Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23778 del 01/10/2018

Cassazione civile sez. lav., 01/10/2018, (ud. 23/05/2018, dep. 01/10/2018), n.23778

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13687/2015 proposto da:

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A., in persona di L.A.,

non in proprio ma nella sua qualità di Responsabile del Settore

Contrattuale Italia ed Estero del Servizio Rapporti di Lavoro della

Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. e come tale Responsabile

della struttura di Quarto Livello Centrale, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA AVENTINA 3/A, presso lo studio

dell’avvocato SAVERIO CASULLI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ALBERTO NICCOLAI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

B.V.;

– intimato –

nonchè da:

B.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 109,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE FONTANA, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato FABIO RUSCONI, giusta delega in

atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A., in persona di L.A.,

non in proprio ma nella sua qualità di Responsabile del Settore

Contrattuale Italia ed Estero del Servizio Rapporti di Lavoro della

Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. e come tale Responsabile

della struttura di Quarto Livello Centrale, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA AVENTINA 3/A, presso lo studio

dell’avvocato SAVERIO CASULLI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ALBERTO NICCOLAI, giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 43/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 22/01/2015 r.g.n. 36/2014;

Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Siena aveva condannato la s.p.a. Monte dei Paschi di Siena al pagamento, in favore di B.V., di Euro 40.975,39 ed accessori per differenze dovute sul t.f.r., in conseguenza dell’inserimento nella relativa base di calcolo della indennità estero percepita durante il periodo lavorativo in (OMISSIS) (aprile 1993 novembre 2000), oltre ad Euro 2.906,32 per dotazione del fondo pensionistico complementare ed Euro 126.928 per danno pensionistico ex art. 2126 c.c.;

2. la Corte di appello di Firenze, con sentenza del 22.1.2015, rigettava l’appello principale della Banca osservando, quanto alle eccezioni di decadenza già disattese dal primo giudice, che la scrittura del 28.6.1993 firmata dal B. non conteneva alcuna esplicita rinuncia a diritti economici e si limitava a richiamare la disciplina dell’art. 69 c.c.n.l. 22.1.1990 e che, inoltre, la rinuncia era relativa a diritti non ancora maturati e per tale aspetto andava considerata affetta da nullità;

3. osservava il giudice del gravame che la fonte invocata escludeva espressamente dal calcolo del t.f.r. i rimborsi delle spese effettivamente sostenute e quanto corrisposto in occasione del trasferimento e che le uniche voci stipendiali che avevano intrinseca funzione retributiva erano quelle denominate “rimborso forfettario per lo svolgimento all’estero della funzione, maggiori spese familiari trasferiti e differenziale costo della vita estero”, rientranti nella nozione di retribuzione, eccedendo le stesse dalla previsione dell’art. 69 c.c.n.I.; che le altre voci (una tantum trasferimento, diaria per trasferimento, viaggi per ferie in Italia con rimessa giustificativi, spese scolastiche, etc.) avevano effettiva ed integrale natura di rimborso spese e non andavano comprese nei trattamenti di fine rapporto, sicchè l’appello incidentale del lavoratore era anch’esso da respingere; che la fornitura dell’alloggio era strettamente connessa al trasferimento all’estero, per sopperire agli esborsi che il lavoratore, quadro direttivo, non avrebbe dovuto affrontare se fosse rimasto in Italia;

4. la Corte osservava come, nella lettera firmata all’atto del trasferimento, si faceva esplicito riferimento al rimborso di spese per viaggi in Italia del dipendente e dei familiari e che anche le spese scolastiche erano contemplate in relazione a specifiche e documentate esigenze di inserimento dei figli, in quanto tali escluse dalla disposizione collettiva dalla base di calcolo del t.f.r.; che la fornitura dell’alloggio e gli esborsi per viaggi in Italia, per la loro natura di rimborso spese, non rientravano neppure nella nozione di retribuzione pensionabile L. n. 153 del 1969, ex art. 12 e segg. modificazioni;

5. aggiungeva che la espletata c.t.u. si era attenuta ai dati contabili risultanti dai documenti depositati dalle parti, non considerando variazioni degli stessi non concordate ex art. 198 c.p.c. e che la lordizzazione degli importi erogati all’estero era stata operata dal C.t.u. in base ai documenti disponibili in atti e secondo criterio di calcolo condiviso dalle parti, essendo, poi, gli ulteriori documenti prodotti dall’appellante tardivi e del tutto parziali;

6. di tale decisione domanda la cassazione la S.p.a. Monte dei Paschi, affidando l’impugnazione a cinque motivi, cui resiste, con controricorso, il B., che propone ricorso incidentale affidato a due motivi, cui oppone difese, con proprio controricorso, la banca.

