Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23778 del 28/10/2020

Cassazione civile sez. II, 28/10/2020, (ud. 23/06/2020, dep. 28/10/2020), n.23778

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21485-2019 proposto da:

E.E., elettivamente domiciliato in TORINO, VIA ALPIGNANO 28,

presso lo studio dell’avvocato LUCA SCHERA, che lo rappresenta e

difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TORINO, depositato il 10/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/06/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto depositato il 10 giugno 2019 il Tribunale di Torino ha respinto la richiesta di riconoscimento della protezione sussidiaria e per motivi umanitari invocata da E.E., cittadina (OMISSIS).

2. Per quanto ancora rileva, il Tribunale ha ritenuto: a) che la narrazione della richiedente non fosse credibile, per alcuni profili di inverosimiglianza; b) che non ricorressero i presupposti della invocata protezione sussidiaria, in assenza di una situazione di violenza indiscriminata derivante da un conflitto armato, nella zona di origine; c) che, quanto alla protezione per motivi umanitari, non era emersa una stabile integrazione della donna in Italia.

3. Avverso tale decreto, nell’interesse della soccombente, è stato proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo si lamenta manifesta illogicità e carenza della motivazione del decreto impugnato che non avrebbe adeguatamente approfondito la vicenda sul piano istruttorio, con riguardo alle peculiarità del caso di specie.

Il ricorso è inammissibile per l’assoluta genericità di formulazione che non si confronta in alcun modo con l’apparato motivazionale del provvedimento impugnato, giungendo a dedurre il rischio al quale “il” ricorrente sarebbe esposto in ragione delle discriminazioni indirizzate verso gli omosessuali: tema, tuttavia, che la ricorrente non ha mai indicato nelle sue richieste.

2. In conseguenza, il ricorso va dichiarato inammissibile e la ricorrente condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, alla luce del valore e della natura della causa nonchè delle questioni trattate.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese di controparte, che liquida in Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 23 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2020

 

 

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