Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23800 del 02/09/2021

Cassazione civile sez. I, 02/09/2021, (ud. 14/06/2021, dep. 02/09/2021), n.23800

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20833/2020 proposto da:

O.L., D.P.G., quali genitori dei minori

O.G., e O.M., elettivamente domiciliati in Roma, Via

Luigi Settembrini n. 28, presso lo studio dell’avvocato Morcavallo

Francesco, che li rappresenta e difende, giusta procura in calce

alla memoria di nomina e costituzione di nuovo difensore;

-ricorrenti –

contro

P.S.N., in proprio, nella qualità di tutore dei

minori O.G., e O.M., elettivamente domiciliata in

Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di

Cassazione, rappresentata e difesa da se medesima;

-controricorrente –

contro

Procura Generale presso la Corte di Appello di Brescia, Procura

Generale presso la Corte di Cassazione;

– intimati –

avverso la sentenza n. 628/2020 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 16/06/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/06/2021 dal cons. Dott. IOFRIDA GIULIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Bresca, con sentenza n. 628/2020, depositata in data 16/6/2020, ha confermato la decisione di primo grado del 2018, che aveva dichiarato lo stato di adottabilità dei minori O.G., nato il (OMISSIS), e O.M., nato il (OMISSIS), figli di O.L. e D.P.G., con sospensione dei rapporti tra minori e genitori ed ogni altro parente e collocamento dei minori presso una famiglia affidataria.

In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto che, come emergeva dalle relazioni dei Servizi Sociali e dagli atti di primo grado, i minori, all’avvio della procedura, su richiesta del PM (a seguito di applicazione di misura cautelare a carico del padre per maltrattamenti in famiglia), erano stati trovati in una situazione di assoluto abbandono morale e materiale ed affetti da disturbi “del neurosviluppo con competenze globali inferiori a quanto atteso dall’età e significativa compromissione in ambito comunicativo linguistico”, anche relazionale quanto al minore G. (diagnosi di disturbo dello spettro autistico), essendo emerso altresì che le capacità genitoriali materne e paterne non erano recuperabili, in tempi compatibili con le esigenze dei minori, e che gli interventi di sostegno posti in essere sono stati rifiutati dai genitori (la D.P. non era neppure comparsa all’audizione L. n. 184 del 1983, ex art. 13 e comunque, collocata in comunità insieme ai figli, non aveva collaborato, adottando comportamenti minacciosi verso gli operatori e pericolosi anche per le altre ospiti; l’ O. era del tutto inadeguato allo svolgimento di funzioni genitoriali, “cognitivamente limitato, isolato socialmente, di indole violenta”); dalla CTU disposta in appello era, anzi, emerso che le condizioni “personologiche e cliniche” dei genitori risultavano gravemente compromesse, avendo gli stessi mantenuto anche un pervasivo atteggiamento di negazione della realtà e di opposizione nei confronti delle figure professionali intervenute, incluso il consulente tecnico, cosicché i minori, a fronte dei danni psicofisici in passato risentiti a causa delle gravi carenze di accudimento e vicinanza emotiva dei genitori, risultavano invece avere tratto notevoli benefici nei nuovi contesti di vita senza i genitori ed avevano registrato miglioramenti sensibili anche in ambito scolastico; uno zio materno si era inizialmente dichiarato disponibile a prendere in casa i minori, ma poi vi aveva rinunciato.

Avverso la suddetta pronuncia, O.L. e D.P.G., in qualità di genitori dei minori O.G. e O.M., propongono ricorso per cassazione, notificato il 23/7/2020, affidato ad un motivo, nei confronti di Avv. P.S.N., in qualità di tutore dei minori O.G. ed O.M. (che resiste con controricorso, notificato l’8/9/2020) e del Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Brescia e presso la Corte Suprema di Cassazione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I ricorrenti lamentano, con unico motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 184 del 1983, artt. 1, 8,11 e 15 e artt. 1,30 e 31 Cost. per avere la Corte territoriale dichiarato lo stato di adottabilità in mancanza dei presupposti legali ed in assenza di adeguato progetto di sviluppo e supporto della genitorialità.

2. La censura è infondata.

I ricorrenti lamentano la mancanza dei presupposti legali per la dichiarazione di stato di adottabilità dei minori, in primis di un loro stato di abbandono morale e materiale, reiterando le doglianze mosse in appello in ordine all’insufficienza della mera “difficoltà dei genitori a relazionarsi con i figli”, del “momentaneo comportamento della madre”, della “temporanea conflittualità genitoriale”, invocando il diritto degli stessi di crescere nella propria famiglia d’origine e la mancata adozione di interventi di sostegno, così non adeguatamente confrontandosi con la complessiva motivazione della decisione di appello che ha invece, oltretutto, dato conto dell’assoluto abbandono morale e materiale in cui erano stati trovati, all’avvio della procedura, i minori, affetti da disturbi “del Neuro sviluppo con competenze globali inferiori a quanto atteso dall’età e significativa compromissione in ambito comunicativo linguistico”, nonché dell’atteggiamento di rifiuto e di non collaborazione, opposto dai genitori agli interventi adottati nei loro riguardi (con collocamento, in un primo periodo, anche della madre, unitamente ai minori, in comunità) oltre che nel processo (in particolare, la madre non si è mai presentata nonostante regolare convocazione dinanzi al Tribunale per i minorenni ed in ricorso si deduce, del tutto genericamente, il fatto che fosse stato presentato certificato medico).

