Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23806 del 11/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 11/10/2017, (ud. 17/07/2017, dep.11/10/2017),  n. 23806

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15932-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.G., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato LUIGI MICHELE MARIANI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 39/2011 della COMM.TRIB.REG. della Lombardia,

depositata il 14/03/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/07/2017 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI.

Fatto

RILEVATO

CHE:

L’Agenzia delle entrate ricorre con due motivi per la cassazione della sentenza della CTR della Lombardia, in epigrafe indicata, che in controversia proposta da S.G. contro l’avviso di accertamento emesso per IRPEF, IVA ed IRAP per l’anno di imposta 2003 sulla scorta degli studi di settore, ha confermato la prima decisione di annullamento dell’accertamento.

Il contribuente resiste con controricorso.

Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. Primo motivo – violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). La ricorrente si duole che la CTR, nel ritenere illegittimo l’accertamento, abbia sostanzialmente ritenuto che l’Ufficio si fosse limitato ad applicare acriticamente le risultanze dello studio di settore, senza motivare circa i rilievi formulati dal contribuente in sede di contraddittorio, e fa rilevare che l’Ufficio aveva correttamente instaurato il contraddittorio con il contribuente ed aveva tenuto conto di tali esiti nella determinazione del reddito.

1.2. Secondo motivo – Violazione e falsa applicazione dei principi generali che regolano il processo tributario di merito, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 1 e 2 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4). La ricorrente premette che la CTR erroneamente ha ritenuto che l’Ufficio avesse adottato un “nuovo studio di settore” e chiesto al giudice di appello di rideterminare il reddito, mentre si era limitato a chiedere la conferma dell’accertamento; si duole quindi che, poichè il giudizio tributario riguarda il rapporto tributario e non l’atto, la CTR abbia escluso, ove del caso, di poter procedere ad una pronuncia sostitutiva dell’accertamento dell’Ufficio, indipendentemente da qualsiasi onere di sollecitazione delle parti.

2.1. Il primo motivo è fondato e va accolto.

2.2. Giova premettere in punto di diritto che, per costante e condiviso principio di questa S.C., in tema di “accertamento standardizzato” mediante parametri o studi di settore, il contraddittorio con il contribuente costituisce elemento essenziale e imprescindibile del giusto procedimento che legittima l’azione amministrativa, in specie quando si faccia riferimento ad una elaborazione statistica su specifici parametri, di per sè soggetta alle approssimazioni proprie dello strumento statistico, e sia necessario adeguarle alla realtà reddituale del singolo contribuente, potendo solo così emergere gli elementi idonei a commisurare la “presunzione” alla concreta realtà economica dell’impresa. Ne consegue che la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel mero rilievo dello scostamento dai parametri, ma deve essere integrata (anche sotto il profilo probatorio) con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio, solo così emergendo la gravità, precisione e concordanza attribuibile alla presunzione basata sui suddetti parametri e la giustificabilità di un onere della prova contraria (ma senza alcuna limitazione di mezzi e di contenuto) a carico del contribuente (Cass. n. 27822/2013).

2.3. Nel presente caso, contrariamente a quanto sembra assumere la CTR l’Agenzia aveva tenuto conto delle controdeduzioni della parte in sede di contraddittorio endoprocedimentale ed il giudice tributario poteva liberamente valutare tanto l’applicabilità degli “standards” al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente” (Cass. Sez. Unite 26635/2009, conf., tra le tante altre successive, Cass. nn. 12558/2010, 13594/2010, 13498/2015).

2.4. La CTR non ha dato corretta applicazione a questi principi perchè, pur avendo correttamente ricordato che la applicazione degli studi di settore si fonda su presunzioni relative che ammettono la prova contraria, in ragione della finalità perseguita di accertamento del reddito effettivo del contribuente, ha erroneamente ritenuto una volta che il contribuente aveva fornito, come sarebbe avvenuto nel caso, elementi volti a superare l’operatività delle presunzioni, l’Ufficio “deve a sua volta cercare di fornire elementi adeguati alla confutazione operata” (fol. 4 della sent. impugnata), ipotizzando una sorta di ulteriore e non prevista inversione dell’onere della prova a carico dell’Ufficio, che questi non avrebbe assolto, rimanendo inerte e limitandosi a fare riferimento allo “scostamento”, senza scendere sul piano della contestazione dei rilievi esposti dal contribuente.

2.5. Tale statuizione appare errata perchè non risponde al procedimento previsto per l’applicazione degli studi di settore prima ricordato, che richiede che l’Ufficio motivi in ordine a quanto emerso all’esito del contraddittorio, ma non che fornisca nuovi elementi a confutazione di quanto dedotto dal contribuente. La CTR avrebbe dovuto invece procedere ad una puntuale e motivata valutazione nel merito sia degli elementi presuntivi offerti dall’Ufficio che dei fatti a discarico opposti dal contribuente nel corso del contraddittorio ed in sede giudiziale e, quindi, fondare su ciò la sua statuizione.

Nel caso di specie la CTR non sembra nemmeno aver tenuto conto che il contraddittorio era stato previamente instaurato con il contribuente, il quale – nel corso dello stesso – aveva addotto le proprie giustificazioni in ordine al riscontrato scostamento tra quanto dichiarato e quanto risultante dall’applicazione degli studi di settore; che siffatte giustificazioni erano state poi tenute in considerazione dall’Ufficio nel ridurre la propria pretesa.

3.1. Anche il secondo motivo è fondato.

3.2. Secondo la ormai pacifica giurisprudenza di questo giudice di legittimità il processo tributario non è diretto alla mera eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma ad una pronuncia di merito, sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell’accertamento dell’ufficio, con la conseguenza che il giudice tributario, ove ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi di ordine sostanziale (e non meramente formali), è tenuto ad esaminare nel merito la pretesa tributaria e a ricondurla, mediante una motivata valutazione sostitutiva, alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte (v. tra numerose altre, da ultimo Cass. n. 26157 del 2013).

4. Conclusivamente, il ricorso va accolto su entrambi i motivi; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, per il riesame e la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.

PQM

 

– Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione per il riesame e la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 17 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2017

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