Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23808 del 11/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 11/10/2017, (ud. 17/07/2017, dep.11/10/2017),  n. 23808

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6769-2013 proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA PINTURICCHIO

45, presso lo studio dell’avvocato CATERINA BORELLI, rappresentato e

difeso dall’avvocato PAOLA MADDALENA FERRARI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. della LOMBARDIA

depositata il 07/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/07/2017 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI.

Fatto

RILEVATO

CHE:

B.G., medico generico convenzionato con il SSN, propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, che non svolge difese, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in epigrafe indicata, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione del rigetto opposto dall’Amministrazione finanziaria sotto forma del silenzio rifiuto avverso le istanze di rimborso dell’IRAP versata negli anni dal 2000 al 2007, avanzate dal contribuente – è stata confermata la decisione di primo grado, che ne aveva respinto il ricorso.

In particolare, il giudice d’appello ha affermato che la parte privata, a fronte dei compensi corrisposti a terzi e delle quote di ammortamento relative all’acquisto di beni strumentali, rilevabili dalle dichiarazioni dei redditi, non aveva fornito le necessarie spiegazioni,ed ha escluso che la eventuale qualifica di lavoratore parasubordinato potesse avere rilievo ai fini dell’assoggettamento dell’IRAP.

Il ricorso è stato fissato dinanzi all’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. Primo motivo – Erroneità ed infondatezza della motivazione, carente e/o omessa valutazione della documentazione prodotta su punti decisivi della controversia, nonchè falsa interpretazione del D.Lgs. n. 446 del 2007, art. 2 del D.P.R. n. 270 del 2000 e degli accordi economici collettivi di riferimento, ciò al fine della affermazione di diritto per la quale non sussiste il requisito dell’autonoma organizzazione ai fini IRAP in assenza di personale dipendente (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5). Secondo il ricorrente i compensi a terzi risultanti dalle dichiarazioni dei redditi erano estremamente modesti, funzionali allo svolgimento della professione secondo le condizioni imposte dalla convenzione con il SSN e riguardavano prestazioni occasionali autonome (il commercialista, il sostituto per il periodo feriale ed occasionalmente un infermiere).

1.2. Secondo motivo – erroneità ed infondatezza della motivazione della sentenza per mancata valutazione, violazione della interpretazione degli accordi nazionali in quanto in contrasto con la L. n. 833 del 1978, artt. 1 e 25 con la convenzione a.c.n. per la medicina generale (artt. 5, 6, 26, 36, 46 e 59) e con la circolare dell’Agenzia delle entrate n.28/E del 28.05.2010 (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5). Secondo il ricorrente i costi sostenuti per i beni strumentali erano quelli necessari per raggiungere gli scopi della convenzione, trattandosi delle dotazioni minime di cui il medico di medicina generale deve avvalersi.

1.3. Terzo motivo – erroneità ed infondatezza della motivazione della sentenza per violazione dell’art. 50 T.U.I.R. e per violazione degli artt. 3 e 53 Cost., al fine di affermare che il reddito del medico di medicina generale, in quanto presidio del SSN, rientra tra quelli descritti nell’art. 50 cit. e quindi va considerato come lavoro subordinato.

2.1. I motivi primo e secondo possono essere trattati congiuntamente per connessione; sono fondati e vanno accolti.

2.2. Osserva la Corte che in tema di imposta regionale sulle attività produttive, il presupposto dell'”autonoma organizzazione” richiesto dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 non ricorre quando il contribuente responsabile dell’organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive (Sez. U, n. 9451 del 10/05/2016; cfr. anche Sez. 5, n. 22468 del 04/11/2015).

2.3. Con riferimento all’attività del medico convenzionato con il SSN, questa Corte ha rimarcato che l’art. 22 dell’Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici dì medicina generale, reso esecutivo con il D.P.R. n. 270 del 2000, prevede che “ai fini dell’instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale di assistenza primaria ciascun medico deve avere la disponibilità di almeno uno studio professionale nel quale esercitare l’attività convenzionata” e che detto studio “deve essere dotato degli arredi ed attrezzature indispensabili per l’esercizio della medicina generale, di sala di attesa adeguatamente arredata, di servizi igienici, illuminazione e areazione idonea ivi compresi idonei strumenti di ricezione delle chiamate e che detti ambienti possono essere adibiti, o esclusivamente ad uso di studio medico con destinazione specifica, ovvero essere inseriti in un appartamento di civile abitazione, con locali appositamente dedicati.”. Da tale previsione consegue che, come questa Corte ha già affermato, per i medici di medicina generale convenzionati con il SSN la disponibilità di uno studio, dotato delle caratteristiche ed attrezzature indicate nella norma su menzionata, rientra nell’ambito del “minimo indispensabile” per l’esercizio dell’attività professionale, attesa l’obbligatorietà di tale disponibilità ai fini dell’instaurazione e mantenimento del rapporto di convenzione onde tale elemento non integra, in sè considerato, il requisito dell’autonoma organizzazione (Cass. nn. 13405/2016, 10240/2010, 1158/2012).

E’ stato, inoltre, chiarito, sempre riguardo al caso del medico di base che, in materia di IRAP, l’avvalersi in modo non occasionale, da parte dello stesso, della collaborazione di terzi, non costituisce, di per sè, fattore sufficiente e decisivo per determinare il riconoscimento della “autonoma organizzazione”, dovendo il giudice del merito accertare in concreto se tale prestazione lavorativa rappresenti quel valore aggiunto idoneo ad accrescere la capacità produttiva del professionista (Sez. 6 – 5, n. 26982 del 19/12/2014; conf. Sez. 6 – 5, n. 3755 del 18/02/2014).

2.4. Con la decisione gravata, la CTR non ha dato corretta applicazione a detti principi in quanto, con motivazione estremamente sintetica e generica, ha ritenuto di potere confermare la statuizione di primo grado, solo sulla scorta della ricorrenza di spese per l’acquisto di beni strumentali e per compensi a terzi, senza avere accertato se le stesse fossero risultate eccedenti dal minimo indispensabile per l’attività esercitata.

3.1. Il terzo motivo va rigettato perchè infondato. E’ consolidata nell’orientamento della giurisdizione di legittimità, la configurazione del rapporto del medico convenzionato con il SSN come un rapporto di lavoro autonomo parasubordinato (Cass. 2007, n. 3674; Cass. 2007, n. 11372; 20 maggio 2009, n. 111762; Cass. 21954/2010) e, quindi, astrattamente assoggettabile ad IRAP.

4.1 In conclusione il ricorso va accolto sui motivi primo e secondo, infondato il terzo; la sentenza, non potendo la controversia essere decisa nel merito, va cassata e rinviata alla CTR della Lombardia in diversa composizione per il riesame alla luce dei principi espressi e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

 

– accoglie il ricorso sui motivi primo e secondo, infondato il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Lombardia in diversa composizione per il riesame e per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 17 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2017

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