Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23770 del 28/10/2020
Cassazione civile sez. lav., 28/10/2020, (ud. 17/07/2020, dep. 28/10/2020), n.23770
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TORRICE Amelia – Presidente –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6806-2015 proposto da:
T.F.M., G.G., GI.GU., nella
qualità di eredi di GI.RE.FE.RA., tutti
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA VELLETRI 21, presso lo studio
dell’avvocato MASSIMO CAMALDO, rappresentati e difesi dall’avvocato
PIETRO PESACANE;
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI BARILE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 171, presso lo studio
dell’avvocato DONATO PIETRO MARE, rappresentato e difeso
dall’avvocato VINCENZO PAOLINO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 602/2014 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,
depositata il 02/12/2014 R.G.N. 189/2014.
Fatto
RILEVATO
CHE:
1. Con sentenza in data 9 ottobre-2 dicembre 2014 n. 602 la Corte d’Appello di Potenza confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede nella parte in cui aveva respinto la domanda proposta da R.G.R.F., dipendente del COMUNE di BARILE inquadrato in categoria C, posizione economica C3, per l’accertamento, ai fini dell’inquadramento e del pagamento delle differenze di retribuzione, dello svolgimento dall’anno 1998 (dall’anno 2002 anche in forza di atto formale) delle mansioni superiori di Comandante della Polizia Municipale, di categoria D3.
2. Osservava che nel sistema del pubblico impiego contrattualizzato l’eventuale esercizio di mansioni superiori non dava luogo alla acquisizione della qualifica.
3.Quanto alle differenze di retribuzione, la categoria di inquadramento – C3 – individuava la cd. vice-dirigenza pubblica, assimilabile alla categoria dei quadri nel lavoro privato.
4. Dal provvedimento sindacale di conferimento delle funzioni di responsabile del Comando di Polizia Municipale, del 6 novembre 2002 (n. 6166), risultava che di esso facevano parte due vigili urbani, signore G. e C..
5.Non poteva attribuirsi alcuna valenza all’accordo transattivo del 25 marzo 2010 tra l’appellante e l’allora Sindaco del Comune di Barile, atto inesistente sotto il profilo pubblicistico e non ratificato dalla Giunta Comunale (Delib. Giunta Comunale 14 giugno 2010, n. 63).
6.Dal Regolamento dell’ordinamento degli uffici e servizi del Comune di Barile, allegato A (pianta organica), risultava la esistenza di tre settori: amministrativo, economico finanziario e tecnico; del primo faceva parte, tra i vari servizi, quello di Polizia Municipale. A capo del settore era previsto un responsabile di categoria D.
7.Diversa dalla responsabilità del settore era la responsabilità del servizio, in linea con la categoria C, posizione economica C3, posseduta dal ricorrente, che poteva essere caratterizzata anche da attività di coordinamento.
8.Si era dunque al di fuori della previsione dell’art. 29 CCNL ENTI LOCALI 2000, che prevedeva il passaggio alla categoria D del personale dell’area di vigilanza della ex- sesta qualifica funzionale mediante procedure selettive; non esisteva presso il Comune di barile un’area della vigilanza, essendo la vigilanza un mero servizio inserito nel più ampio settore amministrativo.
9.Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza R.G.R.F., articolato in due motivi, cui ha resistito con controricorso il COMUNE di BARILE.
10.Con atto del 9 giugno 2020 si sono costituti in giudizio T.F.M.T., G.G. e GI.GU., in qualità di eredi di R.G.R.F., dichiarandone il decesso e rinunciando al ricorso.
11.II COMUNE di BARILE ha accettato la rinuncia.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
1.La avvenuta rinuncia da parte del difensore degli eredi, munito della relativa procura speciale, determina la estinzione del giudizio a mente dell’art. 390 c.p.c.
2.Non vi è luogo a refusione delle spese, per la accettazione della rinuncia (art. 391 c.p.c., u.c.).
3.Non ricorrono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, in quanto il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, – che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato – si applica ai soli casi – tipici – del rigetto dell’impugnazione o della sua declaratoria d’inammissibilità o improcedibilità e, trattandosi di misura eccezionale, lato sensu sanzionatoria, è di stretta interpretazione e non suscettibile, pertanto, di interpretazione estensiva o analogica (Cassazione civile sez. VI, 12/11/2015, n. 23175).
P.Q.M.
La Corte dichiara la estinzione del giudizio. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 17 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2020