Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23773 del 28/10/2020

Cassazione civile sez. II, 28/10/2020, (ud. 23/06/2020, dep. 28/10/2020), n.23773

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23431-2019 proposto da:

D.S., elettivamente domiciliato in TORINO, VIA GUICCIARDINI

3, presso lo studio dell’avvocato LORENZO TRUCCO, che lo rappresenta

e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

PROCURA GENERALE PRESSO CORTE CASSAZIONE;

– intimata –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TORINO, depositata il 13/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/06/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto depositato il 13 giugno 2019 il Tribunale di Torino ha respinto la richiesta di protezione sussidiaria e per motivi umanitari invocata da D.S., cittadino del (OMISSIS).

2. Per quanto ancora rileva, il Tribunale ha ritenuto che non sussistessero i presupposti della protezione sussidiaria, in ragione dell’evoluzione del Paese di origine, e che, quanto alla cd. protezione umanitaria, oltre a non essere stata neppure documentata una integrazione sociale dei ricorrente, neppure erano state allegate situazioni afferenti beni primari della persona e destinate ad essere pregiudicate in caso di rientro, anche alla luce del fatto che il richiedente aveva riferito di lavorare come muratore prima della partenza.

3. Avverso tale decreto, nell’interesse del soccombente, è stato proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Il Ministero intimato ha depositato mero atto di costituzione in vista della partecipazione ad un’eventuale udienza di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si solleva questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., commi 1, 2 e comma 5, art. 117 Cost., comma 1, in relazione all’art. 46, par. 9, della Direttiva n. 32 del 2013 e degli artt. 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, con riguardo alla previsione del rito camerale per la definizione delle controversie in materia di protezione internazionale.

La questione prospettata è manifestamente infondata poichè il rito camerale ex art. 737 c.p.c., che è previsto anche per la trattazione di controversie in materia di diritti e di “status”, è idoneo a garantire il contraddittorio anche nel caso in cui non sia disposta l’udienza (e, peraltro, nel caso di specie, il richiedente è comparso e ha reso dichiarazioni spontanee), sia perchè tale eventualità è limitata solo alle ipotesi in cui, in ragione dell’attività istruttoria precedentemente svolta, essa appaia superflua, sia perchè in tale caso le parti sono comunque garantite dal diritto di depositare difese scritte (Cass. 5 luglio 2018, n. 17717).

Questa Corte ha, peraltro, ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 35 bis cit., per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, artt. 24 e 111 Cost., anche nella parte in cui stabilisce che il procedimento per l’ottenimento della protezione internazionale è definito con decreto non reclamabile, in quanto tale previsione è necessaria per soddisfare esigenze di celerità, non esiste copertura costituzionale del principio del doppio grado e il procedimento giurisdizionale è preceduto da una fase amministrativa che si svolge davanti alle commissioni territoriali deputate ad acquisire, attraverso il colloquio con l’istante, l’elemento istruttorio centrale ai fini della valutazione della domanda di protezione (Cass. 30 ottobre 2018, n. 27700).

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta violazione o erronea applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19 in relazione all’art. 10 Cost., comma 3, per avere il Tribunale confinato l’operatività della protezione cd. umanitaria a casi “sostanzialmente eccezionali”, trascurando di considerare che il richiedente, dopo avere abbandonato un contesto socio – economico di estrema povertà, era giunto in Italia ancora minorenne, aveva patito esperienze terribili in Libia e presentava elementi di integrazione nel territorio nazionale.

La doglianza è inammissibile, in quanto il Tribunale ha operato la valutazione comparativa richiesta (Cass., Sez. Un., 13 novembre 2019, n. 29459), argomentando in termini specifici sull’assenza dei presupposti idonei a rivelare una situazione di vulnerabilità, laddove il ricorrente non si confronta nè con il dato dell’assenza di dimostrazione di profili di integrazione nè con il rilievo assegnato all’attività lavorativa di muratore svolta in (OMISSIS).

3. In conclusione, il ricorso va rigettato. Non si provvede sulle spese, attesa l’assenza di una sostanziale attività difensiva del Ministero intimato.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 23 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2020

 

 

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