Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23776 del 28/10/2020

Cassazione civile sez. II, 28/10/2020, (ud. 23/06/2020, dep. 28/10/2020), n.23776

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21559-2019 proposto da:

A.M., elettivamente domiciliato in TORINO, VIA GROSCAVALLO 3,

presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO PRATICO’, che lo

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 623/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 09/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/06/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Per quanto ancora rileva, con sentenza depositata il 9 aprile 2019 la Corte d’appello di Torino ha rigettato l’impugnazione proposta, nell’interesse di A.M., cittadino di (OMISSIS) – (OMISSIS), avverso la decisione di primo grado, che aveva escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e, in subordine, della protezione sussidiaria e di quella cd. umanitaria.

2. La Corte territoriale ha osservato: a) che la narrazione del richiedente presentava profili di inverosimiglianza e comunque rappresentava un mero contrasto privato; b) che l’attuale condizione del Paese di provenienza non si caratterizza per una situazione di violenza generalizzata ed indiscriminata; c) che il richiedente neppure aveva prospettato seri motivi idonei a sorreggere la richiesta del permesso per motivi umanitaria; d) che, rispetto al primo grado di giudizio, non erano emersi seri elementi di novità nè era stata prodotta documentazione in ordine al percorso di integrazione asseritamente svolto dal richiedente in Italia.

3. Avverso tale sentenza nell’interesse del soccombente è stato proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si lamenta violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6 e 14, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 dell’art. 2 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonchè omessa motivazione e, ancora, omesso esame di fatti decisivi per il giudizio con riguardo alla domanda di protezione sussidiaria, per essere la Corte territoriale venuta meno al dovere di cooperazione ufficiosa nell’accertamento dei fatti, avendo escluso la sussistenza di una situazione di violenza diffusa ed indiscriminata attraverso il richiamo a fonti prive di riferimenti temporali e senza esaminare la situazione specifica della regione di provenienza.

La doglianza è inammissibile per l’assoluta genericità di formulazione e perchè aspira ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie, inammissibile in questa sede.

Questa Corte ha chiarito, in linea generale, che è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34476).

Nel caso di specie, si osserva che il ricorrente: a) lamenta una violazione del dovere di cooperazione istruttoria, senza neppure indicare quali possibili indagini avrebbero potuto condurre a diversi risultati e quali lacune sarebbero ravvisabili nel colloquio effettuato presso la commissione territoriale; b) introduce il tema della rilevanza dei cult in (OMISSIS), senza spiegare, rispetto alla vicenda di privato litigio descritta nella sentenza impugnata, che significato tali sodalizi abbiano assunto; c) individua, in modo generalizzato, una serie di criticità che interessano in vario modo distinte zone dello stato federale della (OMISSIS), senza indicare in termini puntuali da quali fonti, erroneamente trascurate dal giudice di merito, emergerebbe una situazione di violenza indiscriminata nell'(OMISSIS).

A tal riguardo, questa Corte ha avuto modo di chiarire che, nell’ordinamento italiano la valutazione della “settorialità” della situazione di rischio di danno grave deve essere intesa, alla stregua della disciplina di cui al D.Lgs. n. 25 del 2007, nel senso che il riconoscimento del diritto ad ottenere lo status di rifugiato politico, o la misura più gradata della protezione sussidiaria, non può essere escluso in virtù della ragionevole possibilità del richiedente di trasferirsi in altra zona del territorio del Paese d’origine, ove egli non abbia fondati motivi di temere di essere perseguitato o non corra rischi effettivi di subire danni gravi, mentre non vale il contrario, sicchè il richiedente non può accedere alla protezione se proveniente da una regione o area interna del Paese d’origine sicura, per il solo fatto che vi siano nello stesso Paese anche altre regioni o aree invece insicure (Cass. 15 maggio 2019, n. 13088).

2. Con il secondo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 32, comma 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, degli artt. 2 e 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, difetto di motivazione e omesso esame di fatti decisivi, in relazione al diniego della cd. protezione umanitaria.

Si rileva che la Corte territoriale avrebbe omesso una personalizzata indagine sulla vicenda, sulle condizioni del Paese di provenienza e sull’attuale contesto di vita, alla luce delle circostanze di fatto dedotte. La censura è inammissibile.

Diversamente da quanto ritenuto dal ricorrente, le domande di protezione internazionale, di protezione sussidiaria e di protezione umanitaria si fondano su differenti causae petendi, così che è onere del richiedente allegare fatti specifici e diversi a seconda della forma di protezione invocata (Cass. 31 marzo 2020, n. 7622).

Muovendo da questa esatta premessa, la Corte territoriale ha rilevato la mancata deduzione di alcuni dei profili fattuali che entrano in gioco nella valutazione comparativa imposta dalla protezione della quale si discute.

Questa Corte ha ribadito che, in tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto in Italia, isolatamente ed astrattamente considerato (Cass., Sez. Un., 13 novembre 2019, n. 29459).

Rispetto a tale cornice di riferimento, le considerazioni del ricorrente rimangono su un piano di assoluta genericità deduttiva, prima ancora che dimostrativa.

3. In conseguenza, il ricorso va dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, alla luce del valore e della natura della causa nonchè delle questioni trattate.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese di controparte, che liquida in Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 23 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2020

 

 

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