Ufficio, conseguente alla violazione, è di recupero di “aiuto di stato non spettante”, anche se limitato all’importo eccedente il limite. Ne discende l’esclusione, ai sensi del D.L. n. 50 del 2017, art. 11, comma 4, lett. b), della controversia in esame dall’ambito della possibile definizione agevolata prevista dal cit. art., comma 1.

E) Venendo all’esame del procedimento n. 17083/2014, è necessario esaminare in primo luogo il ricorso incidentale della società controricorrente, per la sua previetà logica sul ricorso principale, in quanto contesta in radice la legittimità dell’avviso di accertamento.

– Con il primo motivo, lamenta violazione e/o falsa applicazione del Reg. CE 15 dicembre 2005, n. 1998, art. 2, comma 2, e del 10 “considerando”; del Regolamento CE 12 gennaio 2001, n. 69, art. 2, comma 2, e del 5 “considerando” della L.R. Sicilia 29 dicembre 2003, n. 21, artt. 14 e 15, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La ricorrente assume che il regolamento comunitario da applicare nella specie debba essere quello n. 1998 del 2006 e non il n. 69 del 2001, cui la CTR, errando, si è attenuta.

Tale tesi è basata sulla considerazione che il “momento”, per individuare la norma a cui ricondurre la fattispecie, sia quello della presentazione della dichiarazione con la quale il contribuente ha indicato l’esenzione IRAP di cui ha fruito. Nella specie, la dichiarazione è stata presentata il 27 settembre 2007 indicante l’esenzione di Euro 61.234,01 con riferimento all’anno d’imposta 2006.

In base all’assunto della contribuente, il regolamento in quel momento vigente era, appunto, il n. 1998 del 2006, che prevedeva, come limite degli aiuti, la somma di Euro 200.000,00 da fruire in tre esercizi finanziari: quello nel corso del quale la dichiarazione è presentata e i due precedenti. In concreto, stando al caso in esame, il periodo sarebbe stato quello dal 2005 al 2007 incluso. La conseguenza di tale argomentazione è che l’agevolazione goduta dalla società risulta contenuta nei limiti posti dal suindicato regolamento, con conseguente illegittimità della pretesa erariale.

Il motivo non è fondato.

La circostanza che il regolamento indicato dalla parte assuma come riferimento temporale tre “esercizi finanziari” e non “tre anni” (come il precedente) non implica che la disposizione comunitaria di riferimento sia quella vigente al momento della presentazione della dichiarazione, nè che il triennio da considerare, per calcolare l’ammontare degli aiuti, sia dato dall’esercizio finanziario nel corso del quale siano svolti gli adempimenti fiscali e dai due precedenti.

Tale tesi urta con la circostanza che il regolamento CE richiamato dalla contribuente indica come data di entrata in vigore quella del 1 gennaio 2007, tal che non può applicarsi ad agevolazioni influenti per sottrazione sull’entità dei tributi relativi ad un periodo d’imposta antecedente (nella specie il 2006), nel corso del quale, in mancanza di disposizioni di opposto tenore, deve ritenersi trovino applicazione le norme in vigore nel periodo medesimo.

In altri termini, la determinazione della misura dell’obbligazione tributaria relativa al periodo d’imposta 2006 (corrispondente cioè all’anno solare 1/1-31/12/2006) non può che risultare dalle disposizioni (anche quelle in tema di “aiuti di stato”) vigenti sino al 31.12.2006.

– Con il secondo motivo la ricorrente incidentale ritiene che, per altro verso, la norma applicabile vada individuata in quella vigente al momento del pagamento dell’imposta, argomentando da quanto disposto dagli artt. 99 e 109 TUIR.

Anche tale tesi non può essere condivisa.

Infatti, l’art. 99 TUIR, comma 1, da cui la contribuente fa discendere in via generale, la possibile deduzione dell’IRAP “nell’esercizio in cui avviene il pagamento”, è bensì applicabile a tale tributo in forza del D.L. n. 185 del 2008, e del D.L. n. 201 del 2011, ma limitatamente alla deduzione forfetaria del 10% e alla deduzione analitica riguardante la quota delle spese sostenute per il personale dipendente e assimilato.

