Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23803 del 02/09/2021

Cassazione civile sez. I, 02/09/2021, (ud. 14/06/2021, dep. 02/09/2021), n.23803

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 25186/2020 proposto da:

F.S.D.C., rappresentata e difesa dall’Avv. Maria

Cristina Borile, in forza di procura speciale in calce al ricorso

per cassazione;

– ricorrente –

contro

Avv. I.C., tutore del minore E.F.Y.I.

rappresentata e difesa, per procura in calce al controricorso,

dall’Avv. Arturo Bava;

– controricorrente-

e nei confronti di:

E.F.A., padre del minore;

Procura Generale presso la Corte di appello di Genova;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte di appello di GENOVA n. 65/2020

pubblicata il 24 luglio 2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14 giugno 2021 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con sentenza del 24 luglio 2020, la Corte di appello di Genova, in parziale accoglimento dell’appello proposto da F.S.D.C., avverso la sentenza del Tribunale per i Minorenni di Genova n. 38/2019, depositata il 29 marzo 2019, che aveva dichiarato lo stato di adottabilità del minore E.F.Y., nato a (OMISSIS) e decaduti dalla responsabilità genitoriale E.F.A. e F.S.D.C., ha revocato la dichiarazione di decadenza dalla responsabilità genitoriale di E.F.A. e di F.S.D.C..

2. La Corte di appello, all’esito di consulenza tecnica di ufficio disposta sulle capacità dei genitori e della nonna materna, ha affermato che le capacità genitoriali di entrambi i genitori risultavano scarse e al momento difficilmente implementabili anche con eventuali percorsi di supporto, alla luce dei precari e difficili rapporti di entrambi con le istituzioni, la loro pervicace acriticità e la loro tendenza a mentire, mistificare e minimizzare; ha messo in evidenza lo stato di tossicodipendenza superato dalla madre, ma non dal padre, e la fortissima conflittualità esistente fra i due genitori, con episodi di lesioni e violenza ai quali aveva assistito il figlio; anche la nonna materna sembrava avere difficoltà con il minore sia sul piano organizzativo e logistico, che sul piano educativo e relazionale; pure i comportamenti assunti dal minore a scuola, specificamente indicati, giustificavano sia la dichiarazione di adottabilità, che la scelta di non acconsentire ai contatti del minore con la famiglia di origine.

3. F.S.D.C., avverso la detta sentenza, ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi.

4. L’Avv. I.C., nella qualità di tutore del minore, ha depositato controricorso.

5. E.F.A., padre del minore, non ha svolto difese.

6. Entrambe le parti costituite hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo si deduce la violazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1, 4, 8, 12 e 15 perché la Corte di appello non aveva preso in considerazione che la ricorrente aveva positivamente concluso i controlli tossicologici presso il Sert e i colloqui con operatori Dipartimento di Salute Mentale, come attestato dalla relazione del Sert dell'(OMISSIS) e che non erano stati evidenziati profili di patologia psichiatrica o psicologica nella successiva diagnosi espressa dal Dipartimento di Salute Mentale del (OMISSIS); che non sussisteva la condizione di abbandono del figlio, poiché questi era stato istituzionalizzato dopo la nascita e che la fragilità caratteriale della madre e le difficoltà di comprensione della lingua italiana avevano condizionato significativamente e negativamente l’intero procedimento tee; che la ricorrente facesse uso di cocaina non risultava da alcun atto del processo e comunque detta circostanza era stata smentita dal positivo superamento dei test tossicologici da parte della madre, come certificati dalla ASL (OMISSIS) e totalmente ignorati dalla Corte; non era stata accertata la irreversibile violazione delle responsabilità genitoriale, né si era sperimentata la relazione madre/bambino e non vi era stato un sostegno mirato fornito dal Servizio Sociale, che avrebbe dovuto comprendere la partecipazione costante di un mediatore culturale; anche il consulente tecnico d’ufficio aveva affermato, a pag. 21 della relazione, che non era stato oggetto di approfondimento il motivo per cui non era stata considerata l’ipotesi di un inserimento in comunità madre – bambino, per il cambio di operatori; il Tribunale prima e la Corte di appello dopo avevano ritenuto sussistente lo stato di abbandono per i precedenti penali e il carattere violento del padre e per l’accettazione di questa situazione da parte della madre, così non svolgendo un giudizio attuale e riflettendo sulla madre il giudizio di disvalore effettuato sul padre; che era stato disposto l’affidamento preadottivo, in violazione della L. n. 184 del 1983, art. 22 che richiedeva che la sentenza di adottabilità diventasse definitiva in forza dell’art. 18 stessa legge.

