Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23799 del 02/09/2021

Cassazione civile sez. I, 02/09/2021, (ud. 14/06/2021, dep. 02/09/2021), n.23799

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15627/2020 proposto da:

D.L., D.F.F., domiciliati in Roma, Piazza

Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentati e difesi dall’avvocato Bologni Marina Amelia, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

nonché contro

A.M., quale curatore speciale del minore

D.A., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa

dall’avvocato Andriolo Giada Simona, giusta procura in calce al

controricorso e ricorso incidentale;

-controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

Comune di (OMISSIS), Procuratore Generale – Procura Generale presso

la Corte di Appello di Milano, Procuratore Generale Procura Generale

presso la Corte Suprema di Cassazione;

– intimati –

avverso la sentenza n. 11/2020 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

pubblicata il 18/05/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/06/2021 dal cons. Dott. TRICOMI LAURA.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

Con sentenza emessa il 18/7/2017 il Tribunale per i minorenni di Milano dichiarò lo stato di adottabilità della minore D.A. (n. il (OMISSIS)), sospendendo i genitori D.L. e D.F.F. dalla responsabilità genitoriale e disponendo l’interruzione dei rapporti con i genitori e con i familiari, nominò tutore provvisorio della minore il Comune di (OMISSIS) e dispose il collocamento immediato della minore presso una famiglia scelta dal T.M. tra quelle idonee all’adozione. La Corte di appello di Milano, investita del gravame dai genitori, con la sentenza n. 1/2018 del 5/1/2018 rigettò l’appello, confermando la prima decisione.

La Corte di cassazione, nel susseguente giudizio di legittimità, con la sentenza n. 26879/2018 del 14/9/2018, accolse i primi due motivi di ricorso (par. 2.3.1/2.3.7. della parte motiva) ed affermò che la Corte d’appello, oltre a non fare una corretta applicazione degli artt. 8 e 15 della L. n. 184 del 1983, era altresì incorsa nella denunciata violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e cassò la sentenza di appello con rinvio.

Riassunto il giudizio dinanzi alla Corte di appello di Milano, questa in sede di rinvio ha emesso la sentenza in epigrafe indicata, oggetto del presente giudizio; segnatamente, ha rigettato l’appello e confermato la decisione di primo grado.

D.L. e D.F.F. hanno proposto ricorso per cassazione con quattro mezzi. Il curatore speciale avv. A.M. ha replicato con controricorso adesivo e proposto ricorso incidentale con quattro mezzi.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Il ricorso principale è articolato nei seguenti motivi:

I) Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c., comma 2. I ricorrenti sostengono che la Corte distrettuale non si è conformata ai principi di diritto ed a quanto statuito dalla S.C., la quale aveva ritenuto che il quadro probatorio, delineatosi nei due gradi del giudizio, non aveva messo in luce la sussistenza di una situazione di abbandono materiale/morale della minore tale da giustificare la dichiarazione dello stato di adottabilità ai sensi della L. n. 184 del 1983, art. 8 e che la Corte di appello era incorsa nella violazione dell’omesso esame di fatti decisivi non avendo tenuto conto del comportamento materno che aveva deciso di propria iniziativa di rivolgersi ad uno psicoterapeuta.

Da ciò traggono la conseguenza che i giudici di merito, per uniformarsi a quanto disposto dalla Cassazione, avrebbero dovuto correggere l’errore commesso dal Tribunale con la dichiarazione di adottabilità della piccola A..

Si dolgono che la Corte distrettuale, dopo avere disposto l’audizione della Dott.ssa C.G., psicoterapeuta di D.F.F., abbia disposto una nuova CTU e, sulla base delle risultanze peritali, abbia confermato la dichiarazione dello stato di abbandono, senza considerare che la valutazione delle capacità genitoriale avveniva in un momento storico in cui i genitori da oltre due anni non avevano rapporti con la figlia e che ciò incideva fortemente sulla possibilità di valutare i reali cambiamenti della madre.

II) Con il secondo motivo si denuncia la violazione falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, artt. 8 e 9 e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.

I ricorrenti sostengono che la Corte distrettuale ha sostanzialmente riprodotto la sentenza cassata, arricchendola, senza tuttavia tenere in nessun conto i comportamenti dei due genitori, nonostante gli stessi avessero richiesto un aiuto psicologico ed avessero accettato tutte le disposizioni loro impartite. Sottolineano che era emerso che i rapporti tra A. ed i genitori erano buoni e che la bambina godeva di buona salute.

