Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23774 del 02/09/2021

Cassazione civile sez. I, 02/09/2021, (ud. 01/06/2021, dep. 02/09/2021), n.23774

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22134/2020 proposto da:

A.L., rappresentato e difeso dall’Avv. Enrica Gianola

Bazzini, del Foro di Parma;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, (OMISSIS), rappresentato e difeso ex lege

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia

in Roma, via dei Portoghesi 12;

– resistente –

avverso la sentenza n. 333/2020 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 23/01/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

01/06/2021 dal Cons. Dott. Luigi CAVALLARO.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 23.1.2020, la Corte d’appello di Bologna ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la domanda di A.L. volta al riconoscimento dello status di rifugiato e comunque dei presupposti per la concessione della protezione sussidiaria o, in via gradata, del permesso di soggiorno per motivi umanitari;

che avverso tale pronuncia A.L. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura;

che il Ministero dell’Interno ha depositato atto di costituzione in giudizio ai soli fini della partecipazione all’eventuale udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo di censura, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5 e art. 14, lett. b) e c), e D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, per avere la Corte di merito “omesso qualsivoglia considerazione relativamente alla (sua) credibilità, nonostante ciò fosse stato oggetto di discussione e motivo di appello del provvedimento di primo grado”, non assolvendo nemmeno all'”obbligo di cooperazione istruttoria” (così il ricorso per cassazione, pag. 21);

che, con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 7 e 14, e D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32, per non avere la Corte territoriale verificato d’ufficio le condizioni relative al suo Paese d’origine ((OMISSIS), (OMISSIS)) e avere ritenuto che la situazione ivi esistente, essendo riconducibile a fenomeni di criminalità diffusa, non potesse rientrare nel novero delle previsioni di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c);

che, con il terzo motivo, il ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 33 della Convenzione di Ginevra del 1951 e D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e art. 19, per avere la Corte di merito escluso, ai fini della concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, la rilevanza del periodo trascorso in Libia e non aver tenuto conto né dell’assenza nel suo Paese d’origine di validi riferimenti familiari e lavorativi né del livello d’integrazione raggiunto in Italia;

che il primo motivo è inammissibile per manifesta estraneità al decisum, dal momento che – come pure riconosce parte ricorrente i giudici territoriali, ai fini del rigetto dell’appello, hanno attribuito valenza decisiva all’assenza delle condizioni oggettive per il riconoscimento delle forme di protezione oggetto della domanda giudiziale, senza rassegnare alcuna considerazione in ordine alla credibilità soggettiva del racconto del ricorrente;

che del pari inammissibile è il secondo motivo, atteso che la Corte territoriale ha condotto uno specifico accertamento di fatto sulla situazione del Paese d’origine del ricorrente, avvalendosi correttamente di fonti EASO (cfr. pagg. 5-6 della sentenza impugnata), e parte ricorrente, lungi dal censurarlo evidenziando un qualche fatto decisivo di cui sia stato omesso l’esame, come prescritto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, pretenderebbe piuttosto di chiamare questa Corte ad un complessivo riesame delle risultanze istruttorie acquisite al processo, dimenticando che, non essendo il giudizio di legittimità finalizzato a far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte, non è consentita alcuna censura che sia volta a prospettare un preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati istruttori acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento;

che parimenti inammissibile è il terzo motivo, atteso che la Corte territoriale ha rigettato la domanda di protezione umanitaria in considerazione dell’assenza di condizioni di particolare vulnerabilità “in quanto lo stato di salute descritto dall’appellante non evidenzia alcun elemento che possa giustificare la concessione di quanto richiesto poiché non risultano esposte patologie gravi e comunque considerabili di difficile cura nel paese di origine” (così la sentenza impugnata, pag. 5), e parte ricorrente, lungi dal confrontarsi criticamente con tale ratio decidendi, svolge nel ricorso considerazioni concernenti l’assenza di validi riferimenti economici e lavorativi nel suo Paese d’origine, le vessazioni e i maltrattamenti cui sarebbe stato esposto durante il transito in Libia e il suo attuale vissuto lavorativo e sociale in Italia (cfr. pagg. 34, 38 e 40 del ricorso per cassazione), le quali, oltre ad essere assolutamente generiche, difettano radicalmente dell’indicazione del luogo e del modo in cui sarebbero state introdotte nel processo;

che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, nulla statuendosi sulle spese di lite per non avere il Ministero svolto apprezzabile attività difensiva al di là del deposito dell’atto di costituzione redatto al fine della partecipazione all’eventuale udienza di discussione;

che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 1 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2021

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