Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23811 del 28/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/10/2020, (ud. 22/09/2020, dep. 28/10/2020), n.23811

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15883-2019 proposto da:

O.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato SVETLANA TURELLA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE (OMISSIS);

– intimata –

avverso il decreto n. R.G. 2442/2018 del TRIBUNALE di TRENTO,

depositato il 24/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

TERRUSI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

O.F., nigeriano, ricorre per cassazione, con due motivi, contro il decreto del tribunale di Trento che ne ha respinto la domanda di protezione internazionale;

il Ministero dell’Interno ha depositato un mero atto di asserita costituzione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo motivo il ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3 e 14, del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, per avere il tribunale omesso di assolvere all’onere di cooperazione istruttoria a proposito della domanda di protezione sussidiaria, avendo negato il danno grave di cui al citato art. 14, lett. c), senza esaminare la documentazione da esso (richiedente) fornita ovvero senza motivare in ordine all’eventuale irrilevanza della documentazione medesima; ancora egli si duole del fatto che il tribunale non abbia tenuto conto della collocazione geografica dell'(OMISSIS) quale porzione del (OMISSIS) e del fatto che anche in tal stato il richiedente aveva vissuto;

col secondo motivo deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 5 t.u. imm., e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, in relazione alla non concessa protezione umanitaria;

II. – il primo motivo è inammissibile;

il tribunale di Trento ha motivatamente escluso, sulla base di specifiche e pubbliche fonti di conoscenza, l’attuale esistenza nella zona di provenienza del ricorrente di condizioni di violenza generalizzata da conflitto armato;

la critica alla decisione è per tale verso incentrata su una asserzione di segno opposto, che tuttavia è semplicemente finalizzata a sovvertire il giudizio di fatto; non giova la censura nella parte afferente l’asserita omessa considerazione di documentazione aggiuntiva, poichè la scelta delle prove (anche documentali) cui annettere maggiore o minore rilevanza in vista della formazione del convincimento giudiziale è istituzionalmente riservata al giudice del merito; nè l’asserito omesso esame di elementi istruttori può integrare, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la decisione non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (v. Cass. Sez. U n. 8053-14);

III. – anche il secondo motivo, a proposito della protezione umanitaria, è inammissibile;

come questa Corte ha più volte affermato (v. Cass. n. 4455-18, Cass. n. 17072-18 e da ultimo Cass. Sez. U n. 29549-19), la natura residuale e atipica della protezione umanitaria (secondo il regime rilevante pro tempore) implica che il suo riconoscimento debba essere frutto di una valutazione autonoma, da eseguire caso per caso, rispetto alle altre forme tipiche di protezione internazionale, al punto che al richiedente si impone in tale prospettiva di allegare in giudizio fatti specifici e sintomatici, diversi da quelli posti a fondamento delle altre domande di protezione cd. “maggiore” (v. Cass. n. 2112319);

nel decreto ai afferma che la domanda era risultata “carente” di “qualsiasi allegazione in fatto” suscettibile di essere ricondotta alla previsione dell’art. 5 t.u. imm., e che in particolare il richiedente non aveva giustificato in alcun modo lo stato di vulnerabilità personale;

il secondo motivo si limita a sostenere che lo stato di vulnerabilità si sarebbe dovuto dedurre dal fatto che il richiedente, in caso di rimpatrio, si sarebbe visto “catapultato in una realtà (..) ormai estranea”, dove i diritti umani non sono garantiti e dove egli non ha più riferimenti familiari, con conseguente interruzione del percorso di integrazione proficuamente intrapreso;

tuttavia codesti rilievi non pertengono alla specifica ratio in forza della quale il tribunale ha rigettato la domanda ratio consistente nell’evidenziata carenza dell’allegazione di fatti suscettibili di essere considerati nell’alveo dei presupposti della protezione umanitaria;

ciò imponeva semmai e innanzi tutto di specificare, nel rispetto del principio di autosufficienza, cosa concretamente fosse stato allegato a sostegno della domanda di protezione umanitaria, a fronte delle cd. protezioni “maggiori”; il che non è stato fatto;

IV. – l’atto di costituzione dell’avvocatura dello Stato non assume dignità di controricorso, per cui non devesi provvedere sulle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2020

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