Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2378 del 29/01/2019

Cassazione civile sez. VI, 29/01/2019, (ud. 08/11/2018, dep. 29/01/2019), n.2378

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22973/2017 R.G. proposto da:

ULISSE s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

R.E., rappresentata e difesa, per procura speciale in calce

al ricorso, dall’avv. Saverio Rocco CETRARO, presso il cui studio

legale, sito in Diamante, alla contrada Piane S.S. 18, è

elettivamente domiciliata;

– ricorrente –

contro

COMUNE di DIAMANTE, in persona del Sindaco in carica;

– intimato –

avverso la sentenza n. 412/03/2017 della Commissione tributaria

regionale della CALABRIA, depositata il giorno 08/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del giorno 8/11/2018 dal Consigliere LUCIOTTI Lucio.

Fatto

RILEVATO

che:

– la Ulisse s.r.l. ricorre con due motivi nei confronti del Comune di Diamante, che resta intimato, per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata con la quale la CTR, in controversia relativa ad impugnazione di avvisi di accertamento emessi a fini TARSU per gli anni dal 2007 al 2011, accoglieva l’appello dell’ente comunale avverso la sfavorevole sentenza di primo grado ritenendo che fossero soggetto a tale imposta anche gli arenili degli stabilimenti e che l’appellante non aveva provato la mancata produzione di rifiuti delle aree scoperte dello stabilimento balneare dalla medesima gestito;

– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce la “contraddittorietà ed insufficienza della motivazione della sentenza impugnata in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”; sostiene la ricorrente che avevano errato i giudici di appello nel ritenere insussistente nella fattispecie l’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale e che “i provvedimenti mancano di qualsiasi motivazione e qualsiasi intellegibile riferimento agli atti prodromici”;

– con il secondo motivo deduce la “violazione di legge – violazione ed errata e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504”, sostenendo che la CTR aveva erroneamente confermato gli atti impositivi nonostante la mancanza di un’adeguata istruttoria da espletarsi dall’ente comunale e la carenza di motivazione dell’accertamento impugnato, come invece rilevato dai giudici di primo grado;

– i motivi sono entrambi inammissibili sotto diverse convergenti ragioni, primo fra tutti per difetto di specificità dei mezzi con cui è dedotta la violazione di legge, per evidente contrarietà al consolidato principio giurisprudenziale secondo cui “Il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 3, deve essere dedotto, a pena di inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366 c.p.c., n. 4, non solo con la indicazione delle norme assuntivamente violate (nella specie, peraltro, del tutto mancanti), ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla Corte regolatrice di adempiere il suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione. Risulta, quindi, inidoneamente formulata la deduzione di “errori di diritto” individuati per mezzo della sola preliminare indicazione delle singole norme pretesamente violate, ma non dimostrati per mezzo di una critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata mediante specifiche e puntuali contestazioni nell’ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non attraverso la mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata” (Cass. n. 5353 del 2007, n. 24298 del 2016);

– a ciò aggiungasi, con riferimento al primo motivo di ricorso, che oltre al rilievo di inammissibilità dello stesso per commistione delle censure, essendo stati dedotti, cumulativamente ed in maniera inestricabile tra loro, sia una violazione di legge che un vizio motivazionale (cfr. Cass. n. 9793 del 2013; Cass. Sez. U., n. 9100 del 2016 e, in motivazione, Cass. n. 17526 del 2016), quest’ultimo peraltro in difformità dalla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che esclude la rilevanza della contraddittorietà e dell’insufficienza motivazionale della sentenza di merito (Cass., Sez. U., n. 8053 e n. 8054 del 2014; conf. Cass. n. 25216 del 2014, n. 16300 del 2014, n. 12928 del 2014), è comunque inammissibile per difetto di autosufficienza del ricorso, avendo il ricorrente del tutto trascurato di riprodurre il contenuto dell’avviso di accertamento impugnato di cui lamenta la carenza motivazionale;

– ulteriore e decisiva ragione di inammissibilità va, infine, rilevata con riferimento al fatto che nessuna delle censure prospettate colgono la ratio decidendi della statuizione impugnata, fondata, come detto, sulla assoggettabilità alla tassa sui rifiuti anche degli arenili degli stabilimenti e sul fatto che la società contribuente non aveva provato che non produceva rifiuti nelle aree scoperte dello stabilimento balneare dalla medesima gestito;

– che non vi è necessità di provvedere sulle spese, non avendo l’intimata spiegato difese;

PQM

dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 8 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2019

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