Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23783 del 24/09/2019

Cassazione civile sez. lav., 24/09/2019, (ud. 30/04/2019, dep. 24/09/2019), n.23783

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11540/2014 proposto da:

ATM S.R.L., SOCIETA’ UNIPERSONALE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ASIAGO 1, presso lo studio dell’avvocato FLAVIA BIANCHI,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANNA CENTONZE;

F- ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro

tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli

avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, CARLA

D’ALOISIO, MATANO GIUSEPPE;

EQUITALIA SUD S.P.A. (già EQUITALIA ETR S.P.A.), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA LAURA MONTEGAZZA 24, presso MARCO GARDIN, rappresentata e

difesa dall’avvocato FABIO DELL’ANNA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3783/2013 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 05/11/2013 R.G.N. 4502/2011.

Fatto

RILEVATO CHE:

1. la Corte di appello di Lecce, con sentenza n. 3783 del 2013, ha rigettato il gravame proposto dalla società A.T.M. srl, nei confronti di INPS, SCCI spa e SOBARIT Spa (poi Equitalia Sud s.p.a., già Equitalia ETR s.p.a.), avverso la sentenza del Tribunale di Lecce che, a sua volta, aveva respinto l’opposizione avverso l’iscrizione a ruolo dell’INPS, per un credito di Euro 79.880, 43, a titolo di contributi aziende;

1.1. per quanto residua in questa sede, la Corte territoriale ha ritenuto inammissibile il motivo di gravame riguardante la notifica della cartella esattoriale, in quanto eccezione nuova, come tale non consentita ex art. 437 c.p.c.; nel merito, ha escluso che la società appellante rappresentasse una ditta di nuova costituzione rispondente ai criteri stabiliti dalla L. n. 448 del 2001, art. 44, ai fini delle agevolazioni contributive per i nuovi assunti; a tale riguardo, ha osservato coma la società, unipersonale, fosse stata costituita il 28.12.02 con l’affidamento delle funzioni di legale rappresentante a M.P.M., già titolare dell’omonima impresa di impiantistica artigiana; che, inoltre, i lavoratori assunti erano tutti già in forza alla ditta individuale e da quest’ultima licenziati il 20.12.2002, senza liquidazione del TFR; che, ancora, tutti i lavoratori, transitati alle dipendenze della A.T.M. srl, avevano conservato l’anzianità di servizio maturata presso la ditta individuale; che l’A.T.M. srl aveva emesso fatture fiscali per i lavori eseguiti per conto della ditta M.;

2. per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso la società A.T.M. srl socio unipersonale (di seguito, anche ATM) affidato a due motivi, cui resistono l’INPS, anche come procuratore speciale della SCCI, e l’Equitalia Sud Spa, con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO CHE:

1. con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 437 c.p.c., comma 2 e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, nonchè difetto di motivazione ed omesso esame di fatto decisivo per il giudizio;

1.1. la critica investe la statuizione di inammissibilità della censura riguardante il difetto di notificazione della cartella esattoriale;

1.2. il motivo è, nel complesso, da respingere;

1.3. quanto al vizio di motivazione, la formulata denunzia esula del tutto dal paradigma di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, che, nel testo ratione temporis applicabile, individua il vizio motivazionale esclusivamente nella omessa rilevazione e considerazione da parte del Giudice di merito di un “fatto storico”, principale o secondario, ritualmente verificato in giudizio e di carattere “decisivo” in quanto idoneo ad immutare l’esito della decisione (Cass., sez. un, n. 8053 del 2014; Cass., sez. un., n. 19881 del 2014);

1.4. quanto alla deduzione di violazione di norme di legge, correttamente, la Corte di appello ha ritenuto l’eccezione concernente il difetto di notificazione della cartella esattoriale, proposta per la prima volta in appello, vietata dall’art. 437 c.p.c.; si tratta, infatti, di una questione concernente un atto (la cartella esattoriale, appunto) che si colloca al di fuori dal processo e che attiene, dunque, ai fatti impeditivi, modificativi o estintivi del diritto fatto valere in giudizio, non rilevabili d’ufficio e non deducibili, per la prima volta, in appello;

2. con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – è dedotto difetto di motivazione ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti;

2.1. la critica investe l’apparato motivazionale della decisione resa dalla Corte di appello, giudicata meramente ripropositiva dell’iter argomentativo della pronuncia di primo grado, senza valutazione critica delle censure espresse con l’atto di appello;

2.2. anche il secondo motivo presenta profili di inammissibilità e di infondatezza;

2.3. esso (id est: il motivo) difetta di specificità laddove imputa alla sentenza impugnata di riproporre “pedissequamente” la decisione di primo grado, giacchè, da un lato, non trascrive la pronuncia del Tribunale e, dall’altro, riproduce l’atto di appello solo in relazione a passaggi meramente valutativi di circostanze fattuali; al Collegio, senza conoscere quel tenore (della sentenza di primo grado, appunto) e quelle critiche (sviluppate con l’atto di appello), è impedito di apprezzare la ritualità della motivazione che, ex se, rende, invece, chiare le ragioni della decisione;

2.4. va, infatti, esclusa la denunciata carenza motivazionale;

2.5. come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. un., n. 19881 del 2014; Cass., sez.un., n. 8053 del 2014) la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 2012, art. 54, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione; è pertanto denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un “error in procedendo” che comporta la nullità della sentenza solo nel caso di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, di “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, non essendo invece più consentita la formulazione di censure per il vizio di insufficiente o contraddittoria motivazione (Cass., sez. un., n. 14477 del 2015; ex multis, tra le sezioni semplici, Cass. n. 31543 del 2018);

2.6. è stato, peraltro, precisato che di “motivazione apparente” o di “motivazione perplessa e incomprensibile” può parlarsi laddove essa non renda “percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talchè essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice” (Cass., sez. un., n. 22232 del 2016);

2.7. all’evidenza, tali evenienze non sono affatto riscontrabili nel caso di specie ove la Corte territoriale ha desunto da plurimi elementi di giudizio, specificamente indicati nello storico di lite, il ragionevole convincimento dell’insussistenza, in relazione alla ATM, delle condizioni stabilite dalla L. n. 448 del 2001, art. 44, ai fini delle agevolazioni contributive per i ” nuovi” assunti;

3. conclusivamente il ricorso va rigettato, con le spese liquidate in dispositivo secondo soccombenza, in favore di ciascuna parte controricorrente;

4. occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida, in favore di ciascuna parte controricorrente, in Euro 4.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 30 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019

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