Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23766 del 02/09/2021

Cassazione civile sez. I, 02/09/2021, (ud. 01/06/2021, dep. 02/09/2021), n.23766

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20283/2020 proposto da:

Z.I., rappresentato e difeso dall’Avv. Maria Monica Bassan,

del Foro di Padova;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, (OMISSIS), rappresentato e difeso ex lege

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia

in Roma, via dei Portoghesi 12;

– resistente –

Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di cassazione;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2875/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 14/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

01/06/2021 dal Cons. Luigi CAVALLARO.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 14.10.2019, la Corte d’appello di Bologna, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda di Z.I. volta alla concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari;

che avverso tale pronuncia Z.I. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura;

che il Ministero dell’Interno ha depositato atto di costituzione in giudizio.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo e il secondo motivo, il ricorrente denuncia omesso esame circa fatti decisivi e nullità della sentenza per motivazione omessa e/o apparente per avere la Corte di merito ritenuto non credibili, senza attivare la cooperazione istruttoria, le sue dichiarazioni, in considerazione della vaghezza dei riferimenti spazio-temporali relativi al presunto rapimento e arruolamento forzato nel gruppo jihaidista “(OMISSIS)”;

che, con il terzo motivo, il ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, per avere la Corte territoriale ritenuto che l’intrinseca inattendibilità della sua narrazione valesse ad escludere il suo diritto a beneficiare del permesso di soggiorno per motivi umanitari, omettendo qualunque comparazione con il buon livello d’integrazione conseguito in Italia;

che, con riguardo ai primi due motivi, deve anzitutto rilevarsi che la Corte territoriale non ha compiuto alcun autonomo giudizio in ordine all’inattendibilità delle dichiarazioni rilasciate dall’odierno ricorrente, essendosi limitata a far proprio quello di genericità e contraddittorietà già espresso dal primo giudice, che aveva nondimeno ritenuto di accogliere la domanda concernente il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari in considerazione del livello d’integrazione sociale medio tempore raggiunto;

che, non avendo l’odierno ricorrente formulato appello incidentale nei confronti di quella parte dell’ordinanza di prime cure che reputava non credibili le sue dichiarazioni, le censure di cui ai primi due motivi del ricorso vanno reputate inammissibili per essersi formato sul punto il giudicato interno;

che, con riguardo al terzo motivo, questa Corte ha chiarito che, se è vero che la valutazione dei presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie costituisce giudizio autonomo che deve avere ad oggetto le condizioni di vulnerabilità che ne integrano i requisiti, tuttavia la necessità dell’approfondimento da parte del giudice di merito non sussiste se, già esclusa la credibilità del richiedente, non siano state dedotte ragioni di vulnerabilità diverse da quelle dedotte per le protezioni maggiori (Cass. n. 29624 del 2020);

che è stato parimenti chiarito che, ai fini della verifica dei presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, rilevante è una condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico, non essendo ipotizzabile un obbligo dello Stato italiano di garantire parametri di benessere economico e sociale a cittadini stranieri (cfr. in tal senso Cass. nn. 3681 del 2019 e 18783 del 2020);

che, nella specie, una volta esclusa la sussistenza di peculiari ragioni di vulnerabilità dell’odierno ricorrente, in considerazione dell’intrinseca inattendibilità del suo narrato, affatto correttamente i giudici di merito hanno escluso la rilevanza dell’attività lavorativa pur documentata in Italia;

che il ricorso, pertanto, va rigettato, nulla statuendosi sulle spese di lite per non avere il Ministero svolto apprezzabile attività difensiva al di là del deposito dell’atto di costituzione redatto al fine della partecipazione all’eventuale udienza di discussione;

che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 1 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2021

 

 

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