Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23798 del 23/11/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile sez. trib., 23/11/2016, (ud. 30/03/2016, dep. 23/11/2016), n.23798

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4149/2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C. T. SPA IN LIQUIDAZIONE in persona del Liquidatore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 82, presso lo

studio dell’avvocato STEFANO BASSI, rappresentato e difeso

dall’avvocato MASSIMO TUCCI, giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 106/2008 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 21/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/03/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO;

udito per il ricorrente l’Avvocato CAPOLUPO che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato TUCCI che ha chiesto

l’inammissibilità;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con cartella di pagamento, a seguito di controllo automatizzato del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, di dichiarazione modello Unico ai fini dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche presentata il 30 settembre 2003 dalla C. e T. s.p.a. in amministrazione straordinaria (procedura cessata il 20 dicembre 2012, cui succedeva la liquidazione), l’agenzia delle entrate ha richiesto il pagamento di interessi per tardivo versamento di Euro 17.335,25 e di sanzioni per Euro 1.677.057,95.

La liquidazione della S.p.a. ha impugnato l’atto e l’adita commissione tributaria provinciale lo ha annullato.

La sentenza, appellata dall’agenzia delle entrate, è stata confermata dalla commissione tributaria regionale della Lombardia in Milano in quanto la stessa ha ritenuto – con riferimento ai testi delle norme vigenti “ratione temporis” – che del D.P.R. n. 42 del 1988, art. 18, comma 2, nel disporre che l’organo delle procedure concorsuali “prima di presentare la dichiarazione finale, deve provvedere al versamento, nei modi ordinari, dell’imposta…” fissi quale termine per il versamento quello della stessa dichiarazione finale, la cui presentazione deve da esso essere preceduta, non essendo invece applicabile del D.P.R. n. 435 del 2001, art. 17, norma invocata dall’agenzia secondo cui – in generale – “il versamento del saldo dovuto sulla base della dichiarazione relativa all’imposta sulle persone giuridiche… è effettuato,entro il giorno 20 del sesto mese successivo a quello della chiusura del periodo di imposta”, da identificarsi per le procedure della specie – sempre in tesi dell’ufficio – nella data di presentazione del bilancio finale di liquidazione.

“In ogni caso” – secondo la commissione regionale – “è risolutivo in materia il disposto della L. n. 212 del 2000, art. 10,sull’inapplicabilità della pretesa tributaria per sanzioni e interessi… determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria”.

Avverso questa decisione l’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, al quale la liquidazione della s.p.a. ha resistito con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo – di ricorso l’agenzia delle entrate – ritualmente costituita in giudizio a mezzo dell’avvocatura dello stato, senza che sia necessaria, in ragione della relativa disciplina speciale, diversamente da quanto pretende la controricorrente, alcuna indicazione dell’articolazione e dell’organo dell’agenzia conferenti il mandato defensionale (v. ad es. sez. 5, n. 14785,del 2011) – denunzia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione della L. n. 322 del 1998, art. 5, del D.P.R. n. 42 del 1988, art. 18 e del D.P.R. n. 435 del 2001, art. 17, nei testi vigenti “ratione temporis”. Sostiene – proponendo idoneo quesito di diritto contenente tutti i requisiti di cui all’art. 366-bis c.p.c., che sfugge pertanto alle censure di carattere formale mosse dalla controricorrente – che, mentre il D.P.R. n. 322 del 1998, art. 5, comma 4, prescrive per i fallimenti e le liquidazioni coatte, cui l’amministrazione straordinaria è assimilata, il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi entro l’ultimo giorno del decimo mese successivo alla chiusura della procedura, il diverso termine per il versamento dell’IRPEG dovuta deve ritenersi fissato dal D.P.R. n. 435 del 2001, art. 17 (“il versamento del saldo dovuto sulla base della dichiarazione relativa all’imposta sulle persone giuridiche… è effettuato entro il giorno 20 del sesto mese successivo a quello della chiusura del periodo di imposta”, chiusura coincidente – per le procedure della specie – con la data di presentazione del bilancio finale di liquidazione). Non conterrebbe, secondo l’ufficio, alcuna disposizione di deroga al quadro anzidetto il D.P.R. n. 42 del 1988, art. 18, comma 2, che, nel disporre che l’organo delle procedure concorsuali “prima di presentare la dichiarazione finale, deve provvedere al versamento, nei modi ordinari, dell’imposta…”. Il riferimento ai “modi ordinari” di versamento all’interno della norma, secondo l’interpretazione dell’amministrazione, imporrebbe il rispetto sia delle modalità di estinzione dell’obbligazione tributaria che dei termini di versamento “ordinari” di cui al cit. D.P.R. n. 435 del 2001, art. 17.