Diritto

CONSIFERATO

che:

1. con il primo motivo del ricorso principale, viene denunziata violazione o falsa applicazione dell’art. 2113 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, osservandosi che nella lettera sottoscritta dal B. vi era accettazione del “trattamento economico”, specificandosi la non computabilità del trattamento estero nel t.f.r., che non si trattava di generica quietanza, ma di consapevole espressione di volontà abdicativa laddove si era concordato con la Banca di non dovere pretendere null’altro a titolo di trattamento estero, oltre ai rimborsi assegnati e ben determinati nel loro ammontare e che, quindi, la configurazione dei trattamenti economici pattuiti come rimborsi spese non ha fatto sorgere alcun diritto ulteriore e futuro;

2. con il secondo motivo, è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 2948 c.c., n. 5, sul rilievo che le somme in contestazione erano tutte ampiamente prescritte, avendo il dipendente accettato tempo per tempo le relative attribuzioni anche secondo quanto indicato nei prospetti paga e nei riepiloghi previdenziali, mai contestati o impugnati;

3. con il terzo motivo, si ascrive alla impugnata decisione violazione dell’art. 2120 c.c. e dell’art. 69 c.c.n.l. 22 novembre 1990, in relazione al cd. “trattamento estero” (rimborso forfetario per lo svolgimento all’estero della funzione, rimborso per maggiori spese familiari, differenziale per il costo della vita all’estero);

4. omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti è prospettato nel quarto motivo, con riferimento ad asseriti errori contabili della c.t.u. e si deduce ulteriormente violazione di legge in relazione agli artt. 198 c.p.c. e art. 416 c.p.c., assumendosi che, ai sensi della prima di tali norme, il C.t.u. poteva avere riguardo anche a produzioni documentali ulteriori e che il coefficiente di lordizzazione degli importi risultante dall’operazione contabile non era corrispondente a quello concordato fra i consulenti di parte, nè corrispondente al quesito formulato dal giudice;

5. infine, con il quinto, è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in punto di liquidazione delle spese processuali, contestandosi che della metà delle spese processuali fosse stato fatto carico alla Banca, dovendo aversi riguardo, invece, alla soccombenza reciproca che ne avrebbe giustificato l’integrale compensazione;

6. con riguardo all’interpretazione dell’atto di transazione, asseritamente contenuta nella lettera sottoscritta dal B., deve rilevarsi, preliminarmente, che la doglianza è formulata in dispregio del principio di specificità imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4 e che, in ogni caso, non vengono richiamati i criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., ritenuti in ipotesi violati; inoltre, gli estremi di un negozio di rinunzia o transazione in senso stretto possono essere ravvisabili solo ove, per il concorso di particolari elementi di interpretazione contenuti nella stessa dichiarazione, o desumibili “aliunde”, risulti che la parte l’abbia resa con la chiara e piena consapevolezza di abdicare o transigere su propri diritti, nella specie, peraltro, non ancora maturati (cfr., con riferimento a quietanza a saldo, Cass. 15.9.2015 n. 18094, che ha escluso che sia stato oggetto di consapevole rinuncia il computo ai fini del TFR dell’assegno percepito durante il distacco all’estero);

7. in relazione alla dedotta violazione dell’art. 2948 c.c., n. 5, censura articolata nel secondo motivo del ricorso principale, è sufficiente porre richiamo ai principi reiteratamente espressi da questi Corte, secondo cui il diritto al trattamento di fine rapporto sorge alla cessazione del rapporto di lavoro e solo da questa data decorre il termine di prescrizione, mentre concorrono a determinarne l’ammontare anche gli accantonamenti relativi a retribuzioni per le quali il diritto sia ormai prescritto, poichè quelle retribuzioni rilevano solo come base di computo del t.f.r. e non come componenti del relativo diritto (v. Cass. 4340/2018, con richiamo a Cass. n. 21239 del 2007, n. 9695 del 2009, n. 3894 del 2010 ed, altresì, Cass. n. 11579 del 23/05/2014);

8. con riguardo al terzo motivo, nei casi in cui non vi sia riferimento a precise ed univoche clausole contrattuali pattuite in vista del trasferimento e, comunque, a prescindere dall’assetto riconducibile alla qualificazione delle parti in ipotesi di disciplina legale che sia da ritenere prevalente sulla concreta previsione delle parti quanto alla inclusione nel trattamento di fine rapporto, in mancanza di deroga espressa da parte della contrattazione collettiva ai sensi dell’art. 2120 c.c., comma 2, ai fini della individuazione della natura di retribuzione ovvero di rimborso spese di una voce del trattamento corrisposto per lo svolgimento di lavoro all’estero, deve aversi riguardo ad indici sintomatici, che consentano una valutazione della suddetta natura in via induttiva, senza trascurare, in tale indagine, anche elementi che emergano in sede di stipulazione del contratto individuale, che assumono, per quanto detto, valore orientativo ai fini considerati;

