Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23796 del 11/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 11/10/2017, (ud. 21/09/2017, dep.11/10/2017),  n. 23796

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo – Consigliere –

Dott. NOCERA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

MINI s.p.a., già AROLI s.p.a., con sede in (OMISSIS), in persona del

legale rapp.te pro tempore C.Z.P., difesa, come da

mandato in calce al ricorso, dall’avv. Giuseppe Fattori ed

elettivamente domiciliata in Roma, alla Via Crescenzio n. 19, presso

lo studio dell’avv. Lucilla Lenti.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, Direzione provinciale di Varese, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

EQUITALIA NORD s.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, con sede in (OMISSIS), difesa da Daglia Andrea Umberto;

– intimata –

avverso la sentenza n. 66/32/2012 della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, depositata il 13.04.2012, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21

settembre 2017 dal dott. Andrea Nocera;

udito per il ricorrente l’Avvocato Laura Chiarini che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale che ha

concluso per l’accoglimento del primo motivo del ricorso, con

assorbimento dei restanti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.La MINI s.p.a., già ARIOLI s.p.a., proponeva ricorso per l’annullamento della cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione Modello Unico 2002, con cui veniva intimato il pagamento della somma complessiva di Euro 65.022,42, comprensiva di imposte, sanzioni ed interessi, per il recupero del credito di imposta per l’anno 2001 indebitamente portato in compensazione dalla contribuente. La CTR, in esito all’appello della società contribuente accolse il ricorso ed annullò la cartella, in quanto emessa senza preventiva comunicazione dell’avviso bonario, in violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, comma 3, e della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5. Questa Sezione della Corte, con ordinanza n. 5807 del 2011, in accoglimento del ricorso proposto dall’Agenzia, cassò la sentenza impugnata disponendo rinvio della causa ad altra sezione della CTR della Lombardia, sul presupposto dell’erroneo annullamento della cartella sulla base di un vizio non oggetto di specifica censura in appello e non denunciato dal contribuente nel ricorso introduttivo, nella specie, il mancato rilievo dell’assenza di preventiva comunicazione dell’avviso bonario.

La CTR della Lombardia rigettava l’appello in riassunzione proposto dalla contribuente ritenendo tardiva la presentazione della dichiarazione integrativa per la rettifica del credito mediante compilazione del quadro RU, ai sensi del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 8 bis, introdotto dal D.P.R. n. 435 del 2001, e della ritenuta legittimità del procedimento di notificazione e completezza degli elementi indicati nella cartella.

Ha proposto ricorso per cassazione la società sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui al D.P.R. 22 luglio 1998 n. 322, art. 2, commi 8 e 8 bis, e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Osserva la ricorrente che la CTR ha ritenuto erroneamente tardiva la dichiarazione integrativa trasmessa in via telematica dalla società in data 14 settembre 2004, recante la compilazione del quadro RU (da RU61 a RU64) dedicato all’esposizione dei crediti di imposta per l’anno 2001 – autorizzati dal MIUR per attività di ricerca scientifica. Chiarisce che, nel silenzio del legislatore, il termine per l’emendabilità della dichiarazione è quello quadriennale previsto dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8, e non quello più breve introdotto dal comma 8 bis del medesimo art. 2, norma peraltro non applicabile ratione temporis in quanto in vigore dall’1.01.2002.

1.1. Con il secondo motivo di ricorso viene dedotta la medesima questione sotto il profilo della illogicità ed insufficienza della motivazione della sentenza su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, consistente nella individuazione del termine entro il quale era consentito alla società emendare la dichiarazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

1.2. Con il terzo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., in ordine al motivo di appello inerente la corretta qualificazione della fattispecie, vertente sul rimborso D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38. Osserva la ricorrente che la CTR ha omesso di pronunciarsi sul motivo di appello con cui si eccepiva l’omessa pronuncia in ordine alla denunciata illegittimità dell’atto di irrogazione delle sanzioni per violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5, art. 6, comma 5 bis, artt. 16 e 17.

1.3. Con il quarto motivo di ricorso si deduce, infine, la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per la insufficiente motivazione della cartella di pagamento nella indicazione della causale delle singole voci oggetto di richiesta di pagamento.

2. Il primo ed il secondo motivo di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente in quanto attinenti alla medesima questione, sono infondati.

La Corte è chiamata a decidere se la facoltà di rettifica della dichiarazione del contribuente – che, nella specie, ha omesso di compilare il quadro RU e di indicare in compensazione i crediti di imposta concessi per attività di ricerca – debba essere soggetta al termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, ai sensi del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, comma 8 bis, oppure se, essendo tale termine previsto solo ai fini della compensazione, richiamata dal secondo periodo del comma 8 bis citato, la rettifica sia possibile anche a mezzo di dichiarazione da presentare entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione a norma dell’art. 2, comma 8, del D.P.R. n. 322 cit..

