Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2378 del 31/01/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 2378 Anno 2018
Presidente: DI AMATO SERGIO
Relatore: IANNELLO EMILIO

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 396/2014 R.G. proposto da
Cozzaglio Flaminio, rappresentato e difeso dall’Avv. Giorgio Allocca, con
domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Giovanni
Nicotera, n. 29;
– ricorrente contro
Zanolli Vittoriano, rappresentato e difeso dall’Avv. Luigi Gritti, con
domicilio eletto in Roma, via Germanico, n. 107, presso lo studio
dell’Avv. Giorgio Gelera;
– controricorrente –

152ì_

avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia, n. 599/2013
depositata il 9 maggio 2013;

Data pubblicazione: 31/01/2018

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 dicembre 2017
dal Consigliere Emilio Iannello.
Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Tommaso Basile, che ha chiesto il rigetto del
ricorso principale e di quello incidentale.
Rilevato in fatto

Cremona Flaminio Cozzagli° chiedendone la condanna al risarcimento dei
danni subìti in conseguenza di una serie di scritti da questi pubblicati in
rete, sul proprio sito Internet, tra il novembre 2009 e il luglio 2010:
scritti contenenti critiche, espresse con terminologia che l’attore
giudicava offensiva, in riferimento alla sua attività di giornalista direttore
de «La Provincia», quotidiano di Cremona e Crema.
Instaurato il contraddittorio il Tribunale pronunciava sentenza con la
quale, per quel che ancora in questa sede interessa, rigettava la
domanda.
2. Sull’appello proposto dall’attore, la Corte di Appello di Brescia, in
riforma della sentenza impugnata, riconosciuto il carattere lesivo e
diffamatorio di un’unica espressione che il Cozzaglio aveva utilizzato in
riferimento allo Zanolli in uno scritto del 31 marzo 2010, ha condannato
quest’ultimo al risarcimento del danno liquidato in C 3.000,00; ha
ordinato la pubblicazione del dispositivo sul medesimo sito internet sul
quale era avvenuta la diffamazione; ha compensato le spese del doppio
grado per due terzi e ha posto il residuo terzo a carico del convenuto.
Premesso che, in tale articolo, intitolato «Cremonesità», il Cozzaglio,
«in un contesto di non agevole lettura ove sembra accennare a
rappresentanti politici locali …, afferma di trascrivere alcune parole che il
giorno prima Zanolli avrebbe scritto al riguardo e aggiunge: “… non lo
cito per prenderlo pubblicamente per il culo, come del resto merita, ma
perché rappresenta il cremonese tipo …”», ha ritenuto la Corte di merito
che tale espressione, «da un lato, si caratterizza per scelte lessicali di
indubbia volgare grossolanità, dall’altro, non trova giustificazione in

2

1. Vittoriano Zanolli conveniva in giudizio avanti il Tribunale di

alcuna esigenza di informazione o critica, come, del resto, confessa lo
stesso Cozzaglio, là ove dichiara di citare Zanolli sol “… perché
rappresenta il cremonese tipo …”» e ne ha tratto il convincimento che
«lo scopo era esclusivamente il gratuito dileggio», espresso peraltro in
termini che non possono essere giustificati «dall’ormai legittimato
ingresso nel linguaggio comune di giovani e meno giovani».

primo giudice che aveva escluso il carattere diffamatorio delle altre
espressioni censurate, trattandosi di critiche condotte in termini
chiaramente iperbolici, come tali inidonee a determinare danno alla
reputazione.
3. Avverso tale sentenza ricorre il Cozzagli°, sulla base di tre motivi.
Resiste con controricorso lo Zanolli, il quale propone a sua volta
ricorso incidentale fondato su unico motivo.
Il ricorrente principale ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378
c.p.c..
Con ordinanza resa all’udienza del 15/12/2015 il procedimento è stato
rinviato a nuovo ruolo «per consentire il deposito della cartolina di
notifica per verificare la tempestività del controricorso».
Prima della odierna udienza il ricorrente ha depositato ulteriore
memoria, rappresentando di essere stato assolto, con sentenza del
Tribunale di Cremona divenuta definitiva per mancata impugnazione, dal
reato di diffamazione continuata contestatogli per i medesimi fatti.

