Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23803 del 23/11/2016


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Cassazione civile sez. trib., 23/11/2016, (ud. 30/06/2016, dep. 23/11/2016), n.23803

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CANZIO Giovanni – Presidente –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

Dott. DAVIGO Piercamillo – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. ANDRONIO Alessandro M. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1800-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AUTOLATINA SRL in persona degli Amm.ri e legali rappresentanti pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA V.LE DELLE MILIZIE 138,

presso lo studio dell’avvocato ALEXANDER ABATE, rappresentato e

difeso dagli avvocati GUIDO CALISI, RAFFAELE VOLPE giusta delega in

calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 591/2008 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LATINA, depositata il 05/12/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/06/2016 dal Consigliere Dott. ANDRONIO ALESSANDRO;

udito per il ricorrente l’Avvocato PISANA che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI ANNA MARIA che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – Con sentenza del 29 ottobre-5 dicembre 2008, la Commissione tributaria regionale di Roma ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della sentenza di primo grado, con la quale era stato annullato un avviso di accertamento con recupero a tassazione, per l’importo di L. 623.623.000, quali presunti maggiori ricavi rispetto al dichiarato, emesso nei confronti della Autolatina s.r.l..

2. – Avverso la sentenza d’appello l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi di doglianza, chiedendone l’annullamento.

La società contribuente, Autolatina s.r.l. ha proposto controricorso, con cui ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso, sul rilievo che lo stesso sarebbe stato presentato dalla sede centrale dell’Agenzia delle Entrate e non dall’ufficio locale, unico legittimato. Nel merito, la resistente chiede il rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. – Preliminarmente deve essere rigettata l’eccezione di difetto di legittimazione proposta dalla società contribuente. Deve infatti ricordarsi che, secondo il costante orientamento di questa Corte che va qui ribadito, la regola generale secondo cui la legittimazione spetta all’Agenzia delle entrate, in persona del direttore generale, presso la sede centrale dell’ente in Roma, trova solo un temperamento nel D.Lgs. n. 56 del 1992, artt. 10 e 12, i quali attribuiscono la capacità di stare in giudizio agli uffici finanziari che hanno emesso l’atto impugnato, ovvero agli uffici periferici dell’Agenzia delle entrate. In altri termini, la legittimazione processuale è conferita in modo concorrente e alternativo, secondo un modello simile alla preposizione institoria di cui agli artt. 2203 e 2204 c.c., sia alla sede centrale sia alle sedi periferiche (ex multis, sez. un., 15 dicembre 2005-14 febbraio 2006, n. 3118/2006; sez. 5, 17 giugno-3 ottobre 2014, n 20911). Correttamente, dunque, nel caso di specie il ricorso per cassazione è stato proposto dall’Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore, dovendosi intendere, con tale formulazione, la sede centrale della stessa Agenzia.

4. – Nel merito, il ricorso è infondato.

4.1. – Con il primo motivo di doglianza, il ricorrente sostiene che la Commissione tributaria provinciale ha ritenuto insussistente il preteso vizio di motivazione dell’avviso di accertamento prospettato dalla contribuente, con statuizione non impugnata e, dunque, passata in giudicato.

Il motivo è infondato. Non vi è dubbio che nella sentenza impugnata si affermi che il prospettato difetto di motivazione dell’atto impugnato non sussiste. Nondimeno, la Commissione tributaria regionale esclude espressamente che tale statuizione sia di per sè rilevante ai fini della decisione. La ratio decidendi seguita dai giudici di secondo grado è infatti quella di valorizzare la circostanza che il libro inventari era stato comunque tenuto, evidenziando che “i risultati dell’accertamento induttivo erano al di fuori di qualunque realtà aziendale e contrastavano con i criteri civilistici di valutazione delle rimanenze”. In particolare, si sottolinea che l’avviso di accertamento non esplicita i criteri e le motivazioni che possono suffragare i maggiori ricavi accertati, rispondendo, sul punto, alla specifica doglianza della contribuente (su cui v. subito infra).

4.2. – Con il secondo motivo di ricorso, si lamenta che la Commissione tributaria regionale si sarebbe pronunciata sulla sussistenza dei presupposti per il ricorso alla procedura presuntiva di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, pur in mancanza di una specifica doglianza sul punto.

La censura è infondata. Dalla lettura delle conclusioni rassegnate dalla contribuente nel giudizio di secondo grado emerge che la stessa aveva chiesto la conferma della sentenza di primo grado, sostenendo che i rilievi contenuti nell’avviso di accertamento oggetto di contenzioso dovevano essere ritenuti infondati e basati su metodo illegittimo. Tali richieste riprendono sostanzialmente quelle formulate dalla stessa contribuente di fronte la giudice di primo grado, in cui si lamentavano la carenza di motivazione dell’avviso di accertamento, per la sostanziale mancanza di puntuali riferimenti all’effettiva realtà contabile aziendale. Rispondendo a tali rilievi, la Commissione tributaria regionale ha escluso la sussistenza di irregolarità di tale gravità da comportare l’inattendibilità della contabilità societaria.

4.3. In terzo luogo, la ricorrente deduce la violazione dei principi in materia di onere della prova (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, artt. 2729 e 2697 c.c.). Rileva, sul punto, che la irregolare tenuta delle scritture contabili rappresenta una circostanza pacifica in atti e che, in presenza di un tale presupposto, la contribuente avrebbe dovuto essere ritenuta onerata della prova contraria.

Il motivo è infondato.

Con valutazione di merito insindacabile in questa sede, la Commissione tributaria regionale afferma che, dall’esame comparato dei tabulati relativi alle annualità in questione, emerge che i metodi di calcolo applicati sono esatti e, conseguentemente, che le risultanze non potevano essere smentite con semplice presunzione.

4.4. – Inammissibile, per genericità, è il quarto motivo di doglianza, riferito alla mancanza di motivazione circa le ragioni e le specifiche risultanze sulla base delle quali la Commissione tributaria regionale ha ritenuto di superare l’accertamento induttivo compiuto dall’ufficio.

Con valutazione di merito non compiutamente contestata neanche con il ricorso per cassazione – la Commissione di secondo grado ha evidenziato che, oltre all’esattezza dei metodi di calcolo applicati dalla società contribuente quanto agli anni d’imposta 1997 – 1999, i rilievi effettuati dei verbalizzanti non hanno tenuto conto della differenza tra valorizzazione del costo del venduto relativo ad una contabilità e “quello “contabile”, scaturente dalla valorizzazione delle rimanenze finali con il metodo c.d. LIFO”.

5. – In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Le spese del presente grado di giudizio devono essere integralmente compensate – analogamente a quanto già avvenuto nel giudizio di secondo grado – in considerazione della natura della controversia e della qualità delle parti.

PQM

Rigetta il ricorso. Dichiara integralmente compensate le spese del presente grado di giudizio.

Così deciso in Roma, il 30 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2016

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