Si dolgono che non sia stata disposta l’audizione degli affidatari e/o degli operatori dei Servizi sociali e che le conclusioni rese dal Consulente continuavano ad evidenziare le carenze comportamentali dei genitori, per le medesime ragioni già poste a fondamento della decisione di appello e non ritenute sufficienti dalla Corte di legittimità per la pronuncia di adottabilità. Si dolgono che non sia stato considerato che D. era padre di altri quattro figli, circostanza ritenuta valorizzabile al fine dell’accertamento della capacità genitoriale.

III) Con il terzo motivo si denuncia la violazione falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, art. 1 nonché dell’art. 8 della CEDU.

Rammentando il principio secondo cui il minore ha diritto a vivere nella sua famiglia di origine e che va assicurata l’assunzione preventiva di tutte le misure volte a favorirvi il suo rientro, si dolgono della lunghezza del processo di appello in sede di rinvio e del fatto che la minore venne collocata presso una famiglia con affido preadottivo nell'(OMISSIS) e che dal (OMISSIS) vennero interrotti i rapporti con i genitori biologici, nonostante ciò non fosse imposto da alcuna norma e che tale effetto dovrebbe determinarsi solo ai sensi della L. n. 184 del 1983, art. 27, comma 3.

Quindi, dopo avere esposto una serie di dubbi sugli effetti sulla psiche della minore delle conseguenze di repentini cambi di collocazione, rappresentano che le esigenze di vita di A. potrebbero trovare una diversa soluzione, per esempio, con “l’adozione mite o semplice”, attraverso un modello adottivo che sia adeguato all’interesse del minore alla conservazione dei rapporti con i genitori biologici, anche mediante un’interpretazione estensiva delle ipotesi normative di adozione in casi particolari (L. n. 184 del 1983, artt. 44 e ss.).

IV) Con il quarto motivo si denuncia la violazione della L. n. 184 del 1983, art. 5, comma 1, come novellato dalla L. n. 73 del 2015, art. 2 e la nullità della sentenza. I ricorrenti si dolgono che, nonostante la richiesta di convocazione della famiglia presso la quale era stata collocata in affido preadottivo la minore, formulata dalla curatrice speciale, la Corte distrettuale abbia rigettato l’istanza.

2. Il ricorso incidentale proposto dalla curatrice speciale della minore è articolato in quattro motivi.

I) Il primo propone la medesima questione esposta nel quarto motivo dei ricorrenti principali.

II) Il secondo motivo propone la medesima questione esposta nel primo motivo dei ricorrenti principali. La Curatrice si duole che la Corte di appello abbia pensato di colmare i vuoti istruttori disponendo l’audizione della Dott. ssa C. e la CTU, senza tuttavia attenersi al principio che impone, ove possibile, il mantenimento dei rapporti tra genitori biologici e minore e senza adottare, ex art. 116 c.p.c., il prudente apprezzamento nella valutazione delle prove.

III) Con il terzo motivo si denuncia la violazione della L. n. 184 del 1983, art. 1, art. 8, comma 1, art. 12, comma 14 e art. 15 e dell’art. 8 CEDU per insussistenza dello stato di abbandono, in analogia con il secondo motivo del ricorso principale.

IV) Con il quarto motivo si denuncia la nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, art. 8, comma 4, e del più generale principio del diritto di difesa e del giusto processo ex art. 24 e 110 Cost.; ed il mancato rispetto del diritto di difesa e l’omesso esame di un fatto decisivo; segnatamente la curatrice speciale si duole di non aver potuto incontrare la propria assistita e di non avere più avuto sue notizie, nemmeno in via mediata e del fatto che la richiesta in tal senso sia stata respinta dal Presidente del T.M. con la motivazione che non lo aveva mai chiesto prima, senza considerare che prima della collocazione in affidamento preadottivo la voce della minore era presente nelle relazioni dei Servizi Sociali ed era stata da lei visitata in Comunità.

3. La comunanza sostanziale di molte questioni e l’affinità delle prospettazioni giuridiche suggerisce la trattazione congiunta, ove possibile, dei motivi del ricorso principale e del ricorso incidentale, che vanno entrambi respinti.

4.1. Il primo motivo del ricorso principale ed il secondo motivo del ricorso incidentale sono infondati.

4.2. Innanzi tutto, non può condividersi l’assunto dei ricorrenti secondo i quali la Corte di legittimità aveva già accertato l’insussistenza dello stato di abbandono, vincolando in tal senso la pronuncia del giudice del rinvio.