Considerato in diritto
1. Con il primo motivo del ricorso principale, il ricorrente Cozzaglio
deduce «illegittimità della sentenza pronunciata, ai sensi dell’art. 360 n.
3 c.p.c., per violazione dell’art. 342 c.p.c. e, per l’effetto, dell’art. 163
c.p.c. nella parte in cui considera motivato l’atto di citazione in appello
pur in mancanza dei suoi elementi formativi essenziali».
La censura, da ricondurre in realtà alla tipologia di cui all’art. 360,
comma primo, num. 4, cod. proc. civ. è inammissibile per difetto di
specificità ed autosufficienza.

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Per il resto i giudici d’appello hanno confermato la valutazione del

Ed infatti «il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione —
che trova la propria ragion d’essere nella necessità di consentire al
giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo senza dover
procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte — vale anche in
relazione ai motivi di appello rispetto ai quali si denuncino errori da parte
del giudice di merito; ne consegue che, ove il ricorrente denunci la

alla mancata declaratoria di nullità dell’atto di appello per genericità dei
motivi, deve riportare nel ricorso, nel loro impianto specifico, i predetti
motivi formulati dalla controparte» (Cass. 10/01/2012, n. 86;
21/05/2004, n. 9734); d’altra parte «l’esercizio del potere di diretto
esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di
legittimità ove sia denunciato un

error in procedendo,

presuppone

comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è
dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità)
il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando
anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato,
e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per
cassazione, per il principio di autosufficienza di esso; pertanto, ove il
ricorrente censuri la statuizione di inammissibilità, per difetto di
specificità, di un motivo di appello, ha l’onere di specificare, nel ricorso,
le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice di appello e
sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto a
quel giudice, e non può limitarsi a rinviare all’atto di appello, ma deve
riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la
pretesa specificità» (Cass. 20/09/2006, n. 20405; 16/10/2007, n.
21621; nel medesimo senso: Cass. 10/11/2011, n. 23420; 17/01/2014,
n. 896).
Nella specie, parte ricorrente si limita a lamentare la mancata
dichiarazione di inammissibilità dell’appello della controparte per il suo
preteso difetto di specificità (eccezione espressamente esaminata e
disattesa dalla Corte di merito), ma non riporta affatto nel ricorso il

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violazione e falsa applicazione dell’art. 342 cod. proc. civ. conseguente

contenuto e i motivi dell’atto che assume aspecifici, nella misura
necessaria ad evidenziarne il preteso difetto di specificità, limitandosi
invece a rinviare genericamente allo stesso atto di appello, e assumendo
semplicemente che esso sarebbe stato confezionato mediante una
operazione di copia-incolla dell’atto introduttivo, senza specifiche
confutazioni dei motivi posti a base della decisione del tribunale.

e delimitare il concreto contenuto della censura onde verificarne la
fondatezza senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di
parte.
2. Con il secondo motivo il ricorrente principale deduce «illegittimità
della sentenza impugnata, ex art. 360 n. 3 c.p.c., per violazione di legge
e, precisamente dell’art. 21 della Costituzione in tema di libertà di
pensiero, sotto ogni sua forma di espressione, ivi compresa la critica e la
satira, nonché per aver considerato offensiva un’unica frase utilizzata dal
signor Cozzaglio senza tenere conto che la frase stessa, nell’evoluzione
del linguaggio comune, ha assunto connotazione non offensiva né di
dileggio e, ancora, per violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c., per omessa o,
comunque, insufficiente motivazione circa il percorso logico seguito per
giungere a tale conclusione».
2.1. Occorre premettere che la sentenza impugnata è stata pubblicata
in data 09/05/2013, e quindi nella specie è applicabile il nuovo testo
dell’art. 360, comma primo, num. 5, cod. proc. civ., come riformulato
dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012 n. 83, convertito in legge 7 agosto