Si tratta, dunque, di interventi specifici e circoscritti, cui non è possibile, come invece ritiene la società, attribuire loro portata generale applicabile anche alle ipotesi di esenzione previste dalla L.R. n. 21 del 20013, artt. 14 e 15.

– Con il terzo motivo la ricorrente incidentale assume che ai sensi dell’art. 110 TUIR, comma 8, l’esenzione, disconosciuta per il 2006, avrebbe dovuto comunque essere computata nell’esercizio successivo. Operazione legittimamente praticabile – si sostiene – dal momento che la legge regionale in esame prevedeva l’esenzione nell’arco di cinque periodi d’imposta successivi a quelli in corso al 31.12.2003.

Ritiene la società, che non osterebbe a tale prospettiva il riferimento al “triennio” indicato nella normativa comunitaria in esame dal momento che tale limite rileverebbe al solo fine di quantificare la misura massima consentita alla fruizione dell’aiuto di stato.

La tesi non è condivisibile dal momento che la valutazione dell’ammissibilità del beneficio va condotta esclusivamente alla stregua della sovraordinata normativa unionale, in base alla quale il godimento del beneficio è consentito solo se, nell’anno d’imposta considerato (nella specie il 2006) e nel biennio precedente, l’agevolazione non abbia superato il limite (nella specie Euro 100,00, senza che sia possibile, al fine di verificarne il rispetto, considerare un lasso di tempo temporale più ampio, non previsto dal regolamento, desumendolo da una norma nazionale.

Quanto poi al ricorso principale, esso è volto, come detto, a censurare la decisione del giudice regionale per aver ritenuto legittima la pretesa tributaria, ma illegittima l’applicazione delle sanzioni.

In particolare, l’Agenzia, con il terzo motivo, da valutare in primis per quanto si dirà, ha censurato la pronuncia perchè il giudice territoriale aveva errato nell’applicare l’esimente di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, e al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2, in un caso in cui la violazione contestata alla società dipende non da incertezza normativa oggettiva, ma “dalla soggettività delle valutazioni del singolo contribuente”.

Invero e per contro, dalla motivazione dell’impugnata sentenza non è dato desumere che il giudice regionale abbia inserito nella sua valutazione, come parametro, anche incertezze interpretative derivanti da valutazioni soggettive del singolo contribuente. Ha invece attestato il suo giudizio su “obiettiva incertezza sulla portata delle norme”, ritenendo di trarla dal raffronto tra il tenore dei due regolamenti comunitari tra loro e tra essi e la normativa interna cui rinviano. Soprattutto in considerazione dell’inserimento nel nuovo regolamento comunitario della locuzione “esercizio finanziario”, oggettivamente foriera di incertezze sulla sua accezione, tale da determinare erronea interpretazione che la società ha esposto nelle sue difese.

Con il primo e il secondo motivo del ricorso principale, l’Amministrazione aveva anche censurato la decisione per aver la CTR disapplicato le sanzioni, D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 6, comma 5-bis, perchè la violazione non aveva pregiudicato l’azione di controllo nè inciso sulla determinazione della base imponibile, mentre ad avviso dell’Ufficio tale incidenza vi era stata. Il loro esame diviene però superfluo nel momento in cuì la CTU ha correttamente accertata la ricorrenza della esimente di cui al terzo motivo.

Dalle ragioni che precedono, disposta la riunione del ricorso n. 12916/2018 al presente n. 17083/2014, discende tanto il rigetto del ricorso n. 12916/2018 avverso il provvedimento di diniego della definizione agevolata D.L. n. 50 del 2017, ex art. 11; quanto il rigetto del ricorso principale come di quello incidentale oggetto del giudizio n. 17083/2014.

Attesa la particolarità del caso e la reciproca soccombenza le spese possono essere compensate.

P.Q.M.

Dispone la riunione al ricorso n. 17083/2014 del ricorso n. 12916/2018.

Rigetta il ricorso n. 12916/2018 avverso il provvedimento di diniego della definizione agevolata del D.L. n. 50 del 2017, ex art. 11.

Rigetta sia il ricorso principale che il ricorso incidentale oggetto del giudizio n. 17083/2014.

Compensa le spese.

Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente Icos Serbatoi spa dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2020

 

 

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