Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23790 del 11/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 11/10/2017, (ud. 21/09/2017, dep.11/10/2017),  n. 23790

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana M. T. – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 11062/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma alla via dei

Portoghesi n. 12 è domiciliata;

– ricorrente –

contro

Danone s.a., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giuseppe Camosci e

Paolo Berruti, elettivamente domiciliata presso lo studio del

secondo in Roma alla via Flaminia n. 135, per procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale

dell’Abruzzo n. 66/10/12 depositata il 2 febbraio 2012.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 21 settembre

2017 dal Consigliere Dr. Carbone Enrico.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Dr. Zeno Immacolata, che ha concluso per il rigetto

dell’eccezione preliminare e l’accoglimento del ricorso.

Uditi gli Avv.ti De Bonis Eugenio per la ricorrente e Giuseppe

Camosci per la controricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con istanza del 5 marzo 2004, la società di diritto francese Groupe Danone s.a. (oggi Danone s.a.) chiedeva al Centro Operativo di (OMISSIS) dell’Agenzia delle entrate ai sensi dell’art. 10 della Convenzione Italia-Francia contro le doppie imposizioni il pagamento dell’importo di Euro 38.939.393,93 per credito d’imposta sui dividendi a riserva distribuiti il 12 dicembre 2003 dalla controllata italiana Roncevaux s.p.a..

La società transalpina impugnava l’atto di diniego, con esito sfavorevole in primo grado e favorevole in secondo.

L’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione con cinque motivi.

Danone s.a. resiste mediante controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La controricorrente eccepisce l’inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione del Centro Operativo di (OMISSIS), difetto di autosufficienza e violazione dell’art. 360-bis c.p.c..

1.1. L’eccezione è infondata: il ricorso presenta gli elementi specificativi ex art. 366 c.p.c. e non collide con la giurisprudenza di legittimità, orientata piuttosto nel suo medesimo senso (infra, p. 2.3); la legittimazione del COP sussiste per diniego e revoca del credito d’imposta, atti di disconoscimento del beneficio, esclusi soltanto gli atti di recupero dei crediti indebitamente utilizzati (Cass. 20 luglio 2012, n. 12662).

2. Il primo motivo di ricorso denuncia vizio logico, il secondo violazione dell’art. 5 direttiva n. 90/435/CEE, D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 27 e 27-bis e art. 10, p. 4, lett. b, Convenzione Italia-Francia 5 ottobre 1989, il terzo ancora violazione dell’art. 10, p. 4, lett. b.

I motivi vanno trattati unitariamente per connessione logica, tutti riguardando l’interazione tra regime convenzionale italo-francese dei c.d. dividendi in uscita e regime comunitario della c.d. direttiva madre-figlia.

2.1. L’art. 10, p. 4, lett. b, Convenzione Italia-Francia contro le doppie imposizioni ratificata con L. n. 20 del 1992 attribuisce alla società madre francese ricevente dalla controllata italiana dividendi che darebbero diritto a credito d’imposta se ricevuti da residente italiano il diritto al pagamento da parte del Tesoro italiano di un ammontare pari alla metà di detto credito d’imposta, diminuito di una ritenuta alla fonte del 5%.

L’art. 4 direttiva 90/435/CEE sul regime fiscale comune delle società madri e figlie (vigente ratione temporis) dispone che lo Stato della società madre si astiene dal tassare gli utili distribuiti dalla figlia o li tassa autorizzando la madre a dedurre l’imposta pagata dalla figlia; l’art. 5 dispone che tali utili sono esenti da ritenuta alla fonte.

Attuando la direttiva 90/435/CEE, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 27-bis (testo ratione temporis) conferisce alla società madre percettrice il diritto all’esonero o al rimborso della ritenuta.

2.2. Nella specie, la società madre francese reclama il credito d’imposta di fonte convenzionale nonostante goda di una piena esenzione di fonte comunitaria, in tal modo rivendicando una sorta di “cumulo dei benefici”, seppur temperato dall’applicazione della ritenuta di matrice pattizia (pag. 44-45 controricorso).

Assume Danone s.a. che al beneficio convenzionale non osti l’esclusione dei dividendi dal proprio reddito imponibile, giacchè l’art. 10 Convenzione Italia-Francia richiede che la società madre sia solo “assoggettabile” ad imposta, “senza che sia necessario l’effettivo assoggettamento a tassazione del dividendo in capo al percipiente nel proprio Stato di residenza”, effettivo assoggettamento viceversa richiesto quando la società percettrice ha una partecipazione non qualificata (pag. 57-58 controricorso).

La sentenza d’appello ha evidentemente coltivato questa tesi, pur munendola di un apparato logico-argomentativo molto meno preciso.

Essa non resiste alle denunce compendiate nei primi tre motivi di ricorso, ciò alla luce dei seguenti rilievi.

2.3. Il fatto che la disciplina comunitaria non abbia determinato il superamento di quella convenzionale e anzi ne abbia lasciata impregiudicata l’applicazione (art. 7 direttiva madre-figlia) non significa che i rispettivi benefici siano cumulabili, essi operando viceversa su un piano di “alternatività”, giacchè la sommatoria della detassazione e del credito eccede la finalità di evitare la doppia imposizione, generando semmai una fattispecie di c.d. doppia non-imposizione (per la Convenzione italo-francese, Cass. 28 dicembre 2016, n. 27111; analogamente per la Convenzione italo-britannica, Cass. 12 marzo 2009, n. 5943).

2.4. La doppia non-imposizione si risolve in un’agevolazione fiscale (c.d. credito d’imposta figurativo).

In tal senso, a fini di promozione dello sviluppo economico, gli accordi bilaterali con paesi emergenti ospitano sovente una clausola di detassazione (tax sparing clause).

All’opposto, la Convenzione italo-francese vieta la doppia esenzione bilaterale (art. 15 Protocollo), mercè una tipica clausola di assoggettamento (subject to tax clause).

Il percettore francese di dividendi esenti che ottenesse anche l’avoir fiscal sommerebbe due benefici tributari, e la circostanza che uno di questi (il credito d’imposta) subisce un abbattimento marginale (ritenuta alla fonte del 5%) riduce l’effetto distorsivo della doppia non-imposizione, senza tuttavia eliderlo.

Quando insiste sulla dimensione astratta e formale del requisito dell'”assoggettabilità” ad imposta, il controricorso si scontra con l’elaborazione giurisprudenziale sulla doppia imposizione dei dividendi transfrontalieri, che qualifica l’assoggettamento fiscale in termini concreti ed effettivi, come ancora recentemente evidenziato da questa Corte (Cass. 24 febbraio 2017, n. 4771).

2.5. Nel coordinare regime di direttiva e regime di convenzione, la giurisprudenza unionale ha precisato che il credito d’imposta “è uno strumento fiscale diretto ad evitare, in termini economici, una doppia imposizione degli utili distribuiti sotto forma di dividendi: una prima volta a carico della società controllata e una seconda volta a carico della società capogruppo beneficiaria dei dividendi” (Corte giust. 25 settembre 2003, C-58/01, Ocè van der Grinten, p. 56).

La Corte del Lussemburgo ha altresì osservato che quando la società madre beneficia nel proprio Stato di una tassazione dei dividendi ad aliquota zero “il rischio di doppia imposizione (…) degli utili che le sono stati distribuiti dalla sua società figlia è escluso” (Corte giust. 8 marzo 2017, C-448/15, Wereldhave, p. 40).

Nella specie, poichè la società madre francese gode dell’esenzione dei dividendi in entrata, il credito d’imposta eccederebbe la ratio di neutralizzazione della doppia imposizione, questa intesa – secondo una classica distinzione – come doppia imposizione c.d. giuridica (due prelievi su stesso soggetto) e doppia imposizione c.d. economica (stesso prelievo su due soggetti).

2.6. Vale il seguente principio: “la società madre francese che riceve dalla società figlia italiana dividendi esenti da tassazione per effetto dell’attuazione in Francia della direttiva 90/435/CEE non ha diritto al credito d’imposta previsto dall’art. 10, p. 4, lett. b, Convenzione Italia-Francia 5 ottobre 1989, ratificata con L. n. 20 del 1992, in quanto l’esenzione di fonte comunitaria esclude la doppia imposizione che il credito di fonte pattizia è diretto a neutralizzare”.

3. Il quarto motivo di ricorso denuncia omissione di pronuncia, il quinto violazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 40, conv. L. n. 326 del 2003, art. 10, p. 4, lett. b, Convenzione Italia-Francia 5 ottobre 1989.

I motivi vanno trattati unitariamente per connessione logica, entrambi riguardando la natura del credito d’imposta riferito alla Delib. 12 dicembre 2003, la cui definizione legislativa di credito “limitato” (i.e. non rimborsabile) potrebbe escludere il diritto al pagamento esercitato da Danone.

3.1. I motivi quarto e quinto sono assorbiti.

L’accoglimento dei motivi precedenti nega la spettanza del credito d’imposta, togliendo ogni rilievo alla questione – oggetto di dibattito dottrinale – se il beneficio pattizio competa alla società francese in quanto alla controllata italiana spetti un credito d’imposta tout court o in quanto ad essa spetti un credito d’imposta c.d. pieno.

4. Devono essere accolti i primi tre motivi di ricorso, assorbiti gli altri; la sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti e la causa decisa nel merito col rigetto dell’impugnazione del diniego, non essendo necessarie indagini di fatto; le spese dei gradi di merito sono compensate in ragione dell’esito alterno, quelle del giudizio di legittimità regolate per soccombenza.

PQM

 

Accoglie i primi tre motivi di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e – decidendo nel merito rigetta l’impugnazione dell’atto di diniego; compensa le spese dei gradi di merito e condanna Danone s.a. a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese di questo giudizio, che liquida in Euro 33.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 21 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2017

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