La valutazione compiuta in sede di legittimità – a fronte della prospettazione di vizi per violazioni di legge e per omesso esame di fatti decisivi – ha riguardato la sussumibilità della fattispecie concreta, quale accertata dalla Corte distrettuale, nella fattispecie astratta riveniente dalla L. n. 184 del 1983, artt. 1 e 8 che è stata esclusa in ragione della incompletezza dell’attività istruttoria – nella quale non era stata ricompresa l’audizione della terapeuta a cui si era affidata la D.F. e l’approfondimento in merito alla disponibilità dichiarata dalla coppia di amici per un affido eterofamiliare – e della mancata valutazione di circostanze già accertate, quali i comportamenti affettivi tra il padre e la minore e tra le madre e la stessa, circostanze ritenute astrattamente idonee dalla Corte di legittimità a condurre il giudizio ad un esito opposto a quello consegnato dalla prima decisione della Corte di merito, cui ha demandato il compito dell’effettivo e concreto riscontro in sede di rinvio.

4.3. Ciò posto, la doglianza avverso le attività istruttorie compiute in sede di rinvio non coglie nel segno anche perché non considera che “Nel giudizio di rinvio, configurato dall’art. 394 c.p.c. quale giudizio ad istruzione sostanzialmente “chiusa”, è preclusa l’acquisizione di nuove prove, e segnatamente la produzione di nuovi documenti, anche se consistenti in una perizia d’ufficio disposta in altro giudizio, salvo che la loro produzione non sia giustificata da fatti sopravvenuti riguardanti la controversia in decisione, da esigenze istruttorie derivanti dalla sentenza di annullamento della Corte di cassazione o dall’impossibilità di produrli in precedenza per causa di forza maggiore” (Cass. n. 26108 del 18/10/2018; Cass. n. 19424 del 30/09/2015) e che “… i limiti all’ammissione delle prove concernono l’attività delle parti e non si estendono ai poteri del giudice, ed in particolare a quelli esercitabili d’ufficio, sicché, dovendo riesaminare la causa nel senso indicato dalla sentenza di annullamento, tale giudice, come può avvertire la necessità, secondo le circostanze, di disporre una consulenza tecnica o di rinnovare quella già espletata nei pregressi gradi del giudizio di merito, così può ben preferire, salvo l’obbligo della relativa motivazione, di fondare la decisione su tale primitiva consulenza, laddove la ritenga meglio soddisfacente, anche rispetto a quella eventualmente espletata in sede di rinvio, avendo egli il potere di procedere (nuovamente) all’accertamento del fatto valutando liberamente le prove già raccolte.” (Cass. n. 341 del 09/01/2009).

4.4. Nel caso di specie, non solo le nuove attività istruttorie sono state necessitate dalla precedente decisione di legittimità che aveva evidenziato aporie motivazionali, ma la natura stessa del giudizio, caratterizzato da ampi poteri istruttori d’ufficio riservati al giudice e concernente condizioni e relazioni personali soggette a naturale evoluzione, è tale da rendere quanto meno opportuno, se non necessario, l’aggiornamento degli elementi decisionali e la decisione impugnata risulta immune dai vizi denunciati

5.1. Il secondo ed il quarto motivo del ricorso principale vanno trattati congiuntamente e così anche i motivi primo e terzo del ricorso incidentale, perché strettamente connessi; propongono, altresì, questioni sostanzialmente analoghe.

5.2. Il secondo motivo del ricorso principale, in parte, ed il terzo motivo del ricorso incidentale sono inammissibili perché criticano la valutazione del materiale istruttorio e l’accertamento dei fatti compiuto dalla Corte di merito, senza indicare alcun fatto di cui sia stato omesso l’esame e sollecitano un diverso sindacato di fatto, mirando ad una decisione conforme alle aspettative delle parti. Invero, la Corte distrettuale ha ampiamente ripercorso (fol. 21/30 della sent. imp.) le vicende occorse al gruppo familiare e le attività di sostegno messe in opera in loro favore, con esiti non particolarmente significativi, oltre che gli esiti dell’audizione con la Dott. C. e della nuova CTU. Ha, inoltre, evidenziato, le problematiche irrisolte, in particolare, dovute al fatto che il grande affetto manifestato dai genitori nei confronti della bambina, nonostante gli aiuti messi in atto, non ha impedito un peggioramento del clima relazionale, quando i genitori hanno cominciato a mostrare fatica alle richieste di A., legate al fisiologico percorso di crescita; alla grave conflittualità esistente con la nonna materna coabitante con i genitori di A., a sua volta responsabile di comportamenti abbandonici nei confronti della figlia F. ed alla negazione delle condizioni psico/patologiche di D.F. (che risulta anche invalida al 75%) da parte del marito; la Corte di appello ha anche dato conto della pregressa genitorialità di D., rispetto alla quale nulla sembra essere stato dedotto dalle parti oltre che l’accadimento storico.