È dunque evidente che questa Corte non è in condizione di individuare

2012 n. 134, secondo cui non sono più deducibili, come in passato,
genericamente vizi di motivazione, ma esclusivamente l’«omesso esame
circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione
tra le parti».
Come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. U
07/04/2014, n. 8053 e n. 8054; conf. Cass. 27/11/2014, n. 25216 e
Cass. 09/07/2015, n. 14324), la riformulazione della disposizione «va
interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle

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C-,

preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla
motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui: a) l’anomalia
motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si
tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene
all’esistenza della motivazione in sé, come risulta dal testo della
sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si

nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”,
nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile fra affermazioni
inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente
incomprensibile”; b) il nuovo testo dell’art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c.,
introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso
esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti
dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito
oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire
che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della
controversia); c) l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per
sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante
in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché
la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie; d) la
parte ricorrente dovrà indicare — nel rigoroso rispetto delle previsioni di
cui all’art. 366, co. 1, n. 6), e all’art. 369, co. 2, n. 4), c.p.c. — il “fatto
storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o
extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il “come” e il “quando” (nel
quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le
parti, e la “decisività” del fatto stesso».
È dunque senz’altro inammissibile la censura di omessa e/o
insufficiente motivazione, in quanto essa richiama un profilo normativo
di vizio denunziabile in sede di legittimità ormai abrogato; e d’altronde
va certamente esclusa una violazione dell’obbligo di motivazione
costituzionalmente rilevante, secondo quanto appena indicato, in quanto
nel provvedimento impugnato è chiaramente ravvisabile la presenza di

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esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza”,

una motivazione in relazione alle ragioni del parziale accoglimento delle
domande avanzate dallo Zanolli (la Corte ha infatti ritenuto scriminata
quasi per intero, in quanto esercizio del diritto di cronaca e di critica, la
condotta del Cozzaglio, ad eccezione di un’unica espressione, ritenuta
offensiva, grossolanamente volgare, non giustificata da alcuna esigenza
di informazione o critica, e quindi manifestazione di gratuito dileggio),

tuttora deducibili sotto il profilo in esame (e cioè la mancanza totale, la
mera apparenza, l’irriducibile contraddittorietà, l’assoluta
incomprensibilità).
Manca poi, del tutto, sotto il profilo del testo vigente dell’art. 360,
comma primo, num. 5, cod. proc. civ., la specifica indicazione del fatto
controverso oggetto di discussione tra le parti, il cui mancato esame
sarebbe decisivo ai fini dell’esito del giudizio.
2.2. Neanche può dirsi cogliere nel segno la censura, nella parte in cui
denunzia il vizio di violazione di legge con riguardo all’art. 21 Cost.: la
sentenza impugnata, sotto l’aspetto in questione, ha, in diritto,
correttamente applicato i principi giuridici che reggono la materia, ma
ha, in fatto, escluso, con motivazione non più sindacabile nella presente
sede di legittimità, che la frase controversa — ritenuta oggettivamente
offensiva — potesse rientrare nell’esimente dell’esercizio del diritto di
cronaca e di critica, in quanto non giustificata da alcuna esigenza di
informazione o critica, e quindi mera espressione di gratuito dileggio.
In realtà, più che denunziare una vera e propria violazione di legge
ovvero l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per l’esito del
giudizio, il ricorrente critica il percorso motivazionale seguito nella
sentenza impugnata e chiede in sostanza una nuova e diversa
valutazione dei fatti di causa.
Ma, come si è anticipato, il riesame delle risultanze istruttorie, così
come la denunzia dei vizi generici di motivazione, non è (più) possibi-le
in sede di legittimità.
2.3. È appena il caso poi di rilevare che nessuna efficacia vincolante

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motivazione che certamente si sottrae alle uniche possibili censure

può spiegare nel presente giudizio il giudicato di assoluzione nelle more
intervenuto nel giudizio penale svoltosi in relazione all’accusa di
diffamazione a mezzo stampa contestata al Cozzagli°, dal momento che
— come è pacifico in atti — il giudizio civile è iniziato prima della
pronuncia della sentenza penale di primo grado e, nello stesso, l’odierno
controricorrente non ha assunto il ruolo di parte civile.