2. – Con il controricorso, la liquidazione della s.p.a. sottolinea, ai fini dell’esegesi del quadro normativo, da un lato, la distinzione già sul piano linguistico dei significati delle parole “termine” e “modo”, in quanto riferite a un versamento, suggerendo che l’espressione versamento nei “modi” ordinari si riferisca solo alla pluralità di scelte, all’epoca esistenti, circa le tipologie di “pagamento” “lato sensu” inteso (in contanti, con assegni circolari, all’esattore, ecc.); dall’altro, che l’art. 18 cit., nel disporre che il versamento avvenga “prima di presentare la dichiarazione finale”, con chiarezza indichi – nel testo dell’epoca – la possibilità di effettuarlo sin che si sia in tempo utile a presentare (anche) la dichiarazione, sì che l’uno preceda (seppur immediatamente) l’altra, in ciò inequivocabilmente statuendosi un “termine” in deroga a quello ordinario di cui all’art. 17 cit..

3. Il motivo di ricorso è infondato. Già sul piano letterale, come rilevato nella sentenza della commissione tributaria regionale, la disposizione del D.P.R. n. 42 del 1988, art. 18, comma 2, esprime – seppure in via di mera incompatibilità – una deroga alle disposizioni concernenti il termine per il versamento dell’IRPEG. Invero, la disposizione non era presente nel testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. n. 917 del 1986 e fu introdotta con il D.P.R. n. 42 del 1988, recante “Disposizioni correttive e di coordinamento sistematio-formale, di attuazione e transitorie relative al testo unico delle imposte sui redditi”. Il testo della norma dell’art. 18, comma 3, quale è risultato dalla novellazione, legge “Il curatore o il commissario liquidatore, prima di presentare la dichiarazione finale, deve provvedere al versamento, nei modi ordinari, dell’imposta locale sui redditi afferente il reddito d’impresa che ne risulta, nonchè al versamento, se la società fallita o liquidata vi è soggetta, dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche”.

Il tenore testuale della norma – come rilevato nella sentenza impugnata – fa da sè solo comprendere che, in coerenza con la natura speciale di essa, in quanto tesa a disciplinare adempimenti tributari per procedure quali quelle concorsuali connotate da peculiari esigenze gestionali, le incombenze di versamento delle imposte e presentazione della dichiarazione finale sono intese come strettamente connesse sul piano temporale, nel senso che il versamento e la dichiarazione vanno effettuate in sostanziale contemporaneità. In tal senso, ai fini dell’esegesi del quadro normativo, l’espressione “versamento nei modi ordinari” non può non riferirsi, sul piano sempre letterale, come suggerisce la parte contribuente, che alla pluralità di scelte, all’epoca esistenti, circa le diverse modalità di pagamento (in contanti, con assegni circolari, all’esattore, ecc.), e ciò in coerenza con quanto emerge dall’uso sia comune che tecnico del linguaggio, che non consente di ordinariamente ricomprendere tra i significati della parola “modi”, quando riferita a un “versamento”, anche l’indicazione dei “tempi” entro cui l’estinzione dell’obbligazione tributaria debba avvenire. In tal senso, del resto, milita, anche la considerazione sistematica: la lettura del comma 5 del cit.: art. 18 – in tema di ILOR – indica chiaramente un termine breve (di un mese) per la presentazione di dichiarazione, ma anche in questo caso “previo versamento nei modi ordinari del relativo importo, determinato a norma dell’art. 23 del T.U.”. In tale diverso contesto, la brevità del termine decorrente dalla vendita non consentirebbe di ritenere plausibile, “mutatis mutandis” ma a fronte di identità del dato testuale, la diversa interpretazione patrocinata dall’amministrazione, posto che la brevità stessa alcuno sfalsamento permetterebbe tra gli adempimenti di versamento e dichiarazione.