La ricorrente si duole anche che della violazione e falsa applicazione della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 maggio 1991; della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996; della Carta dei diritti fondamentali dell’U.E. ed in particolare dell’art. 8 della Convenzione EDU e della violazione del principio ivi previsto dell’unità familiare e dell’obbligo di prevedere l’adozione delle misure di sostegno idonee a riunire il genitore e il figlio.

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la sussistenza di vizi processuali della sentenza e l’omesso esame di fatti decisivi in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e la nullità del procedimento e della sentenza di secondo grado, poiché la ricorrente non conosceva la lingua italiana, come era emerso dal verbale del Tribunale dei minori dell’udienza del 15 settembre 2017, nella quale era stato convocato un’interprete di lingua spagnola; che la Corte di appello si era limitata a recepire le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio, che non aveva ritenuto di procedere alla richiesta di nomina di un mediatore culturale e non aveva risposto alla specifica censura tempestivamente proposta nelle osservazioni alla relazione tecnica, con ciò ledendo il diritto di difesa della madre; la ricorrente deduce pure la violazione dell’art. 112 c.p.c. e l’omesso esame del fatto decisivo costituito dalla mancata attivazione delle misure di sostegno confermata dall’assistente sociale nel corso dell’audizione con il consulente tecnico e della mancata organizzazione degli incontri protetti, confermata espressamente dal tutore del minore; nonché l’omesso esame del rispetto delle prescrizioni impartite dal Tribunale per i minorenni nel decreto del 9 settembre (rectius: agosto) 2017 e certificate positivamente nella relazione dell'(OMISSIS) e confermato anche dal consulente tecnico d’ufficio a pag. 9 della relazione tecnica; la ricorrente si duole, in ultimo, della violazione della L. n. 184 del 1983, art. 9 per la mancata audizione degli affidatari o della famiglia collocataria, dove il minore risultava collocato come risultava dalla relazione del Servizio Sociale del (OMISSIS). 2.1 Assume rilievo decisivo e assorbente la fondatezza del secondo motivo, nella parte in cui la ricorrente ha dedotto la violazione della L. n. 184 del 1983, art. 3, comma 5 per la mancata audizione degli affidatari o della famiglia collocataria, dove il minore risulta collocato come emerge dalla relazione del Servizio Sociale del (OMISSIS), che va accolto nei limiti di cui in motivazione.

2.2 In virtù di tale disposizione è espressamente stabilito che “L’affidatario o l’eventuale famiglia collocataria devono essere convocati, a pena di nullità, nei procedimenti civili in materia di responsabilità genitoriale, di affidamento e di adottabilità relativi al minore affidato ed hanno facoltà di presentare memorie scritte nell’interesse del minore”.

2.3 Questa Corte ha specificamente affermato la cogenza di tale norma anche nel giudizio di secondo grado, nel corso del quale gli apporti della famiglia affidataria o collocataria, nell’ottica di una completa valutazione dell’interesse del minore, non possono essere sottovalutati e che, anche se gli affidatari non assumono la qualità di parte, la loro convocazione, cui si associa la facoltà di presentare memorie, costituisce il punto di approdo in un lungo percorso (già Cass., 13 aprile 1987, n. 3679, pur in assenza di un obbligo di convocazione, affermava la necessità di prendere in considerazione, nell’interesse del minore, la situazione presso gli affidatari), conclusosi con il riconoscimento dell’importanza del ruolo assunto dagli affidatari nell’ambito dello sviluppo psico-fisico del minore con la creazione di punti di riferimento di natura affettiva e relazionale (Cass., 9 ottobre 2017, n. 23574).