Inoltre, i ricorrenti non si soffermano affatto, nelle censure, su tutte le criticità relazionali evidenziate ed ampiamente esposte dalla Corte di merito, né illustrano circostanze o fatti tempestivamente dedotti e non esaminati, integranti spiegazioni o c.menti in merito, limitandosi piuttosto ad ignorarle.

5.3. Il secondo motivo del ricorso principale, in parte, così come il quarto motivo del ricorso principale ed il primo motivo del ricorso incidentale sono infondati.

Come di recente puntualizzato da questa Corte “la L. n. 184 del 1983, art. 5, comma 1 come modificato dalla L. n. 173 del 2015, art. 2 nella parte in cui prevede che “l’affidatario o l’eventuale famiglia collocataria devono essere convocati a pena di nullità, nei procedimenti civili in materia di responsabilità genitoriale, di affidamento e di adottabilità relativi al minore affidato”, è riferito esclusivamente all’affidamento extra familiare, disposto ex art. 4 medesima Legge, e non all’affidamento preadottivo, poiché la ratio di tale previsione, a differenza di quella relativa all’affidamento preadottivo, è costituita dall’esigenza di tutelare quei minori che, a causa del lungo protrarsi dell’affidamento extra familiare, per il permanere della situazione di inidoneità dei genitori biologici, hanno ormai instaurato una relazione di tipo genitoriale con il minore stesso, consentendo agli stessi la possibilità di partecipare al giudizio per rappresentare gli specifici interessi del minore.” (Cass. n. 9456 del 09/04/2021) e la disciplina invocata, nel caso in esame, non trova applicazione essendo stato disposto l’affido preadottivo.

6.1. Il terzo motivo del ricorso principale è infondato.

6.2. La censura si pone come meramente ipotetica, attesi gli esiti della rinnovata istruttoria.

6.3. Il canone di giudizio in tema di determinazione dello stato di abbandono è stato enucleato da questa Sezione nel riscontro attuale e concreto (basato su indagini ed approfondimenti riferiti alla situazione presente e non passata), della positiva volontà di recupero del rapporto genitoriale ed, a tal fine, non è sufficiente che risultino comportamenti devianti o patologici dei genitori, essendo necessario accertare la capacità genitoriale in concreto di ciascuno di loro, a tal fine verificando l’esistenza di comportamenti pregiudizievoli per la crescita equilibrata e serena dei figli (cfr. Cass. n. 24445 del 01/12/2015 e Cass. n. 7391 del 14/04/2016).

Da tali principi il provvedimento impugnato non si è discostato, avendo dato atto delle fonti di prova acquisite in atti per valutare l’attualità dello stato di abbandono sia da parte della madre, sia da parte del padre e la impossibilità di recupero dell’adeguata capacità genitoriale in tempi congrui con le esigenze di crescita della minore, non mancando, d’altra parte, di valutare l’interesse di questa e di indicare le ragioni della decisione, anche con specifico riferimento alle risultanze della CTU.

6.4. Resta da considerare che siamo nell’ambito di una sentenza emessa in un giudizio di rinvio e che la prospettiva dell’adozione semplice o dell’affido extrafamiliare non risulta essere mai stata prospettata in termini di concreta fattibilità, alla stessa stregua del ricorso.

Va rimarcato, quanto alla disponibilità offerta da una coppia di amici dei genitori per un supporto, peraltro mai ben delineato nel suo contenuto e certamente non configurabile come adozione speciale L. n. 184 del 1983, ex art. 44 che gli stessi, sentiti dalla Corte di merito hanno ritirato tale disponibilità, evidenziando che i profili caratteriali della D.F. (mancanza di contenimento, invadenza ed altro) erano poco gestibili in un rapporto più aperto tra genitori biologici ed affidatari.

7. Il quarto motivo del ricorso incidentale è inammissibile perché non censura alcuna statuizione della Corte di appello, ma critica un provvedimento del Presidente del Tribunale per i minorenni, peraltro in carenza di specificità.

8. In conclusione il ricorso principale ed il ricorso incidentale vanno rigettati.

Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di lite.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

Il procedimento risulta esente dagli atti.

PQM

– Rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale;

– Dichiara compensate le spese di lite;

– Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2021

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