Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23810 del 11/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 11/10/2017, (ud. 19/07/2017, dep.11/10/2017),  n. 23810

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. NOCERA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9857-2012 proposto da:

EDILINERTI SRL, S.E. & FIGLI SNC, O.S.,

GESTIONE CAVE ABRUZZO SRL, domiciliati in ROMA PIAZZA CAVOUR presso

la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’Avvocato GIOVANNI PASANISI;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 20/2011 della COMM.TRIB.REG. di L’AQUILA,

depositata il 23/02/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/07/2017 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO.

Fatto

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1. O.S., con contratto registrato il 13.1.2003, vendeva alle società s.n.c. S.E. e Figli, Gestione Cave Abruzzo s.r.l. ed Edilinerti s.r.l. terreni ubicati in (OMISSIS) da destinare a cava. L’agenzia delle entrate notificava avviso di liquidazione con cui rettificava il valore dichiarato in atti da Euro 17.508,00 ad Euro 203.000,00.

Avverso l’atto impositivo proponevano distinti ricorsi il venditore e gli acquirenti e la commissione tributaria provinciale di L’Aquila lo accoglieva. Proponeva appello l’Agenzia delle entrate e la commissione tributaria regionale dell’Abruzzo lo accoglieva, così riformando la sentenza di primo grado, sul rilievo che i terreni sfruttati come cava dovevano essere valutati con il metodo del valore venale e non mediante l’utilizzo del metodo di valutazione automatica in base alla rendita catastale; inoltre non assumeva rilevanza il fatto che non avesse avuto inizio l’attività estrattiva poichè le parti avevano espressamente indicato in atto che i terreni compravenduti erano destinati a cava e tale destinazione si evinceva anche dal certificato di destinazione urbanistica. Quanto al diniego opposto dall’autorità amministrativa competente alla possibilità di sfruttamento dei terreni come cava, tale provvedimento afferiva ad un terreno diverso rispetto a quelli oggetto della compravendita.

2. Avverso la sentenza della CTR propongono ricorso per cassazione i contribuenti affidato a tre motivi. Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate.

3. Con il primo motivo i ricorrenti deducono violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla L. n. 1150 del 1942, art. 7 ed all’art. 55 del regolamento edilizio comunale. Sostengono che la CTR ha ritenuto l’esistenza di una cava in esercizio, nella realtà inesistente, ed ha erroneamente affermato che la sola esistenza del vincolo urbanistico fosse idoneo a modificare la destinazione d’uso del suolo agricolo.

4. Con il secondo motivo deducono vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver omesso la CTR di considerare che l’oggetto del trasferimento della proprietà non era una cava in esercizio bensì terreni agricoli inclusi in zona a vincolo speciale cave e per aver ritenuto l’esistenza della cava solo sulla base del certificato di destinazione urbanistica senza considerare i riscontri fattuali.

5. Con il terzo motivo deducono vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver la CTR esaminato l’eccezione svolta con le controdeduzioni in grado d’appello relativa alla inadeguatezza degli atti comparativi indicati dall’agenzia delle entrate a giustificare il maggior valore accertato. Sostengono, inoltre, che la CTR ha errato nell’interpretazione del documento concernente il diniego alla escavazione, avendo ritenuto che esso riguardasse un terreno diverso mentre, in realtà, esso riguardava anche i terreni per cui è causa.

Diritto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Osserva la Corte che il primo ed il secondo motivo debbono essere esaminati congiuntamente in quanto sottendono le medesime questioni. Essi sono infondati. E’ stato più volte affermato dalla Corte di legittimità che, in tema di imposta di registro, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, che ha fornito l’interpretazione autentica del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, l’edificabilità di un’area, ai fini di sostenere l’inapplicabilità del sistema di valutazione automatica previsto dal D.P.R. n. 131 cit., art. 52, comma 4, dev’essere desunta dalla qualificazione ad esso attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi. L’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è, infatti, sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, senza che assumano alcun rilievo eventuali vicende successive incidenti sulla sua edificabilità, quali la mancata approvazione o la modificazione dello strumento urbanistico, in quanto la valutazione del bene dev’essere compiuta in riferimento al momento del suo trasferimento, che costituisce il fatto imponibile, avente carattere istantaneo (Cass., Sez. Un. n. 25505 del 30/11/2006; Cass. N. 11182 del 21/05/2014). Si ritiene, invero, che quello che interessa al legislatore fiscale è che venga adottato un diverso criterio di valutazione dei suoli, quando questi siano avviati sulla strada della edificabilità poichè, normalmente, già l’avvio della procedura per la formazione del PRG determina una “impennata” di valore, pur con tutti i necessari distinguo riferiti alle zone e alla necessità di ulteriori passaggi procedurali. Il fulcro della norma interpretativa è costituito dalla precisazione che la edificabilità dei suoli, ai fini fiscali, non è condizionata dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo proprio perchè il valore del terreno nelle contrattazioni aumenta per effetto della sola adozione di un piano regolatore che ne preveda l’edificabilità. Ciò che assume rilievo, dunque, ai fini del prelievo fiscale è lo stato di fatto del terreno secondo lo strumento urbanistico che lo conforma.

Nel caso che occupa non è contestato che per i terreni per cui è causa è previsto dallo strumento di pianificazione urbanistica lo sfruttamento per attività estrattiva, seppure previo rilascio di autorizzazione amministrativa. Ne consegue che la circostanza che per l’area sia prevista dallo strumento urbanistico la possibilità di utilizzazione come cava esclude la natura agricola del terreno non assumendo rilevanza alcuna la necessità che, per l’effettivo sfruttamento, il proprietario od un terzo interessato debbano ottenere l’autorizzazione che viene rilasciata previa verifica della sussistenza delle condizioni previste per il rilascio della stessa, così come non esclude la natura edificatoria del terreno il fatto che il proprietario debba munirsi della concessione per poter edificare (cfr. Cass. n. 23045 del 18/10/2016).

2. Il terzo motivo è inammissibile nella parte in cui si sostiene che la CTR ha errato nell’interpretazione del documento di diniego alla escavazione, avendo ritenuto che esso riguardasse un terreno diverso mentre, in realtà, esso riguardava anche i terreni per cui è causa.

Il vizio denunciato, invero, si configura quale errore percettivo previsto dall’art. 395 c.p.c., n. 4, idoneo a costituire motivo di revocazione, poichè consiste, in tesi, in una falsa percezione del contenuto del documento esaminato che si è sostanziata nell’affermazione, da parte della CTR, che esso riguardava terreno diverso da quelli per cui è causa; solo nel caso in cui i giudici di appello avessero semplicemente ignorato il documento, omettendo di esaminarne il contenuto, avrebbe potuto configurarsi un vizio di motivazione e non il vizio revocatorio (cfr. Cass. n. 9637 del 19/04/2013; Cass. n. 19921 del 14/11/2012).

Il motivo è, invece, fondato nella parte in cui si sostiene che la CTR non ha esaminato l’eccezione svolta con le controdeduzioni in grado d’appello relativa alla inadeguatezza degli atti comparativi indicati dall’agenzia delle entrate a giustificare il maggior valore accertato, avendo omesso, così, di motivare il giudizio di congruità implicitamente svolto in ordine al valore indicato dall’agenzia delle entrate con l’avviso di liquidazione impugnato.

3. In relazione alla censura accolta si impone, dunque, la cassazione dell’impugnata decisione con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo in diversa composizione che procederà alle necessarie verifiche e deciderà nel merito oltre che sulle spese di questo giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il terzo motivo di ricorso, rigetta gli altri motivi, cassa l’impugnata decisione e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 19 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2017

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