Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23774 del 11/10/2017
Cassazione civile, sez. VI, 11/10/2017, (ud. 19/07/2017, dep.11/10/2017), n. 23774
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12662-2016 proposto da:
C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA
GIULIANA n.32, presso lo studio legale CASAGRANDE – PERROTTA,
rappresentato e difeso dagli avvocati LUCIANO BOCCARUSSO e MARIO
ANZISI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA – DIPARTIMENTO DELL’AMMINISTRAZIONE
PENITENZIARIA, – C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro in carica
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI n. cronol. 742/2016 del
24/02/2016, emesso sul procedimento iscritto al n 8412/2014 R.G.;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 19/07/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Rilevato che:
C.G., detenuto nella casa circondariale di Secondigliano dal 16-2-2012 al 4-9-2013, ricorre per cassazione, sulla base di un motivo, avverso il decreto col quale il tribunale di Napoli, in data 24-2-2016, ha rigettato il suo ricorso teso a ottenere il risarcimento del danno da “inumana detenzione”;
deducendo la violazione della L. n. 354 del 1975, art. 69, comma 6, lett. b), e 6, nonchè la violazione del D.P.R. n. 230 del 2000, artt. 7 e 8, censura la decisione per non aver valutato correttamente le relazioni dell’amministrazione penitenziaria relative al periodo di detenzione, relazioni a suo dire connotate da genericità e in ogni caso riferenti di ambienti detentivi non consoni siccome caratterizzati da problematiche di infiltrazioni d’acqua, da inadeguato riscaldamento dei locali, da scarsa traspirazione dei servizi igienici, da muffe e, in ultima analisi, da spazi vitali sovraffollati e al di sotto degli standard minimi di vivibilità;
il ministero della Giustizia non ha svolto difese.
Considerato che:
l’art. 35-ter ord. pen., introdotto dal D.L. 26 giugno 2014, n. 92, convertito, con modificazioni, in L. 11 agosto 2014, n. 117, sotto la rubrica “Rimedi risarcitori conseguenti alla violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali nei confronti di soggetti detenuti o internati”, dispone testualmente:
“1. Quando il pregiudizio di cui all’art. 69, comma 6, lett. b), consiste, per un periodo di tempo non inferiore ai quindici giorni, in condizioni di detenzione tali da violare l’art. 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della L. 4 agosto 1955, n. 848, come interpretato dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, su istanza presentata dal detenuto, personalmente ovvero tramite difensore munito di procura speciale, il magistrato di sorveglianza dispone, a titolo di risarcimento del danno, una riduzione della pena detentiva ancora da espiare pari, nella durata, a un giorno per ogni dieci durante il quale il richiedente ha subito il pregiudizio.
2. Quando il periodo di pena ancora da espiare è tale da non consentire la detrazione dell’intera misura percentuale di cui al comma 1, il magistrato di sorveglianza liquida altresì al richiedente, in relazione al residuo periodo e a titolo di risarcimento del danno, una somma di denaro pari a Euro 8,00 per ciascuna giornata nella quale questi ha subito il pregiudizio. Il magistrato di sorveglianza provvede allo stesso modo nel caso in cui il periodo di detenzione espiato in condizioni non conformi ai criteri di cui all’art. 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali sia stato inferiore ai quindici giorni.
3. Coloro che hanno subito il pregiudizio di cui al comma 1, in stato di custodia cautelare in carcere non computabile nella determinazione della pena da espiare ovvero coloro che hanno terminato di espiare la pena detentiva in carcere possono proporre azione, personalmente ovvero tramite difensore munito di procura speciale, di fronte al tribunale del capoluogo del distretto nel cui territorio hanno la residenza. L’azione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla cessazione dello stato di detenzione o della custodia cautelare in carcere. Il tribunale decide in composizione monocratica nelle forme di cui agli artt. 737 c.p.c. e segg.. Il decreto che definisce il procedimento non è soggetto a reclamo. Il risarcimento del danno è liquidato nella misura prevista dal comma 2.”;
nel caso specifico il tribunale ha motivatamente escluso che le condizioni detentive del ricorrente siano state, nei periodi indicati, in contrasto con le previsioni della norma, essendo emerso che il predetto era stato allocato in una cella condivisa con altro detenuto di spazio pari a mq 9,25 (e a mq 6,29 al netto del mobilio), con ampia finestra, luce artificiale, riscaldamento e servizio igienico ubicato in zona separata chiusa con porta e munita di sufficiente areazione;
il ricorso è chiaramente inteso a ottenere una revisione del dianzi riportato giudizio di fatto;
il processo è esente da contributo unificato.
PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 luglio 2017.
Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2017