9. così, ai fini della identificazione dei caratteri propri della retribuzione rilevano sicuramente: a) la continuità, periodicità ed obbligatorietà della somma corrisposta o del beneficio riconosciuto, b) l’assenza di giustificativi di spesa, c) la natura compensativa del disagio o della penosità della prestazione resa, d) il rapporto di necessaria funzionalità con la prestazione lavorativa, e) la funzione di salvaguardia del livello retributivo e di adeguamento ai maggiori oneri derivanti dal nuovo ambiente di lavoro, assumendo significato, quale ulteriore indice sintomatico della natura retributiva, il prelievo contributivo effettuato, la cui mancanza non può, tuttavia, deporre nel senso della connotazione quale esborso della indennità riconosciuta e della esclusione della natura retributiva;

10. diversamente, la finalità di tenere indenne il lavoratore da spese che quest’ultimo non avrebbe incontrato se non fosse stato trasferito e che ha sostenuto nell’interesse dell’imprenditore (non attinenti, perciò, all’adempimento degli obblighi impliciti nella prestazione lavorativa, cui egli è contrattualmente tenuto) è indice della natura non retributiva dell’emolumento, normalmente collegato ad una modalità della prestazione lavorativa richiesta per esigenze straordinarie, priva dei caratteri della continuità e determinatezza (o determinabilità) e fondata su una causa autonoma rispetto a quella retributiva, con tendenziale esclusione, per volontà collettiva, dalla base di computo del t.f.r., che, tuttavia, non può estendersi al di là della espressa previsione derogatoria rispetto alla generale previsione codicistica;

11. alla stregua dei criteri identificativi utili per la descritta valutazione di tipo induttivo, deve ritenersi che l’esame compiuto dalla Corte del merito sia pervenuto a corretta identificazione delle indicate voci del trattamento economico corrisposto al B. (cfr., per gli emolumenti connessi al trattamento estero, Cass. 22.7.2016 n. 15217, Cass. 21.4.2016 n. 8086), anche ai fini dell’inclusione delle stesse nella base di calcolo del TFR;

12. il quarto motivo sconta una mancanza di specificità, riconducibile alla circostanza che non si forniscono idonei elementi a supporto della doglianza in correlazione con le argomentazioni della sentenza impugnata e, comunque, per tenere conto di produzioni documentali diverse da quelle tempestivamente e ritualmente acquisite – con inserimento anche nella relazione dei relativi dati -, occorreva il consenso delle parti (cfr. Cass. 19.8.2002 n. 12231); ci si limita, invece, ad asserire che la documentazione posta a fondamento di un diverso calcolo della lordizzazione degli importi non fosse tardiva, diversamente da quanto affermato dalla Corte, e che la stessa, acquisita al fascicolo, non era stata mai contestata da controparte nè stralciata dallo stesso, senza considerare che il richiamo alla mancanza di contestazione non ha ragione d’essere, posto che l’altra parte avrebbe potuto e dovuto contestare (cfr. Cass. 3.1.2013 n. 2251, Cass. 15.4.2002 n. 5422, Cass. 14.8.199 n. 8659) l’eventuale allargamento dell’indagine tecnica oltre i limiti delineati dal giudice o consentiti dai poteri che la legge conferisce al consulente nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione che avesse acquisito tale documentazione, restando altrimenti sanato il vizio, nella specie, invece, non sussistente per le ragioni anzidette;

13. il quinto motivo va disatteso perchè la sentenza non contravviene ai principi in tema di regolamento delle spese processuali, in quanto il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, nell’ipotesi di soccombenza reciproca (cfr. Cass. 11.1.2008 n. 406, Cass. 1.12.2009 n. 25270, Cass. 4.8.2017 n. 19613);

14. quanto al ricorso incidentale, il primo dei motivi denunzia violazione o falsa applicazione dell’art. 2120 c.c., L. n. 153 del 1969, art. 12 e D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 6, artt. 51 e 69 c.c.n.l. Dirigenti Credito 22.11.1990 e artt. 1362, 1363, 1369, 1371 c.c., in relazione al capo della sentenza che esclude la natura retributiva e quindi imponibile ai fini del calcolo del t.f.r. e dei contributi previdenziali di base delle voci del “trattamento estero” corrisposto al B., denominate “rimborso spese di locazione” “rimborso spese scolastiche per i figli” e “rimborso spese di viaggi per ferie”, sulla base di corretta lettura degli artt. 69 e successivamente degli artt. 73 c.c.n.l. Dirigenti Credito 1995 e 65 c.c.n.l. Credito 1999, sostenendosi la rilevanza del rinvio da parte della clausola contrattuale alle norme di legge che regolano la materia e che non sia decisivo ai fini considerati verificare se gli emolumenti in questione fossero destinati a compensare il B. del carico delle spese effettivamente sostenute, ma se tali spese fossero da considerarsi dallo stesso sostenute in vece e per conto del datore, potendosi solo in tale caso ritenere rimborsi ai sensi e per gli effetti dell’art. 2120 c.c. e della clausola collettiva che a tale norma rinvia; quanto al contributo alloggio si rileva che non sia necessario, al fine di escluderne la inclusione nella base di calcolo del t.f.r., che l’esborso non fosse sostenuto quando il B. era in Italia, quanto la finalità di salvaguardare la retribuzione del dirigente adeguandola alle maggiori spese di vita incontrate nel rendere la propria prestazione in particolari condizioni; si assume che analoghe considerazioni vadano fatte per le spese di viaggi in Italia del dipendente e dei familiari e per le spese scolastiche ed anche a fini dell’inclusione nel montante contributivo;

