Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23805 del 02/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 02/09/2021, (ud. 16/03/2021, dep. 02/09/2021), n.23805

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2931-2020 proposto da:

M.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE CORTINA

D’AMPEZZO, 186, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO GIORGIO

SCALETTA, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ITAS MUTUA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato DIEGO BONANNI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4344/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 26/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCA

FIECCONI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. M.R. propone ricorso per cassazione, affidato a un unico motivo e illustrato da memoria, avverso la sentenza n. 4344/2019 della Corte d’Appello di Roma. Con controricorso, resiste la ITAS MUTUA, in qualità di cessionaria del ramo d’azienda costituito dalla Rappresentanza Generale per l’Italia di RSA – Sun Insurance Office LTD.

2. Per quanto ancora rileva, il sig. M. conveniva in giudizio la RSA – Sun Insurance Office LTD chiedendone la condanna al pagamento dell’indennizzo di polizza pari al valore del veicolo Porsche assicurato per Euro 36.500,00 deducendo che, in data 6/6/2009, in Roma, l’auto gli era stata rubata mentre era posteggiata, per dieci minuti, in Via (OMISSIS) nei pressi della propria abitazione. Si costituiva la compagnia assicuratrice assumendo che un pregresso sinistro stradale del 26/3/2009 aveva inciso sul valore del veicolo, difatti, l’assicurato era stato risarcito con Euro 13.000,00; nonché, rilevando che il proprietario aveva smarrito le chiavi dell’auto e i documenti identificativi della proprietà del veicolo, come emergeva dalla denuncia alla pubblica autorità del 19/3/2009; tuttavia, il fatto non era stato reso noto dall’assicurato alla compagnia nonostante costituisse aggravamento del rischio ex art. 1898 c.c.; inoltre, contestava il fatto storico per come narrato dall’attore. Il Tribunale di Roma accoglieva la domanda attorea e condannava la RSA al pagamento di Euro 38.860,00, oltre spese di lite.

3. Avverso la sentenza di prime cure, la RSA ha proposto gravame dinanzi alla Corte d’Appello di Roma che, con la pronuncia in questa sede impugnata, ha accolto l’appello e, per l’effetto, ha rigettato la domanda di indennizzo del M.. In particolare, la Corte di merito ha ritenuto non provato l’an debeatur in quanto emergevano incongruenze dalla denuncia di furto del 6/6/2009 che aveva costituito l’unica fonte di prova utilizzata dal giudice di prime cure per ritenere provato il fatto per come dedotto da parte attrice; nonché, in quanto appariva poco plausibile la ricostruzione fornita dall’attore considerando che, per allontanarsi per 10 minuti dal veicolo, egli aveva prelevato dall’auto la carta di circolazione, il certificato e il contrassegno assicurativo; inoltre, desumeva argomenti anche dalla circostanza che l’immobile in cui si era recato non era la propria abitazione, come dichiarato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo si denuncia “ex art. 360 c.p.c., n. 3. Violazione e falsa applicazione di norme di diritto e precisamente integrale disapplicazione dell’art. 2697 c.c., comma 1 e in particolare 2 e dell’art. 116 c.p.c. (onere della prova e valutazione delle prove da parte del Giudice). Violazione e falsa applicazione di norme di diritto e precisamente integrale disapplicazione degli artt. 2727-2729 c.c.”. La Corte d’Appello avrebbe violato il principio dell’onere della prova, assolto interamente dall’attore, attuale ricorrente, risultando completamente carenti di prova le eccezioni della compagnia convenuta. In particolare, il giudice, ragionando sulla base di presunzioni, avrebbe disatteso la prova legale fornita da parte attrice con la denuncia di furto ai Carabinieri; nonché, avrebbe surrogato l’onere della prova della convenuta sulla base di presunzioni rispetto alle quali non ha motivato i caratteri di gravità, precisione e concordanza.

2. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità ex art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6 in quanto la censura non si rapporta alla ratio decidendi.

2.1. Nel caso in esame, la Corte di merito ha accolto l’appello della compagnia assicuratrice convenuta in quanto l’attore non ha provato l’an debeatur, posto che emergevano incongruenze tra le circostanze dichiarate ai Carabinieri nella denuncia di furto del 6/6/2009 e le altre risultanze ex actis. Dunque, il gravame non è stato accolto non tanto perché si è invertito l’onere della prova, ma perché sono state ritenute fondate le eccezioni in senso lato opposte da parte appellante e, dunque, non provato il furto integrante il rischio indennizzabile tramite la polizza stipulata, fatto che era onere dell’assicurato provare come realizzatosi in concreto.

2.2. Il motivo deve ritenersi inammissibile, perché, innanzitutto, non si confronta con la ratio decidendi, per quanto rilevato dalla giurisprudenza di questa Corte in ordine all’onere di specificità derivante dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, per cui il ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve indicare non solo le norme di legge di cui intende lamentare la violazione ed esaminarne il contenuto precettivo, ma anche raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che esse contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla S.C. il compito di individuare i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (in tal senso, Cass., Sez. U -, Sentenza n. 23745 del 28/10/2020; v. anche Cass., Sez. 6 1, Ordinanza n. 4905 del 24/2/2020; Sez. 3, Sentenza n. 13066 del 5/6/2007).

2.3. Il motivo è parimenti inammissibile ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in mancanza di qualsiasi individuazione, diretta e indiretta, degli atti cui il ricorso fa riferimento. Gli unici atti localizzati sono il “certificato storico anagrafico prodotto (All. 5)” e la “Dichiarazione di successione (All. 6)”: documenti, invero, non decisivi rispetto alle doglianze svolte. Di contro, il ricorrente avrebbe dovuto riportare, anche in sintesi, e localizzare i contenuti della denuncia di furto e delle eccezioni della convenuta su cui le violazioni si fondano (per tutte, Cass., Sez. U, Sentenza n. 34469 del 27/12/2019).

2.4. E’ comunque infondato l’assunto del ricorrente di violazione degli artt. 2727-2729 c.c. sulla decisività probatoria della denuncia di furto dell’auto, in quanto atto pubblico che avrebbe efficacia di piena prova che, pertanto, il giudice di merito non potrebbe valutare quanto al contenuto. Difatti, l’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti o degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza, ma non prova la veridicità e l’esattezza delle dichiarazioni rese dalle parti, le quali possono essere contrastate ed accertate con tutti i mezzi di prova consentiti dalla legge, senza ricorrere alla querela di falso (Cass., Sez. 2 -, Ordinanza n. 22903 del 29/9/2017; v. anche Cass., Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 20214 del 25/7/2019 e Sez. 1, Sentenza n. 11012 del 9/5/2013). Peraltro, questa Corte ha avuto modo di precisare che anche la denuncia in sede penale di determinati fatti delittuosi non è sufficiente per considerare come avvenuti i fatti denunciati (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 1935 del 10/2/2003).

2.5. Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile con ogni conseguenza in ordine alle spese e al contributo unificato, da porsi a carico del ricorrente.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; per l’effetto condanna il ricorrente alle spese, liquidate in favore del controricorrente in Euro 3000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, 15% di spese forfetarie e oneri di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile – 3, il 16 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2021

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