Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23780 del 28/10/2020

Cassazione civile sez. II, 28/10/2020, (ud. 23/06/2020, dep. 28/10/2020), n.23780

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ugo – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19187-2019 proposto da:

J.M.J., elettivamente domiciliato in TORINO, VIA

GUICCIARDINI 3, presso lo studio dell’avvocato LORENZO TRUCCO, che

lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

MINISTERO DELL’INTERNO, PROCURA GENERALE REPUBBLICA CORTE SUPREMA

CASSAZIONE;

– intimati-

avverso il decreto del TRIBUNALE di TORINO, depositato il 06/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/06/2020 dal Consigliere DE MARZO GIUSEPPE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto depositato il 6 maggio 2019 il Tribunale di Torino ha respinto la richiesta di protezione sussidiaria e per motivi umanitari invocata da J.M.J., cittadino del Gambia.

2. Per quanto ancora rileva, il Tribunale, dopo avere sottolineato che l’accesso alla giustizia da parte del richiedente, rispetto alle aggressioni subite, non aveva prodotto risultati, non per un difetto di efficienza delle istituzioni, ma in ragione del fatto che anche il padre aveva disconosciuto i fatti, ha aggiunto che non sussistevano i presupposti della protezione sussidiaria, in ragione dell’evoluzione del Paese di origine, e che, quanto alla cd. protezione umanitaria, la patologia oculistica era stabilizzata e curabile con la somministrazione di antibiotici, mentre la mera integrazione non era sufficiente a giustificare l’accoglimento della domanda, non risultando un incolmabile divario tra il contesto di origine e quello italiano.

3. Avverso tale decreto, nell’interesse del soccombente, è stato proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Il Ministero intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si solleva questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, per violazione degli art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., commi 1, 2 e 5, art. 117 Cost., comma 1, in relazione all’art. 46, par. 3 della Direttiva n. 32 del 2013 e degli artt. 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, in relazione alla previsione del rito camerale per la definizione delle controversie in materia di protezione internazionale.

La questione prospettata è manifestamente infondata poichè il rito camerale ex art. 737 c.p.c., che è previsto anche per la trattazione di controversie in materia di diritti e di “status”, è idoneo a garantire il contraddittorio anche nel caso in cui non sia disposta l’udienza (e, peraltro, nel caso di specie, il richiedente è comparso e ha reso dichiarazioni spontanee), sia perchè tale eventualità è limitata solo alle ipotesi in cui, in ragione dell’attività istruttoria precedentemente svolta, essa appaia superflua, sia perchè in tale caso le parti sono comunque garantite dal diritto di depositare difese scritte (Cass. 5 luglio 2018, n. 17717).

Questa Corte ha, peraltro, ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 35 bis cit., per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, artt. 24 e 111 Cost., anche nella parte in cui stabilisce che il procedimento per l’ottenimento della protezione internazionale è definito con decreto non reclamabile in quanto è necessario soddisfare esigenze di celerità, non esiste copertura costituzionale del principio del doppio grado ed il procedimento giurisdizionale è preceduto da una fase amministrativa che si svolge davanti alle commissioni territoriali deputate ad acquisire, attraverso il colloquio con l’istante, l’elemento istruttorio centrale ai fini della valutazione della domanda di protezione (Cass. 30 ottobre 2018, n. 27700).

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta violazione o erronea applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19, in relazione all’art. 10 Cost., comma 3, per avere il Tribunale confinato l’operatività della protezione cd. umanitaria a casi “sostanzialmente eccezionali”, trascurando di considerare che il richiedente, dopo avere abbandonato un contesto socio – economico di estrema povertà, era giunto in Italia appena maggiorenne, aveva patito esperienze terribili in Libia e presentava elementi di integrazione nel territorio nazionale.

La doglianza è inammissibile, in quanto, a fronte delle conclusioni della valutazione comparativa operata dai giudici di merito (Cass., Sez. Un., 13 novembre 2019, n. 29459), il ricorrente, per un verso, indica circostanze fattuali, senza illustrare quando e in che modo le avrebbe prospettate al giudice di merito, e, per altro verso, invoca un diverso apprezzamento delle risultanze istruttorie.

3. In conclusione, il ricorso va rigettato. Nulla per le spese, non avendo il Ministero intimato svolto attività difensiva.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 23 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2020

 

 

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