Sul contrasto giurisprudenziale sorto tra le sezione semplici, le Sezioni unite della Corte hanno affermato il principio secondo cui in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 se diretta ad evitare un danno per la P.A. (D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermotrestando la possibilità per il contribuente di chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria (Sez. U, Sentenza n. 13378 del 30/06/2016, Rv. 640206; in senso conforme, Sez. 5, n. 27152 del 28/12/2016).

Nel caso di specie, l’errore/omissione nella compilazione del modello Unico 2002, presentato a mezzo intermediario telematico alla trasmissione in data 1.10.2002 – pacificamente ammesso dalla società, che lo riconduce a “mera dimenticanza” – risulta emendato con dichiarazione integrativa trasmessa in via telematica il 14 settembre 2004 e, dunque, oltre il termine previsto dal citato art. 2, comma 8 bis.

Del pari infondata è la censura di inapplicabilità ratione temporis della suddetta norma, introdotta dal D.P.R. n. 435 del 2001, atteso che la dichiarazione erronea od incompleta oggetto di emenda, pur riferita all’anno di imposta 2001, è stata presentata in epoca successiva alla sua entrata in vigore (1.01.2002). La CTR ha, dunque, correttamente ritenuto applicabile al caso in esame la disposizione di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, e ritenuto la tardività della dichiarazione integrativa presentata oltre il “31.10.2003”.

2.1. Anche il terzo motivo di ricorso è infondato.

Il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13 stabilisce che “Chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell’imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l’ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorchè non effettuati, è soggetto a sanzione Amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato.”(comma 1). “Fuori dei casi di tributi iscritti a ruolo, la sanzione prevista al comma 1 si applica altresì in ogni ipotesi di mancato pagamento di un tributo o di una sua frazione nel termine previsto” (comma 2).

Se ne desume che la sanzione si applica anche nei casi di omesso, insufficiente o tardivo versamento dell’imposta dovuta in base alle liquidazioni periodiche, a titolo di acconto ed a titolo di conguaglio risultante dalla dichiarazione annuale, essendo la base per la commisurazione la frazione di importo non versata alle rispettive scadenze, non potendo però le somme non versate in sede di liquidazione periodica o di liquidazione dell’acconto e poi confluite nel saldo, nel caso di mancato pagamento in sede di dichiarazione annuale, essere nuovamente assoggettate a sanzione.

Deve, dunque, ritenersi indubbio che, ogniqualvolta sia esposto o utilizzato in compensazione un credito di imposta in assenza dei relativi presupposti si realizza quel mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste che è sanzionato dal citato art. 13, non trattandosi di violazione meramente formale non punibile, in quanto determina un mancato incasso erariale (ex multis, Sez. 5, n. 16504 del 2016; n. 23755 del 2015).

La sanzione è liquidata in cartella come componente accessorio derivante dal mancato versamento dell’imposta.

Sul punto non si rilevano omissioni nella pronuncia della CTR, che, per le ragioni sopra esposte, ha ritenuto tardiva la presentazione della dichiarazione integrativa e accertato il mancato versamento delle somme corrispondenti al credito di imposta indicato in dichiarazione, da cui consegue la liquidazione delle sanzioni.

2.2. Del pari infondato è il quarto motivo di ricorso. In particolare, la società ricorrente si duole della mancata indicazione del criterio di calcolo degli interessi (decorrenza e tasso applicato) e delle norme che legittimano l’irrogazione delle sanzioni.

Sul punto deve richiamarsi la giurisprudenza di questa Sezione, secondo cui la cartella di pagamento all’esito di un procedimento di controllo cd. formale o automatizzato, a cui l’Amministrazione finanziaria ha potuto procedere attingendo i dati necessari direttamente dalla dichiarazione, può essere motivata con il mero richiamo a tale atto, atteso che il contribuente è già in grado di conoscere i presupposti della pretesa, anche qualora si richiedano somme maggiori di quelle risultanti dalla dichiarazione (Sez. 5, n. 15564 del 27/07/2016, Rv. 640655, con riferimento ad omessi e tardivi versamenti riscontrati attraverso i dati dichiarati dal contribuente).

Come evidenziato sub 2.1., la misura delle sanzioni liquidate risponde al criterio di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13.

Del resto, quanto alla necessità di una compiuta illustrazione delle singole voci del credito erariale liquidato con la cartella, ivi compresi gli interessi, deve evidenziarsi che la cartella emessa a seguito di un controllo c.d. formale o automatizzato della dichiarazione si sovrappone direttamente alla dichiarazione, utilizzando l’Amministrazione i dati ivi esposti, ciò che esclude la sussistenza del lamentato vulnus al diritto di difesa, correlato all’obbligo di motivazione dell’atto, poichè gli elementi conoscitivi utilizzati dall’Ufficio erano già noti al contribuente, avendovi egli stesso dato causa con la presentazione della dichiarazione.

3. Per i motivi sopra esposti il ricorso deve essere rigettato, con conferma della sentenza impugnata.

4. La risoluzione del contrasto di giurisprudenza in ordine alla questione del termine per la presentazione della dichiarazione integrativa, intervenuta successivamente alla presentazione del ricorso, consente la compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 21 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2017

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