15. nullità della sentenza, error in procedendo per violazione dell’art. 112 c.p.c., si invocano nel secondo motivo del ricorso incidentale in relazione all’omessa pronuncia sulla domanda del B., formulata in sede di gravame incidentale, intesa ad ottenere la condanna della banca al pagamento delle differenze sul trattamento di previdenza complementare o il risarcimento del relativo danno dovuti alla natura imponibile delle stesse voci;

16. quanto al primo motivo, si osserva che con esso si adduce la violazione sia dei canoni ermeneutici validi in tema di interpretazione dei contratti, sia delle norme dei contratti collettivi contenenti la disciplina degli istituti per cui è domanda, oltre che delle norme di legge in tema di definizione della base di computo del t.f.r. e della base imponibile ai fini della contribuzione previdenziale, sul rilievo che non era stato indagato se le spese fossero state o meno sostenute in vece e nell’interesse del datore (natura risarcitoria) o costituissero spese incontrate dal lavoratore nello svolgimento dell’attività lavorativa all’estero, di natura retributiva, laddove, in realtà la motivazione della Corte di appello si è fondata sul fatto che sia per l’una tantum trasferimento, che per la diaria trasferimento viaggio per ferie in Italia, vi era espressa previsione di rimessa di giustificativi di spesa e che anche per le spese scolastiche dovesse procedersi allo stesso ordine di valutazioni;

17. vanno, poi richiamate le considerazioni espresse in relazione all’individuazione della natura delle voci del trattamento estero ai punti 8, 9 e 10 della presente ordinanza, osservandosi che su analogo ricorso incidentale del lavoratore, questa Corte, nel disattendere la doglianza proposta in relazione all’accertamento compiuto in punto di fatto dal giudice del gravame, pervenuta all’esclusione della natura retributiva rilevante ex art. 2120 c.c., con riguardo ad emolumenti, per i quali, invece, parte attrice aveva reiteratamente preteso la loro computabilità ai fini del t.f.r., ha a sua volta richiamato giurisprudenza di questa Corte – Cass. lav. n. 23622/2010 nonchè n. 10986 del 2008 – secondo cui l’accertamento della natura retributiva o risarcitoria del trattamento economico aggiuntivo riconosciuto al lavoratore che presti la propria opera all’estero è riservato al giudice di merito (cfr., in tali termini, Cass. 22.2.2018 n. 4340);

18. analogamente, secondo Cass. n. 18479 del 01/09/2014, la qualificazione dell’assegnazione di un lavoratore ad una sede estera in termini di trasferta o trasferimento, al pari di quella relativa alla natura retributiva, risarcitoria o mista dei trattamenti economici aggiuntivi attribuiti, è riservata al giudice di merito, la cui valutazione costituisce giudizio di fatto che, se congruamente motivato, non è censurabile dal giudice di legittimità (in senso conforme v. Cass. n. 3278 del 2004e n. 6240 del 2006);

19. il secondo motivo è assorbito dal rigetto del primo e presenta prima ancora profili di inammissibilità, in relazione al richiamo, nel corpo dello stesso ed a sostegno della doglianza, dell’art. 25 dello Statuto, del quale non si indica, tuttavia, la sede di relativo deposito nelle produzioni di parte dei gradi di merito, al fine di consentirne il reperimento, in tal modo contravvenendosi ai principi di specificità e autosufficienza, che impongono di indicare nel ricorso il contenuto rilevante del documento stesso, fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione ed il reperimento negli atti processuali e assolvendo, così, l’onere previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 (cfr. Cass. 3.11.2011 n. 22726, tra le succ. conformi, Cass. 11.1.2016 n. 195, Cass. 18.9.2017 n. 21554);

20. per tutte le considerazioni svolte, deve pervenirsi al rigetto del ricorso principale e di quello incidentale;

21. la reciproca soccombenza giustifica la integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio di legittimità;

22. sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per entrambe le parti.

PQM

la Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale e dichiara compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto sia per il ricorso principale che per quello incidentale a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R..

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2018

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