2.4 Sotto tale profilo appare evidente come, in un periodo della vita del minore in cui assume un fondamentale rilievo la formazione della sua personalità, sulla base anche di una conoscenza approfondita della sua indole, delle sue esigenze, anche di natura affettiva, il ruolo degli affidatari assume un valore significativo, che si traduce, sul piano processuale, nella previsione normativa sopra indicata, al fine evidente di consentire una valutazione complessiva in merito all’interesse del minore, anche nella prospettiva ddla conservazione di quei rapporti con figure che hanno assunto un rilievo importante in un momento delicato nell’ambito dello sviluppo plico-fisico del minore stesso.

Al fine dunque, di fare emergere nel giudizio la complessa personalità del minore e le sue esigenze è stata prevista la partecipazione degli affidatari “ai procedimenti” e non solo ad una fase o ad un grado di essi, a pena di nullità (Cass., 7 giugno 2017, n. 14167).

2.5 Anche di recente, questa Corte ha affermato che “la L. n. 184 del 1983, art. 5, comma 1 come modificato dalla L. n. 173 del 2015, art. 2 nella parte in cui prevede che “l’affidatario o l’eventuale famiglia collocataria devono essere convocati a pena di nullità, nei procedimenti civili in materia di responsabilità genitoriale, di affidamento e di adottabilità relativi al minore affidato”, è riferito esclusivamente all’affidamento extrafamiliare, disposto ex art. 4 della medesima legge, e non all’affidamento preadottivo, poiché la ratio di tale previsione, a differenza di quella relativa all’affidamento preadottivo, è costituita dall’esigenza di tutelare quei minori che, a causa del lungo protrarsi dell’affidamento extrafamiliare, per il permanere della situazione di inidoneità dei genitori biologici, hanno ormai instaurato una relazione di tipo genitoriale con il minore stesso, consentendo agli stessi la possibilità di partecipare al giudizio per rappresentare gli specifici interessi del minore” (Cass., 9 aprile 2021, n. 9456).

2.6 Nel caso in esame, emerge dalla sentenza impugnata, a pag. 4, che il Servizio Sociale, con relazione del 14 maggio 2018, aveva relazionato sulla buona collocazione del minore presso una famiglia e, a pag. 6 del ricorso per cassazione che il minore era stato inizialmente “collocato in famiglia near e da maggio 2019 in una nuova famiglia affidataria che vorrebbe adottarlo”, mentre a pagina 8 del ricorso per cassazione si legge che la consulenza svolta in grado di appello, aveva evidenziato che “il Servizio affidatario, nel maggio 2019, ha inserito il piccolo di 21 mesi in una famiglia affidataria aventi i requisiti per l’adozione”.

Ricorre pertanto l’ipotesi dell’affidamento extrafamiliare non produttivo.

A fronte di ciò, nella sentenza impugnata manca ogni riferimento agli affidatari e al ruolo da essi eventualmente svolto in relazione al minore, nel periodo di affidamento che si è in concreto determinato.

Deve, pertanto, ritenersi consumata la nullità come stabilita nel citato L. n. 184 del 1983, art. 5, comma 1, ultimo periodo, nel testo novellato dalla L. n. 173 del 2015, art. 2, comma 1.

3. In conclusione, deve essere accolto il secondo motivo, nei limiti di cui in motivazione, assorbito il primo, con conseguente nullità della sentenza impugnata e cassazione con rinvio alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, perché provveda anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, nei limiti di cui in motivazione, assorbito il primo; dichiara la nullità della sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.

Dispone, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2021

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