Attraverso poi il riferimento a stralci di consulenze di parte, al fine di confutare il giudizio, condiviso dalla Corte di merito, espresso dal consulente tecnico d’ufficio, essenzialmente sulla recuperabilità della capacità genitoriale e sulla non irrevocabilità della situazione e sulla mancata adozione “di giusti supporti”, i ricorrenti sollecitano una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito (Cass. 7972/2007; Cass.25332/2014), al di fuori dei rigorosi limiti del vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., n. 5 (cass. SU 8053/2014).

Da ultimo, questa Corte ha chiarito che “in tema di adozione di minori d’età, sussiste la situazione d’abbandono, non solo nei casi di rifiuto intenzionale dell’adempimento dei doveri genitoriali, ma anche qualora la situazione familiare sia tale da compromettere in modo grave e irreversibile un armonico sviluppo psico-fisico del bambino, considerato in concreto, ossia in relazione al suo vissuto, alle sue caratteristiche fisiche e psicologiche, alla sua età, al suo grado di sviluppo e alle sue potenzialità; ne consegue l’irrilevanza della mera espressione di volontà dei genitori di accudire il minore in assenza di concreti riscontri” (Cass. 4097/2018; conf. Cass. 26624/2018, in ordine alla irrilevanza della disponibilità, meramente dichiarata, a prendersi cura dei figli minori, che non si concretizzi in atti o comportamenti giudizialmente controllabili, tali da escludere la possibilità di un successivo abbandono).

In tema di accertamento dello stato di adottabilità, posto che il ricorso alla dichiarazione di adottabilità costituisce solo una “soluzione estrema”, il giudice di merito deve dunque operare un giudizio prognostico teso, in primo luogo, a verificare l’effettiva ed attuale possibilità di recupero delle capacità e competenze genitoriali, con riferimento sia alle condizioni di lavoro, reddituali ed abitative, senza però che esse assumano valenza discriminatoria, sia a quelle psichiche, da valutarsi, se del caso, mediante specifica indagine peritale, estendendo detta verifica anche al nucleo familiare, di cui occorre accertare la concreta possibilità di supportare i genitori e di sviluppare rapporti con il minore, avvalendosi dell’intervento dei servizi territoriali (Cass. 7559/2018).

Ora, la Corte d’Appello ha esaminato la capacità genitoriale della madre e del padre ed ha formulato un giudizio negativo sulla capacità degli stessi di recupero in tempi congrui del rapporto genitoriale, sulla base di una serie di elementi comportamentali emersi da una complessa istruttoria (essenzialmente sulla base di consulenze tecniche neuropsichiatrica e delle relazioni di tutti gli operatori dei Servizi Sociali incaricati).

E’ emerso che i minori si presentavano, al momento delle prime osservazioni, con ritardi nel linguaggio ed un quadro di disturbo comportamentale; dopo l’affidamento, invece, i minori si presentavano sereni e ben radicati nella famiglia affidataria.

Non rileva la semplice volontà della madre, in particolare, di prendersi cura dei figli, in assenza di adeguati riscontri.

Questa Corte ha di recente affermato (Cass. 4097/2018) che “in tema di adozione di minori d’età, sussiste la situazione d’abbandono, non solo nei casi di rifiuto intenzionale dell’adempimento dei doveri genitoriali, ma anche qualora la situazione familiare sia tale da compromettere in modo grave e irreversibile un armonico sviluppo psico-fisico del bambino, considerato in concreto, ossia in relazione al suo vissuto, alle sue caratteristiche fisiche e psicologiche, alla sua età, al suo grado di sviluppo e alle sue potenzialità; ne consegue l’irrilevanza della mera espressione di volontà dei genitori di accudire il minore in assenza di concreti riscontri” (nella specie, questa Corte, confermando la sentenza di appello, ha ritenuto la persistenza di una situazione di abbandono, a fronte di un impegno solo enunciato dai genitori di rimuovere le problematiche esistenziali e di mutare lo stile di vita).

La sentenza di appello sviluppa adeguate e convincenti argomentazioni sull’inidoneità della madre e del padre, sull’impossibilità del recupero in tempi ragionevoli della situazione, spiegando dunque per quale ragione l’adozione, nella specie, costituirebbe l’unico strumento utile ad evitare al minore un più grave pregiudizio ed ad assicurare loro assistenza e stabilità affettiva; risulta dunque effettuato un corretto giudizio prognostico volto a verificare l’effettiva ed attuale possibilità di recupero delle capacità e competenze genitoriali, con riferimento sia alle condizioni di lavoro, reddituali ed abitative, sia a quelle psichiche.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.

Ricorrono giusti motivi, considerate tutte le peculiarità della concreta vicenda, per compensare integralmente tra tutte le parti le spese processuali.

Essendo il procedimento esente, non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte respinge il ricorso. Dichiara le spese del presente giudizio di legittimità integralmente compensate tra le parti.

Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52 siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2021

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