Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23773 del 02/09/2021
Cassazione civile sez. I, 02/09/2021, (ud. 01/06/2021, dep. 02/09/2021), n.23773
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22010/2020 proposto da:
S.A., rappresentato e difeso dall’Avv. Sonia Lama, del Foro
di Ravenna;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, (OMISSIS), rappresentato e difeso ex lege
dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia
in Roma, via dei Portoghesi 12;
– resistente –
avverso la sentenza n. 3556/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,
depositata il 13/12/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
01/06/2021 dal Cons. Dott. Luigi CAVALLARO.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 13.12.2019, la Corte d’appello di Bologna ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la domanda di S.A. volta al riconoscimento dello status di rifugiato e comunque dei presupposti per la concessione della protezione sussidiaria o, in via gradata, del permesso di soggiorno per motivi umanitari;
che avverso tale pronuncia S.A. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura;
che il Ministero dell’Interno ha depositato atto di costituzione in giudizio ai soli fini della partecipazione all’eventuale udienza di discussione.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo, il ricorrente denuncia violazione dell’art. 116 c.p.c. e D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, per avere la Corte di merito ritenuto non credibili e contraddittorie le sue dichiarazioni circa le ragioni per cui era fuggito dal suo Paese di origine ((OMISSIS)), sopravvalutando presunte incongruenze e senza comunque attenersi a quanto previsto dall’art. 3, comma 5, cit., in ordine ai parametri che debbono presiedere alla valutazione delle dichiarazioni del richiedente protezione;
che, con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 1 e 14, e D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, per avere la Corte territoriale escluso che la conflittualità presente in (OMISSIS) attingesse al livello di violenza indiscriminata tale da attentare gravemente alla vita di qualsiasi civile e comunque per aver non aver considerato il suo livello d’integrazione in Italia;
che, con riguardo al primo motivo, va premesso che la valutazione di affidabilità del richiedente protezione, pur costituendo il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione da svolgersi alla luce dei criteri specifici indicati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, oltre che di quelli generali di ordine presuntivo, onde il giudice è tenuto a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda, dà nondimeno luogo ad un giudizio i cui esiti in termini di attendibilità o inattendibilità costituiscono apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (così, specialmente, Cass. n. 11925 del 2020);
che, nella specie, le censure di cui al primo motivo, lungi dal prospettare l’omesso esame di un qualche fatto decisivo, si risolvono in una generica e inammissibile richiesta di rivisitazione delle risultanze istruttorie (rectius, delle dichiarazioni dell’odierno ricorrente), senza peraltro nemmeno darsi carico di criticare specificamente il convincimento dei giudici territoriali circa l’intrinseca contraddittorietà di quanto dal ricorrente medesimo dichiarato in giudizio rispetto a quanto riferito alla Commissione (cfr. specialmente pagg. 2-5 della sentenza impugnata);
che del pari inammissibile è il secondo motivo, dal momento che, con riguardo alle censure concernenti il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, il giudizio di fatto compiuto dalla Corte territoriale circa l’insussistenza nella zona di provenienza dell’odierno ricorrente ((OMISSIS), (OMISSIS)) di una situazione tale da costituire minaccia generalizzata alla vita e all’incolumità di un civile, che è stato ritualmente compiuto con riguardo alle informazioni desumibili dal rapporto COI del gennaio 2019 (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata), è avversato contrapponendo confusamente a quell’accertamento informazioni desunte da altre fonti anche giudiziali (peraltro tutte di data anteriore rispetto alle fonti utilizzate dai giudici territoriali: cfr. pagg. 6-8 del ricorso per cassazione) e dunque sollecitando a questa Corte un inammissibile riesame del merito, e che, con riguardo al giudizio con cui è stata esclusa la sussistenza dei presupposti per la protezione umanitaria, si allegano circostanze (la stipulazione nel febbraio 2019 di un contratto di lavoro a tempo determinato: cfr. pag. 9 del ricorso per cassazione) di cui la Corte nulla dice (“non (e’) dedotta alcuna integrazione nel contesto sociale italiano”, si legge anzi a pagg. 7-8 della sentenza) e di cui non si dice quando e come sarebbero state introdotte nei precedenti gradi di giudizio;
che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, nulla statuendosi sulle spese di lite per non avere il Ministero svolto apprezzabile attività difensiva al di là del deposito dell’atto di costituzione redatto al fine della partecipazione all’eventuale udienza di discussione;
che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 1 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2021