Quanto detto circa la limitazione dell’ambito di riferimento della parola “modi”, quale escludente il significato di “termine”, vale poi a maggior ragione ove si consideri nell’art. 18, comma 3 cit. è disposto che il pagamento avvenga “prima di presentare la dichiarazione finale”, espressione questa che – seppur con la fissazione di un “terminus ante quem” – indubbiamente esprime, come appena sopra accennato e qui si può specificare, un termine finale, dal momento che il “terminus ante quem” è correlato con un altro evento (la presentazione della dichiarazione) per il quale è dettato un “dies ad quem” (nel caso di specie dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 5, comma 4, che prescrive per i fallimenti e le liquidazioni coatte, cui l’amministrazione straordinaria è assimilata, il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi entro l’ultimo giorno del decimo mese successivo alla chiusura della procedura). Si trae dunque dal tessuto dei dati testuali delle norme conferma del fatto che, per le procedure concorsuali, il versamento (allora dell’i.r.pe.g.) deve avvenire sin che si sia in tempo utile a presentare (anche) la dichiarazione, che l’uno preceda l’altra. In ciò inequivocabilmente, dunque, la norma statuisce un termine in deroga a quello ordinario di cui all’art. 17 cit., invocato invece come applicabile dall’agenzia delle entrate.

4. – Nel senso indicato, del resto, concorre anche per altro verso l’interpretazione logica e sistematica. Da un primo punto di vista, la stretta connessione sul piano temporale tra versamento e presentazione della dichiarazione si evince dalla circostanza che l’art. 18, comma 3 cit. dispone, come accennato, unitariamente in tema di ILOR e IRPEG, di tal che non vi è ragione di argomentare diversamente per l’individuazione dei termini per i due diversi versamenti; infatti, si ripete, la norma detta che l’organo della procedura “prima di presentare la dichiarazione finale, deve provvedere al versamento, nei modi ordinari” sia dell’una che dell’altra. Ma vi è di più: la disposizione impone che si debba provvedere “prima di presentare la dichiarazione” al versamento “dell’imposta locale sui redditi afferente, il reddito d’impresa che ne risulta”; onde avrebbe poco senso immaginare, se il versamento debba essere correlato al reddito “che… risulta” dalla dichiarazione da presentare, che l’un adempimento sia temporalmente separato dall’altro. Da un secondo punto di vista, un siffatto sfalsamento in tanto si giustifica in una lettura logico-sistematica, in quanto assegni, come assegna, alla disciplina agevolativa di ritardata presentazione della dichiarazione una funzione anche e soprattutto di dilazione del versamento, a cagione delle peculiari attività di formazione dello stato passivo e liquidazione dell’attivo, e comunque di gestione concorsuale, tipiche delle procedure della specie. Sul piano storico-sistematico, infine, l’evoluzione successiva della disciplina in esame depone anch’essa nel senso dell’interpretazione qui accolta. Invero, viene specificamente in rilievo del D.Lgs. n. 247 del 2005, art. 18, comma 3, lett. a), recante “disposizioni correttive ed integrative al D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344, in materia di imposta sul reddito delle società, nonchè altre disposizioni tributarie”. Con tale decreto è stata aggiunta al D.P.R. n. 322 del 1998, n. 322, art. 5, comma 4, l’espressione per cui “Il curatore o il commissario liquidatore, prima di presentare la dichiarazione finale, deve provvedere al versamento, se la società fallita o liquidata vi è soggetta, dell’imposta sul reddito delle società”. Da tale novellazione si ha conferma della tecnica redazionale legislativa secondo cui il versamento avviene entro un termine fissato in stretta relazione (“prima”) al termine di presentazione della dichiarazione, come dinanzi esplicato.

Ne consegue il rigetto del motivo.

5. – Con il secondo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate denuncia – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – il vizio di ultrapetizione con violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la sentenza impugnata fatto applicazione, senza istanza in appello, della L. n. 212 del 2000, art. 10, ritenendo comunque inapplicabili sanzioni e interessi sussistendo obiettive condizioni di incertezza sulla portata e l’ambito di applicazione della norma.

6. – L’esame di tale motivo è assorbito, alla luce dell’intervenuto rigetto del motivo precedente. Si richiama infatti che, dopo aver ritenuto del tutto legittimo il comportamento della parte contribuente, “ratio” da sola idonea a sorreggere la decisione, la commissione regionale aveva argomentato: “In ogni caso” – secondo la commissione regionale – “è risolutivo in materia il disposto della L. n. 212 del 2000, art. 10, sull’inapplicabilità della pretesa tributaria per sanzioni e interessi… determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria”. Ciò posto, non è chi non veda che, quantunque correttamente l’agenzia delle entrate abbia proposto gravame anche avverso tale ulteriore “ratio decidendi”, non è necessario alcun esame della censura da parte di questi corte di legittimità.

7. – L’obiettiva difficoltà dell’interpretazione delle norme applicabili alla fattispecie impone la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e dichiara compensate tra le parti le spese processuali del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 30 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2016

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA