Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23784 del 28/10/2020
Cassazione civile sez. II, 28/10/2020, (ud. 23/06/2020, dep. 28/10/2020), n.23784
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –
Dott. BELLINI Ugo – Consigliere –
Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23518-2019 proposto da:
I.T.,elettivamente domiciliato in TRENTO, VIA PETRARCA 8,
presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA FRIZZI, che lo rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– controricorrente-
nonchè contro
COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE
INTERNAZIONALE VERONA;
– intimata –
avverso il decreto del TRIBUNALE di TRENTO, depositato il 02/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/06/2020 dal Consigliere DE MARZO GIUSEPPE.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. Con decreto depositato il 2 luglio 2019 il Tribunale di Trento ha respinto la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato, e, in subordine, della protezione sussidiaria e per motivi umanitari invocata da I.T., cittadino bengalese.
2. Per quanto ancora rileva, il Tribunale ha ritenuto: a) che la narrazione del richiedente, il quale aveva riferito di avere lasciato il Paese di provenienza, in quanto omosessuale, non fosse credibile, poichè era sommaria, non particolarmente circostanziata, nè corroborata da allegazioni, oltre che intrinsecamente contraddittoria anche in relazione a quanto riferito dinanzi alla Commissione territoriale; b) che non ricorressero i presupposti della invocata protezione sussidiaria, in assenza di rischio di attentati o di una situazione di violenza indiscriminata derivante da un conflitto armato, nella zona di origine; c) che, se è vero che il pericolo di danno grave può anche provenire da agenti non statali, è anche vero che deve trattarsi di agenti che abbiano il potere di infliggere sanzioni previste per la violazione di un sistema di valori condiviso dalla collettività; d) che, quanto alla protezione per motivi umanitari, il richiedente aveva depositato solo documentazione attestante la partecipazione ad un corso di alfabetizzazione e lo svolgimento di attività lavorativa a tempo determinato, prima, per la raccolta della frutta e, poi, come aiuto commesso, come commesso e come aiuto cuoco.
3. Avverso tale decreto, nell’interesse del soccombente, è stato proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con i primi due motivi, presentati congiuntamente dallo stesso ricorrente, si lamenta nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere il Tribunale omesso di decidere relativamente alla domanda di riconoscimento: a) dello status di rifugiato e b) della protezione sussidiaria.
Le doglianze sono del tutto infondate, dal momento che il decreto impugnato esamina analiticamente le due richieste, come si è riassuntivamente osservato supra, con la conseguenza che il vizio denunciato è palesemente insussistente.
2. Con il terzo e il quarto motivo, presentati congiuntamente dallo stesso ricorrente, si lamenta: a) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 25, comma 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per avere il Tribunale escluso la sussistenza dei cd. motivi umanitari, omettendo di valutare la situazione di particolare vulnerabilità alla quale si troverebbe esposto il richiedente in caso di rimpatrio; b) violazione e falsa applicazione dell’art. 10 Cost., comma 3, per avere il Tribunale escluso la sussistenza dei cd. motivi umanitari, attraverso una motivazione generica e non individualizzata.
Le doglianze sono inammissibili, in quanto: a) per un verso, insistono sulla asserita condizione di omosessualità del richiedente, senza confrontarsi, se non in termini confusi e al di fuori del catalogo dei vizi denunciabili col ricorso per cassazione, con la ritenuta inattendibilità del primo, quanto all’indicato profilo; b) genericamente paiono investire anche i motivi economici che sostanzierebbero una condizione di vulnerabilità, ma non chiariscono per quale ragione sarebbe apparente la motivazione esibita dal provvedimento impugnato.
3. In conseguenza, il ricorso va rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, alla luce del valore e della natura della causa nonchè delle questioni trattate.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese di controparte, che liquida in Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 23 giugno 2020.
Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2020