Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23797 del 11/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 11/10/2017, (ud. 03/10/2017, dep.11/10/2017),  n. 23797

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 25705/2011 R.G. proposto da:

B.R., rappresentata e difesa dall’Avv. Renato Palumbi,

elettivamente domiciliata in Roma alla via Silvio Pellico n. 24

presso lo studio dell’Avv. Giuseppe Valvo, per procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune di Monterenzio, rappresentato e difeso dall’Avv. Rita

Colleluori, elettivamente domiciliato presso il di lei studio in

Roma alla via Emanuele Gianturco n. 11, per procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia Romagna n. 11/2/11 depositata il 30 marzo 2011.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 3 ottobre 2017

dal Consigliere Dott. Enrico Carbone.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. DEL CORE Sergio, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Udito l’Avv. Bianca Maria D’Ugo su delega per il controricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Comproprietaria di due terreni edificabili in (OMISSIS), B.R. impugnava l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) notificatole per omessa dichiarazione e omesso versamento dell’ICI per l’annualità 2001.

L’impugnazione era respinta in primo grado, con sentenza confermata in appello.

La soccombente ricorre per cassazione con sei motivi.

Il Comune di Monterenzio resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, per aver il giudice d’appello dichiarato nuova e quindi inammissibile la domanda di annullamento dell’avviso riferita all’esenzione ICI per gli imprenditori agricoli: osserva la ricorrente che tale domanda era già stata formulata con la memoria integrativa D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 24 e che su di essa il Comune si era difeso, accettando il contraddittorio.

1.1. Il motivo è infondato.

Nel processo tributario, l’integrazione dei motivi è consentita dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24, solo per contrastare nuove produzioni documentali, restando altrimenti preclusa nell’interesse pubblico alla speditezza del rito, irrilevante perciò l’accettazione del contraddittorio del resistente (Cass. 8 giugno 2011, n. 12442, Rv. 618422; Cass. 7 luglio 2017, n. 16803, Rv. 644798).

B.R. neppure deduce che l’integrazione dei motivi sia dipesa da nuove produzioni dell’ufficio, mentre attribuisce a quest’ultimo un’irrilevante condotta di accettazione del contraddittorio.

2. Il secondo motivo di ricorso denuncia vizio logico, il terzo ancora vizio logico e violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b e art. 9, D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 58, comma 2, il quarto illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 58, comma 2: coordinati motivi tramite i quali la ricorrente si duole che il giudice d’appello abbia negato la sussistenza delle condizioni dell’esenzione agraria.

2.1. I motivi sono inammissibili.

Sono inammissibili per difetto di interesse le censure di legittimità avverso obiter dicta e argomenti ad abundantiam, giacchè essi, privi di effetti giuridici, non hanno influenza sul dispositivo (Cass. 5 giugno 2007, n. 13068, Rv. 597597; Cass. 22 ottobre 2014, n. 22380, Rv. 633495).

Nella specie, il giudice d’appello ha dichiarato inammissibile per novità il motivo sull’esenzione agraria, sicchè l’esame di merito è seguito per dichiarata abundantia (“in ogni caso, non meriterebbe accoglimento… “).

3. Il quinto motivo di ricorso denuncia vizio logico e violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, L. n. 448 del 2001, art. 7, per aver il giudice d’appello ritenuto legittima ai fini ICI la determinazione dell’imponibile sulla base di due perizie giurate redatte ai fini IRPEF, oltre che successive al 2001 (aprile 2002 e settembre 2004).

3.1. Il motivo è inammissibile.

Pur dovendo essere determinato in base ai parametri vincolanti del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, l’imponibile ai fini ICI può essere desunto dalla perizia giurata di stima redatta L. n. 448 del 2001, ex art. 7, ai fini IRPEF, purchè questa applichi i criteri indicati nell’art. 5 cit. (Cass. 27 febbraio 2015, n. 4093, Rv. 634677).

Nella specie, pur avendo il giudice d’appello affermato che le perizie giurate redatte dal tecnico di fiducia della contribuente hanno tenuto conto di tutti i parametri stabiliti dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, la contribuente non ha inteso specificare quale tra gli indici di legge sarebbe stato pretermesso, nè la ragione per cui la stima peritale di qualche mese successiva all’anno d’imposta non riflettesse più la corretta applicazione di quegli indici, e tutto ciò esclude in radice la decisività del mezzo.

4. Il sesto motivo di ricorso denuncia vizio logico e violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59, comma 1, lett. g, per aver il giudice d’appello dichiarato legittima la determinazione dell’imponibile in deroga al valore regolamentare di zona omogenea.

4.1. Il motivo è infondato.

La determinazione regolamentare dei valori venali per zone omogenee ha natura presuntiva, sottraendo all’accertamento il contribuente che vi aderisca, con funzione analoga agli studi di settore (Cass. 3 maggio 2005, n. 9135, Rv. 583459; Cass. 7 maggio 2010, n. 11171, Rv. 612834; Cass. 13 marzo 2015, n. 5068, Rv. 635340).

Il giudice d’appello ha ritenuto che B.R. non potesse beneficiare dell’esenzione dall’accertamento poichè non aveva tempestivamente versato l’imposta sul valore predeterminato, avendo anzi mancato di dichiarare valore alcuno: conforme alla lettera del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59, comma 1, lett. g (“qualora l’imposta sia stata versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato”) e coerente alla sua dichiarata ratio legis (“ridurre al massimo l’insorgenza di contenzioso”), la motivazione è logicamente congrua e giuridicamente corretta.

5. Il ricorso deve essere respinto, con aggravio di spese.

PQM

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.800,00 per compensi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2017

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