assoluzione — quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o che
l’imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato commesso
nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima —
si estende al giudizio civile o amministrativo per il risarcimento del
danno promosso dal danneggiato dal reato, alla imprescindibile
condizione che questi sia stato posto in grado di costituirsi parte civile e
salvo che egli abbia esercitato l’azione in sede civile a norma dell’art. 75,
comma 2, cod. proc. pen., comma 2: norma che prevede che l’azione
civile prosegue in sede civile se non è trasferita nel processo penale o se
è stata iniziata quando non è più ammessa la costituzione di parte civile
(v. ex aliis Cass. 17/06/2013, n. 15112).
3. Con il terzo motivo del ricorso principale è infine denunziata
«illegittimità della sentenza impugnata in ordine alla quantificazione del
danno, nella misura di C 3.000,00, nonché, conseguentemente, per
l’operata compensazione delle spese di lite, per violazione dell’art. 360,
n. 5 c.p.c., per omessa e, comunque, insufficiente motivazione circa il
criterio adottato per la sua determinazione».
Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.
Richiamato quanto sopra già esposto (in relazione al secondo motivo)
con riguardo all’inammissibilità della denunzia dei vizi motivazionali
generici ai sensi dell’art. 360, comma primo, num. 5, cod. proc. civ., è
sufficiente osservare che la sentenza contiene una sia pur sintetica
motivazione, sia in ordine alla liquidazione del danno, chiaramente
operata in via equitativa, sia in ordine alla decisione di parziale
compensazione delle spese di lite, in considerazione del parziale

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A norma dell’art. 652 cod. proc. pen., infatti, il giudicato penale di

accoglimento delle domande di parte attrice, e che tale motivazione
certamente si sottrae alle uniche possibili censure tuttora deducibili sotto
il profilo in esame (e cioè la mancanza totale, la mera apparenza,
l’irriducibile contraddittorietà, l’assoluta incomprensibilità).
4. Con l’unico motivo del ricorso incidentale il controricorrente Zanolli
deduce «illegittimità della sentenza impugnata ex art. 360 n. 3 c.p.c. per

In disparte il rilievo della inammissibilità del controricorso in
mancanza di prova della sua tempestività (il ricorso risulta consegnato
all’agente postale per la notifica a mezzo posta in data 24/12/2013 e
non consta che il perfezionamento della notifica medesima sia avvenuto
cedi prima del 9 gennaio successivo, quarantesimo giorno anteriore alla
notifica del controricorso perfezionatasi per il notificante il 18/02/2014),
ad analogo esito deve comunque condurre il rilievo della aspecificità
dell’unico motivo che ne è posto a fondamento.
La sentenza impugnata ha in diritto correttamente applicato i principi
giuridici che reggono la materia, ed ha in fatto ritenuto, con motivazione
non più sindacabile nella presente sede di legittimità, che, ad eccezione
di un’unica frase — ritenuta oggettivamente diffamatoria — la condotta
del Cozzaglio fosse legittima in quanto coperta dall’esimente
dell’esercizio del diritto di cronaca e di critica.
In realtà anche il ricorrente incidentale, più che denunziare una vera e
propria violazione di legge, critica il percorso motivazionale seguito nella
sentenza impugnata e chiede in sostanza una nuova e diversa
valutazione dei fatti di causa.
Deve quindi ribadirsi, anche in relazione al ricorso incidentale, che il
riesame delle risultanze istruttorie, così come la denunzia dei vizi
generici di motivazione, non è possibile in sede di legittimità.
5.

Le spese del giudizio di cassazione, in considerazione della

reciproca soccombenza delle parti, in relazione al ricorso principale e a
quello incidentale, possono essere integralmente compensate.
Ricorrono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30

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violazione o errata interpretazione dell’art. 51 codice penale».

maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre
2012, n. 228, per l’applicazione del raddoppio del contributo unificato,
nei confronti di entrambe le parti.
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale; dichiara inammissibile quello incidentale.
Compensa integralmente le spese processuali.

inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente
principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il
ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso il 13/12/2017
Il Presidente
(Sergio Di Amato)

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Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002,

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